Cantanti, ballerine, attori, musicisti: un esercito di “morti di fame”
Rapporto Cgil: “Artisti sottopagati, retribuiti in ritardo o in nero”
di Valentina Renzopaoli
Cantanti, musicisti, ballerini, registi: sottopagati, precari, senza tutele e senza contributi, costretti a fare il secondo e terzo lavoro, disoccupati per un terzo dell'anno.
E' la fotografia di un'Italia che castiga la cultura e la creatività quella che emerge dalla Ricerca nazionale sulle condizioni di vita e di lavoro dei professionisti dello spettacolo realizzata dalla Cgil-Slc. Un Paese che penalizza i suoi talenti e obbliga gli artisti a sopravvivere con un reddito da fame, da 5mila euro l'anno.
Cinema, teatro, musica, televisione, spettacolo dal vivo: le luci della ribalta sono un sogno per tanti giovani ma poi, per quei pochi che riescono ad arrivare sotto i riflettori, spesso la passione si spegne sotto il peso delle difficoltà, della mancanza di prospettive, di un riconoscimento economico ridicolo e umiliante.
Secondo le statistiche dell'INPS nel 2015 hanno fatto almeno un versamento nelle casse previdenziali circa 136mila persone: per più della metà sono attori (54,2%)2, seguono i concertisti e gli orchestrali 18,9%), i lavoratori nel ballo, figurazione e moda (11,8%) e i cantanti (5,8%). Nessuna delle altre figure professionali arriva al 5%.
La popolazione delle persone impegnate nello spettacolo è giovane: il 71% ha meno di 45 anni, il 15% è compreso nella fascia 25-29 anni, si concentra per lavorare nell’Italia Centrale (51,3%) e nel Nord- Ovest (22,9%).
La ricerca realizzata da Cgil Slc attraverso un sondaggio on line su un campione di circa 4mila lavoratori dello spettacolo cerca di indagare i bisogni e le condizioni di chi lavora nello spettacolo dal vivo con professioni creative e artistiche, con qualsiasi modalità contrattuale e in ogni ambito.
La situazione economica
Reddito da fame e pagamenti quasi sempre in ritardo. Dall’analisi del reddito netto annuale di chi fa spettacolo, emerge una situazione di “povertà” nella stragrande maggioranza dei casi: poco più della metà (51,4%) percepisce fino a 5mila euro l’anno. Il 37,5% percepisce tra i 5mila e i 15mila euro l’anno. I professionisti che hanno delle condizioni economiche più vantaggiose degli altri, oltre i 25mila euro l’anno, sono solo il 4,2% del campione.
Le donne guadagnano meno degli uomini: l’83,4% delle donne guadagna meno di 10.000 euro contro il 71,3% degli uomini, inoltre solo l’1,3% delle donne guadagna più di 30.000 euro contro il 3,4% degli uomini.
Tra le professioni, i ballerini sono quelli che guadagnano meno (90,5% di loro guadagna meno di 10.000 euro), seguono i musicisti (80,8% di loro) e gli attori (78,4%), mentre i redditi leggermente migliori si registrano tra gli autori, registi, drammaturghi e scenografi (64,8%).
Oltre le difficoltà legate all’ammontare del reddito, emergono quelle legate al ritardo dei pagamenti: solo quasi un professionista su quattro (25%) è pagato puntualmente secondo quanto concordato, il 21,7% è pagato con un ritardo tra i 3 e i 6 mesi, ben il 10,4% è solitamente pagato con un ritardo superiore ai 6 mesi.
Da un lato i redditi sono bassi, dall’altro la natura del lavoro è intermittente e le garanzie contrattuali sono scarse, questo determina che per il 71,1% dei rispondenti è molto difficile prendere un prestito per sostenere una spesa consistente e imprevista, lo stesso è dichiarato abbastanza difficile per il 18,3%.
Precari e disoccupati per almeno 2 mesi l'anno
Nel mondo dello spettacolo i rapporti di lavoro stabili e strutturati sono una rara eccezione: secondo il sondaggio, aveva un contratto a tempo indeterminato soltanto il 3,4% di chi ha lavorato nel 2014 (di cui il 44,4% in associazione con altri contratti) e il 4,0% di chi ha lavorato nel 2015 (di cui il 55,7% in associazione con altri contratti).
Il contratto più frequente è il contratto temporaneo (a tempo determinato, a progetto o a collaborazione): una o più di queste modalità hanno interessato due lavoratori su tre nel 2014 (65%) e una percentuale sovrapponibile nel 2015 (63,8%).
La disoccupazione è un problema strutturale di questo settore determinata dalla natura intermittente propria del lavoro nello spettacolo dal vivo, ed è difficile distinguerla dai periodi di non lavoro che caratterizzano queste professioni. Nel 2015, ha lavorato con continuità, o non l’ha fatto per meno di un mese, il 18,8% dei rispondenti. Una grande maggioranza (il 41,3%) dichiara di avere vissuto periodi di non lavoro tra uno e tre mesi, il 25,8% si è invece assestato su un periodo di non lavoro tra i quattro e sei mesi, mentre il 14,1% ha sofferto periodi di disoccupazione superiori ai sei mesi.
Lavoro nero
Il lavoro irregolare è una pratica molto diffusa e le forme con cui questo problema si manifesta sono diversificate. Se da un lato vi è un esplicito riferimento al lavoro nero “tout court” dall’altro vi sono modalità diversificate con cui il lavoro non è regolamentato.
Ad esempio, il 40,8% dichiara di svolgere spesso o sempre mansioni non previste dal contratto/commessa; il 60,6% dichiara di svolgere spesso o sempre ore di lavoro in più non retribuite rispetto a quelle concordate; il 69,8% svolge prove non retribuite. Considerando il 2015, il 43,9% dichiara di non avere avuto riconosciuto nei contratti il numero di giornate effettivamente lavorate.
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