Cani e gatti sottoposti a supercure. Terapie ai limiti dell'invasivo
di Valentina Renzopaoli
Trattamenti più invasivi di quanto serva, cure a volte "pericolose", farmaci non sufficientemente testati e procedure chirurgiche inefficaci o addirittura controproducenti: i nostri amici a quattro zampe, sempre più spesso considerati come componenti a tutti gli effetti della famiglia, sono a rischio. Contrariamente a quanto accade per le tecniche ormai consolidate di ricerca nella medicina umana, per gli animali le sperimentazioni avvengono secondo criteri molto meno rigidi e con accorgimenti che non sono sufficienti a provarne l'efficacia. Basta pensare che in veterinaria, gli animali “inclusi” negli studi sono mediamente 26, contro i 465 soggetti presi in esame negli studi sugli umani.
A lanciare l'allarme una ricerca realizzata per l'Università di Oxford dal veterinario romano Nicola Di Girolamo e pubblicata sulla rivista “Peer J”, che ha comparato oltre 1.700 articoli tratti dai dieci migliori giornali di veterinaria (dal Journal of Veterinary Internal Medicine all'American Journal of Veterinary Research) e di medicina umana (dal New England Journal of Medicine a Lancet e Jama).
Il risultato è una sonora bocciatura per la ricerca scientifica veterinaria, e seri rischi per cani, gatti, furetti e, in generale, tutti gli animali da compagnia.
“Il risultato emerso è che solo poco più del metà degli studi che valutano l'efficacia di una terapia in medicina veterinaria sono “randomizzati”, ossia avvengono secondo una tecnica ormai consolidata in medicina che prevede la divisione casuale in due gruppi per provare la terapia e valutare su quale dei due si raggiungono i migliori risultati”, spiega Nicola Di Girolamo. Diventato famoso come “dottor furetto” e nominato dalla rete lo sfidante perfetto del “dottor California”, l'americano Evan Antin eletto veterinario più sexy del mondo, il 28enne veterinario romano, fondatore del gruppo di studio EBMVet, su questo argomento si fa serio.
“Il rischio vero è che la maggior parte delle terapie usate sugli animali sia scelta in base a studi influenzati dagli stessi autori”, aggiunge. Per dirla in parole povere: che ciascun ricercatore alla fine ottenga il risultato che sperava di raggiungere, e che le terapie siano perlopiù basate su idee piuttosto che su evidenze empiriche.
Ma quali sono i trattamenti a rischio?
“Difficile dirlo, proprio perché servirebbero studi adeguati. Ma possiamo dire, ad esempio, che spesso si utilizzano trattamenti più invasivi di quanto serva: interventi chirurgici o farmaci”.