Roma
Cani di razza: un allevamento va oltre il numero delle fattrici. Il caso
Parla Attilio Presta, portavoce Gruppo Allevatori cinofili: “La legge del '93 va cambiata”
Cani di razza: un allevamento va oltre il numero delle fattrici. Il caso
Dopo l’uscita dell’articolo sull’allarme nel settore dell’Allevamento Cinofilo Italiano (Allevamento del Cane di Razza Iscritto nel Libro Genealogico), lanciato dal vostro Gruppo Allevatori Cinofili, si sono accesi ulteriormente i riflettori sul mondo di Fido, anche in virtù dell’interesse che ricopre per quelle famiglie che desiderano inserire nel loro contesto affettivo un amico Cane.
Parla Attilio Presta, portavoce Gruppo Allevatori Cinofili
Ad affaritaliani.it, parla Attilio Presta, portavoce del Gruppo Allevatori Cinofili. Voi avete lanciato questo allarme e in linea generale avete anche toccato i punti che a vostro avviso sono di preoccupazione, vogliamo approfondirli?
“Quando si parla di Allevamento del cane di Razza, non si può non tenere in considerazione che stiamo parlando principalmente di “selezione”. Ciò significa che, pur dovendo controllare il movimento degli animali al fine di prevenire condizioni di diffusione di malattie, questo non lo si può approcciare solo dal punto di vista numerico e soprattutto non si può considerare fattrice una qualsiasi femmina in età riproduttiva (dopo il primo calore). L’allevatore Cinofilo, infatti, oltre a aderire al Codice Etico dell’Enci che già stabilisce bene qual è l’arco di tempo entro il quale è consentito riprodurre (tra i 16 mesi ed i 7 anni), c’è da considerare che non tutte le femmine in allevamento sono o saranno destinate alla riproduzione se non a valle di test genetici, radiografie e riscontri zootecnici che, nella maggior parte dei casi iniziano dopo che il cane ha compiuto almeno 12 mesi o 18 per razze giganti. Ridurre un Aalevamento ad un riferimento numerico che siano 3 o 5 Fattrici intese come Femmine detenute, significa inficiare il lavoro, la qualità, e le garanzie a cui un buon Allevatore Etico deve sempre far riferimento”.
Quindi a vostro avviso come si dovrebbe intervenire
“La soluzione è molto semplice e non può fare più riferimento a ciò che era stato stabilito nel lontano 1993 “Legge 23 agosto 1993, n. 349: Norme in materia di attività cinotecnica” anche perché la fotografia attuale non è più la stessa e soprattutto perché studi scientifici hanno dimostrato che il cane deve crescere e vivere in ambienti diversi che non quelli successivamente alla 349 hanno stabilito le Regioni. Non ha più senso una distinzione in due categorie di allevamenti come quelli professionali in qualità di Imprenditori Agricoli e gli altri, basando il tutto sul numero delle fattrici e dei cuccioli prodotti nell’anno. A nostro avviso l’allevamento è solo uno e saranno poi altre norme che ne definiscono i criteri Fiscali e Previdenziali. Si deve pertanto dapprima stabilire che per coloro che si occupano del cane di Razza, la fattrice è la Femmina che partorisce durante l’anno e che il limite semmai va posto solo ed esclusivamente sul numero di cuccioli, se davvero si ritiene di fare una distinzione e 30 cuccioli all’anno era un numero che salvaguardava tutti, sia gli allevatori di Razze prolifere che quelli che allevano cani meno proliferi (e che naturalmente necessitano di un numero maggiore di Fattrici)”.
Il ragionamento ha una sua logica, perché è così difficile da applicare?
