Roma

Casapound, occupazione del palazzo in via Napoleone III: 10 condanne a 2 anni

La replica di Casapound: “Condanne a 2 anni spropositate, politiche e faziose, non arretriamo di un metro”

Il Tribunale ha posto la parola fine sulla questione dell'occupazione da parte di Casapound del palazzo in via Napoleone III 8: il giudice monocratico ha condannato dieci persone a 2 anni e 2 mesi per occupazione abusiva aggravata.

Tra i condannati ci sono anche Gianluca Iannone, Simone Di Stefano (il quale non fa più parte del movimento) e il fratello Davide Di Stefano. Oltre alla pena detentiva, la condanna prevede anche una provvisionale immediatamente esecutiva di 20mila euro, oltre al risarcimento in sede civile per l'Agenzia del Demanio che è proprietaria del palazzo. Infine il giudice ha ordinato il dissequestro del palazzo e la sua restituzione.

Queste le parole del pm Eugenio Albamonte nella requisitoria pronunciata ad aprile, con cui erano state sollecitate condanne a due anni: “L'occupazione va avanti dal 2003 - aveva detto - non ha le caratteristiche delle finalità abitative e ha causato fino al 2019 un danno significativo all'erario, stimato dalla Corte dei conti in oltre 4,5 milioni di euro. Oggetto anche di un provvedimento di sequestro preventivo non eseguito per ragioni di ordine pubblico”.

Casapound: “Condanna faziosa: non arretriamo”

Non si è fatta attendere la replica del movimento: “Le condanne spropositate a due anni e due mesi per l’occupazione di via Napoleone III - si legge in un comunicato emesso da Casapound - confermano ancora una volta la faziosità di una certa magistratura. Mentre a Roma il Comune acquista e regala spazi ai centri sociali come nei casi del Porto Fluviale e dello Spin Time con milioni di euro, si vuole colpire l’unica occupazione non conforme della città dove famiglie italiane hanno trovato negli anni un luogo di confronto e aiuto. Senza CasaPound, il palazzo di via Napoleone III sarebbe l’ennesimo simbolo del degrado della Capitale, mentre ora è un punto di incontro culturale, sociale e politico in un quartiere lasciato a sé stesso dalla solita politica. Questa sentenza non ci trova in ogni caso impreparati: siamo pronti a difendere il palazzo e le famiglie in difficoltà che qui hanno trovato un porto sicuro e ricorreremo certamente in appello. È il primo caso in assoluto dove per un’occupazione, che tra l’altro risale a 20 anni fa, si arrivi a condanne superiori a due anni che coinvolgono anche le famiglie in emergenza abitativa che in CasaPound hanno trovato un tetto. Siamo di fronte a una sentenza che dimostra ancora una volta, se necessario, da che parte sta chi combatte da anni un sistema marcio e chi, centri sociali e estrema sinistra, gioca a fare il ribelle col benestare di politica e magistratura. Sia chiaro a tutti che non arretriamo di un metro”.