Carlo Giuffrè: il ricordo di un ragazzo di 80 anni. Un uomo opera d'arte
"Carlo Giuffré aveva una presenza che non si imponeva, catturava e basta. I suoi movimenti erano eleganti e la voce era bella, affascinante"
di Anna Maria Persia
Quando ho incontrato Carlo Giuffè per la prima volta era un giovane ragazzo di 80 anni. Le poche rughe, appena accennate sul viso, rivelavano quella saggezza che solo la vita e il tempo sapevano donare. Carlo aveva una presenza che non si imponeva, catturava e basta. I suoi movimenti erano eleganti e la voce era bella, affascinante.
Quel che colpiva era soprattutto il suo sguardo diretto che donava all’altro con innata naturalezza: intenso per esprimere pensieri profondi o gioioso per scandire con leggerezza le sue parole. Lo ascoltavo mentre raccontava, con umana semplicità, ricordi di un’infanzia triste. Poi d'improvviso e con straordinaria magia, questi frammenti del passato si tingevano inaspettatamente di allegria. E il risultato per chi lo ascoltava era quello che si vive di fronte ad un’opera d’arte del Rinascimento: un susseguirsi di emozioni intense.
Più parlava e più mi rendevo conto di quanto fosse impossibile scindere l’attore dall’uomo, quanto fosse impossibile capire dove finisse l'uno e iniziasse l'altro. Era una commistione onirica o forse no. Più semplicemente, non esisteva una linea di demarcazione tra l'uomo e l'attore: Carlo era il teatro.
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