“Posso rispondere facendo solo delle ipotesi. Noi crediamo che il vero problema risieda nei tavoli tecnici dove siedono oltre ai dirigenti dei Ministeri competenti altri soggetti che analizzano gli argomenti da presupposti generali e spesso senza conoscere le attività a fondo anche se hanno a disposizione l’Enci. Come dire che a quei tavoli non esiste la parte critica, coloro i quali possono mettere in discussione le ipotesi normative o le scelte offrendo un punto di vista diverso e su cui concentrare il lavoro normativo. Questo è dimostrato dalle varie leggi in cui si parla di requisiti per ottenere il nulla osta per essere un Allevatore “Professionale” che tratta la materia come se i nostri cani fossero dei Bovini o altri che necessitano di definire le stalle. Un cane è noto che vive meglio in “famiglia” che non chiuso dentro dei Box e se l’allevamento è all’interno della proprietà abitativa è molto meglio che, se si trova in “campagna” ed i cani vengono visitati per la pulizia o il cibo. Le Autorità Veterinarie, e spesso quelle operative non sono ai tavoli, dovrebbero essere indirizzate a verificare che l’organizzazione che l’allevatore si è dato, rispetta il benessere animale, il resto lo dovrebbe autorizzare il Comune in base ai propri criteri urbanistici. Si vuole invece far passare il concetto che sotto un certo numero di fattrici non hai bisogno di nulla e sopra un certo numero devi essere organizzato in maniera “industriale” spesso perdendo aspetti fondamentali per la socializzazione dei cani e quindi per l’inserimento successivo in famiglia (Un recente esempio di come il legislatore, coadiuvato dall’ANMVI, ha decretato l’importanza del benessere del cucciolo e la sua socializzazione, è stato quello di consentire che, anche durante la pandemia, gli allevatori potessero consegnare i cuccioli alle famiglie). Inoltre, i costi sostenuti per ottenere l’autorizzazione Professionale (oggi chiamato Allevamento Ordinario) impongono la produzione di cucciolate annue di valore assoluto molto alto (non per tutti, alcuni sono stati obbligati a optare per qs ipotesi perché costretti proprio dai vincoli suddetti e spesso nemmeno fanno uso di quelle infrastrutture)”.
Raccontata così la situazione sarebbe di facile soluzione...
“Sì, lo sarebbe se ci fosse davvero la volontà di normare un settore che ne ha bisogno da anni e che ormai ha un solo fine che è quello di selezionare e prendersi cura del Cane di Razza e allo stesso tempo garantire un inserimento in famiglia solo di cuccioli sani e ben socializzati. Se invece si continua a normare così come si sta facendo, si spiana la strada ad allevatori poco etici, a commercianti che vendono cani di dubbia provenienza ed a creare problemi alle famiglie che lo adottano, alimentando anche se di poco, il numero dei cani in canile. Cosa però più grave e che sembra che tutto questo poi si risolva con una criminalizzazione di un settore che è il primo a chiedere a gran voce una normativa nazionale dettagliata (Legge Quadro), precisa, competente. Non si può chiamare ai tavoli tutti tranne che gli addetti ai lavori (allevatori in attività con anni di esperienza e formazione alle spalle) e nel nostro caso facendo anche parte dell’ENCI questa può essere l’Ente certificatore che le nostre attività sono rivolte al cane di razza e all’iscrizione nel Libro Genealogico, e vogliamo essere parte attiva del processo”.
In conclusione, quindi come intendete muovervi?
“Noi stessi per primi sentiamo l’esigenza di guardare a fondo all’interno del nostro comparto e se è necessario fare un po' di pulizia. Intendiamo quindi predisporre un “Manifesto Programmatico” accompagnato anche da un Codice Etico che, prendendo spunto da quello che noi tutti sottoscriviamo in Enci, sia rafforzato se lo riterremo necessario. Sulla base di queste condivisioni ci costituiremo in Movimento/associazione, al fine di poter dialogare con chiunque voglia ascoltare le nostre competenze e conoscenze scevri da qualsiasi interesse personale e politico. Per noi è importante che possiamo svolgere serenamente il nostro lavoro senza dover trovare di volta in volta sotterfugi o scappatoie all’italiana e soprattutto vogliamo che i nostri utenti, così come l’utenza in generale, abbia fiducia nel nostro modo di lavorare e ci riconosca appunto per l’adesione a questo progetto. Una sorta di Logo di Qualità che ci piace più definire di Etica. Mi dispiace dirlo ma spesso c’è un grande pregiudizio sul nostro lavoro ritenendo che sfruttiamo gli animali a scopi puramente commerciali. Nulla di più falso in quanto siamo i custodi del Cane di Razza che senza il nostro lavoro finirebbe di esistere. Rifiutiamo gli slogan “Non comprare, adotta” proprio perché il fenomeno del randagismo che molto ci tocca il cuore esula dal nostro lavoro e chi sceglie un Cane di Razza non rinuncia a adottare ma fa semplicemente una scelta diversa, una scelta di garanzie”.