Roma

Cemento, il record vergogna. Roma è divorata dai palazzi

Roma con i suoi 30.000 ettari cementificati ha il primato di consumo di suolo in termini assoluti tra i Comuni italiani. A dirlo sono i dati Ispra relativi al 2015 presentati dall’Ibimet-Cnr che ha pubblica l’e-book ‘Il consumo di suolo: strumenti per un dialogo’ contenente il rapporto Ispra.
Considerando il consumo percentuale, tra i primi venti comuni nove sono nel napoletano. Diversi comuni superano il 50% di territorio consumato e quelli situati nelle province di Napoli, Caserta, Milano e Torino mostrano spesso una tendenza di uso del suolo collegata ai processi di urbanizzazione dei rispettivi capoluoghi di provincia, con i quali vanno spesso a formare un’unica grande metropoli. I dati Ispra del rapporto 2015 sull’uso del suolo in Italia evidenziano come la percentuale di suolo coperta da edifici, capannoni, strade e servizi, ovvero impermeabilizzata, rispetto al totale della superficie nazionale è passato dal 2,7% degli anni Cinquanta al 7% del 2014. Al Nord si registra un valore maggiore, pari al 7,8%, rispetto che al Centro e al Sud, dove le percentuali di suolo cementificato sono il 6,6% e 6,2% rispettivamente.
Considerando il consumo a livello regionale, al primo posto c’è la Lombardia con l’11%, poi il Veneto con il 10% e al terzo posto la Campania con il 9% mentre il Lazio si posiziona tra il 7 e l8%. Le regioni più virtuose sono invece Trentino Alto Adige e Valle D’Aosta con un consumo pari al 3%, meno della metà della media italiana. “La soluzione di questo problema, quello di consumo di suolo, è indifferibile: si calcola che il 20% della fascia costiera italiana sia ormai perso, in una cementificazione che non ha risparmiato neanche 34.000 ettari di aree protette e zone a rischio idrogeologico, come riportato nell’ultimo rapporto sul consumo di suolo redatto da Ispra, che si occupa anche del monitoraggio a livello nazionale - afferma Michele Munafò dell’Ispra - Questa progressiva impermeabilizzazione del territorio insiste soprattutto sulle zone pianeggianti più fertili e produttive e impedisce non soltanto l’assorbimento delle piogge, aumentando il rischio di alluvioni, ma anche lo stoccaggio di CO2 di cui il comparto suolo è responsabile per il 20%, a tutto danno dell’atmosfera. Un destino amaro quello del fragile suolo italiano, consumato a velocità record con danni irreversibili per l’umanità e per l’ambiente”.