Roma
Carlo Calenda sindaco di Roma: Mr licenziamenti alla conquista del Campidoglio
Nel 2017 Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico, non fece nulla per evitare i licenziamenti a Sky e Almaviva. L'analisi di Giuliano Pacetti
di Giuliano Pacetti *
Se ne parlava da giorni nei corridoi di Sky e nelle chat dei sindacalisti: un chiacchiericcio sempre meno indistinto, nel quale verità e cattive premonizioni dipingevano un’Azienda tutta protesa alla rivisitazione complessiva dei costi e dell’organizzazione aziendale, lasciando che fossero i dipendenti a pagarne il conto.
Ma tanto tuonò che piovve: Bloomberg ha appena dato la notizia che l’americana Comcast Corp. (divisione pay-TV di Sky) ha in animo di ridurre la forza lavoro in Italia del 20%. Tradotto in cifre significa che Sky Italia dovrebbe passare da 5000 a 4000 dipendenti, lasciando tanti nuclei familiari senza reddito.
La notizia mi ha riportato indietro nel tempo. Correva l’anno 2017 quando Sky Italia ridimensionò fortemente la sua presenza sul territorio di Roma. All’epoca furono operati discutibili licenziamenti e trasferimenti massivi verso Milano. In quel momento le più rappresentative forze politiche più che intervenire farfugliarono. Virginia Raggi, da poco Sindaca, scrisse una nota molto decisa con la quale sollecitava il Governo Gentiloni, e in particolare il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, a mediare con Sky “per evitare la perdita di professionalità e posti di lavoro nella Capitale”. Il Ministro Carlo Calenda dette prova di tutta la sua inadeguatezza, che era poi solo una conferma di quanto accaduto pochi mesi prima con la vicenda Ericsson: sollecitato dalle segreterie nazionali dei sindacati della comunicazione a costituire un tavolo al Ministero, per verificare le possibili soluzioni da dare alle procedure di licenziamento collettivo, rispose che non vi erano “le condizioni per istituire un tavolo di confronto tra le organizzazioni sindacali e l’azienda”. Spernacchiato Calenda e spernacchiati i rappresentanti dei lavoratori.
Una vergogna nazionale che faceva seguito ai licenziamenti operati da Almaviva contact. Abbiamo ancora impresso quel drammatico incontro presso il Ministero dello Sviluppo Economico nel Natale del 2016, nel corso del quale il licenziamento riguardava 1666 lavoratori, per lo più donne, e la chiusura della sede romana di Almaviva. Inutile ricordare che il Ministro dello Sviluppo Economico era Carlo Calenda, più abituato a segare le gambe dei tavoli che a risolvere le vertenze che hanno indubbie ricadute sociali.
Oggi, come romani, non possiamo permettere che ritornino gli incubi ministeriali del passato.
Più in generale Roma deve giocare la sua partita per lo sviluppo e la crescita, creando opportunità ed economia di scala, parlando ed attraendo risorse internazionali e globali. Al riguardo, Roma ed il Lazio sono state da sempre il naturale teatro della produzione cineaudiovisiva: idee, soggetti ed autori italiani hanno reso il nostro Paese la culla culturale delle arti visive e dello spettacolo nel mondo. Ma questo, tutto questo, ora non basta più e la pena di un mancato scatto in avanti sarebbe la definitiva condanna ad un passato fatto più di speculazioni romantiche che di progettualità futura. E allora la sfida di Sky diventa la nostra sfida, perché come amministratori della Città dovremo avere una doppia capacità: affiancare le organizzazioni dei lavoratori e interloquire con Sky, il primo soggetto imprenditoriale che, oggi in Italia, è l’unico ad offrire contemporaneamente servizi internet, telefonia e contenuti televisivi. Lo stesso sistema Paese è chiamato a schierarsi per rendere Roma maggiormente competitiva e industrialmente più conveniente che investire in Germania o in Inghilterra, che oltretutto con l’uscita dall’Unione europea rappresenta un vero e proprio punto interrogativo per il migliore futuro di qualsiasi impresa.
Peraltro, è ben chiaro a tutti che l’accesso ad internet, la connettività e la telefonia, sono infrastrutture critiche che vanno difese e tutelate, perché in gioco ci sono gli interessi dell’intero Paese; com’è altrettanto chiaro che sono lo strumento con il quale si controllano gli orientamenti culturali e decisionali, che non sempre coincidono con gli interessi del mercato in senso stretto.
Tutto ciò ci riporta all’esperienza dell’emergenza sanitaria, che ha messo in luce l’importanza della connessione, dell’informazione e del contatto con la voce di un operatore chiamato ad aiutarci nella risoluzione di nostri problemi. Il paradosso è che le persone all’altro capo del telefono hanno pagato, stanno pagando e rischiano di pagare a caro prezzo logiche di mercato che finiscono con il farci avvitare su una spirale di perdita di valore e di servizio di cui ne pagheremmo le conseguenze.
Sulla questione Sky credo che non dovremmo limitarci al semplice supporto alle lavoratrici e ai lavoratori, ma incalzare tutti i portatori di interesse a sostenere un’azione che generi risultati per tutti.
È infatti nell’interesse generale governare la rivoluzione digitale e non subirla, perché usi e consumi non sono consolidati e immutabili, ma richiedono un costante impegno che soddisfi insieme le esigenze sociali e quelle del mercato.
* Giuliano Pacetti, Capogruppo del Movimento 5 Stelle in Assemblea Capitolina e Consigliere delegato dell’Area Metropolitana di Roma