Roma

Caos ospedali: acquistano siringhe, provette e pacemaker e poi non li usano

Si chiamano “spese in eccesso per dispositivi medici”. Le Asl li ordinano e poi li rimandano ai fornitori per farseli rimborsare. Le imprese nel caos

Il meccanismo è decisamente perverso: ospedali e Asl, tramite le Regioni ordinano e pagano presidi medici come siringhe, abbassalingua,massimo riem, pacemaker e provette, poi siccome le previsioni di consumo sono sbagliate, rimandano tutto ai fornitori che, mesi dopo, devono rimborsare il 50%. E così le aziende bucano i budget e rischiano di fallire.

La Federazione Italiana Fornitori Ospedalieri, aderente a Confcommercio, lancia l’allarme sul fallimento di migliaia di imprese con il blocco delle forniture dei dispositivi medici agli ospedali, se il Governo in carica conferma il payback sui Dispositivi Medici, e obbliga le aziende del comparto Sanità a rimborsare il 50% delle spese effettuate in eccesso dalle Regioni.

Massimo Riem, Fifo: "La razionalizzazione della spesa non può essere fatta a spese delle imprese"

“Come Federazione che rappresenta le pmi in Sanità - dichiara il presidente di FIFO, Massimo Riem - siamo assolutamente d’accordo a perseguire una spesa pubblica razionale e oculata. Ma questo obiettivo non può passare per un tracollo del tessuto delle pmi italiane. Con l’attuazione del Decreto Aiuti, senza alcuna revisione al payback, centinaia di aziende saranno costrette a chiudere, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Tutto ciò, poi, potrebbe tradursi in una mancanza di forniture di dispositivi medici essenziali per la cura dei pazienti. È folle che un Governo dimissionario attui una normativa così penalizzante per le imprese in questo periodo storico”.

Dopo i due anni di pandemia e il caro energia, un altro tsunami economico sta per abbattersi sulle aziende fornitrici di dispositivi medici a causa del payback. Attraverso questo sistema, previsto nel Decreto Aiuti bis, ci si pone l’obiettivo di contenere la spesa pubblica del SSN obbligando le imprese fornitrici di Dispositivi Medici a rimborsare il 50% della spesa effettuata per il loro acquisto in eccesso, dalle Regioni.

"Il Payback è una pratica vessatoria"

La FIFO, aderente a Confcommercio, ha lanciato l’allarme già negli anni precedenti, sottolineando come la pratica del payback fosse fortemente vessatoria nei confronti delle imprese. Pur ritenendo assolutamente corretto il fine ultimo del contenimento della spesa pubblica, l’associazione di categoria, che rappresenta centinaia di pmi del settore, ha più volte segnalato l’inapplicabilità di tale normativa che deresponsabilizza gli amministratori pubblici e penalizza fortemente i produttori e distributori di dispositivi medici.

I contratti di forniture, infatti, vengono stipulati al termine di procedure di gara che hanno già l’obiettivo, tra gli altri, di contenere i costi della spesa pubblica. La restituzione del 50% della spesa alle Regioni diventa così un fattore di assoluta criticità economico-finanziaria per le piccole e medie imprese, le quali non possono sottrarsi dall'eseguire o interrompere le forniture di beni o servizi, una volta risultati aggiudicatari di una gara pubblica.

Ancora la Fifo: "Inoltre, dopo i recenti aumenti dei prezzi delle materie, con picchi di oltre il 300% per l’energia, il payback rappresenta una pietra tombale per centinaia di aziende che riforniscono la sanità pubblica di dispositivi medici mettendo a rischio gli oltre 100mila lavoratori coinvolti che compongono questo settore. Infatti, solo per il quinquennio 2015-2020, qualora si rendesse attuativo il payback per i DM, con le integrazioni volute dal Decreto Aiuti bis, le aziende dovrebbero restituire in media somme pari a metà del proprio fatturato annuo (circa 3.6 miliardi di € in totale), con ingenti difficoltà fiscali, trattandosi di bilanci già depositati, e con modalità fortemente vessatorie che prevedono anche la compensazione dei crediti vantati dalle imprese fornitrici nei confronti delle Aziende Sanitarie. Lo stesso tetto di spesa nazionale, previsto nella misura del 4,4% rispetto al totale della spesa pubblica annua, danneggia ulteriormente il comparto".