Roma

Cercasi lavoratori disperatamente: “Nel Lazio su 600 mila imprese mancano 500 mila professionalità”. Regione Lazio apre l'emergenza formazione

La vicepresidente Roberta Angelilli dà i numeri sulla carenza di lavoratori formati nel tessuto produttivo regionale. L'artigianato settore a rischio scomparsa

Le 600 mila imprese che compongono il tessuto produttivo della regione Lazio, sono in cerca di almeno mezzo milione di professionalità che non ci sono”. Dunque nuovi posti di lavoro e opportunità congelate da un sistema che non riesce ad individuarle o a formarle sulle necessità delle aziende. Il vicepresidente e assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lazio, Roberta Angelilli, lancia l'allarme.

“La formazione e l'aggiornamento delle competenze sono la priorità, perché le imprese e i lavoratori hanno bisogno di una formazione continua, che sia super aggiornata e che si allinei a quelle che sono le esigenze del mercato – ha detto la Angelilli - faccio un esempio, nel Lazio ci sono quasi 600.000 imprese, ma mancano all'appello circa mezzo milione di figure professionali. Alcune di queste non sono proprio disponibili o sono carenti, altre invece necessitano di un aggiornamento che non è sempre disponibile. Quindi un sistema produttivo per essere e per rimanere competitivo ha bisogno della ricerca, dell'innovazione, ma soprattutto della formazione, dell'aggiornamento delle competenza”.

"Angelilli: "Mettere a sistema tutti gli attori della formazione"

La soluzione indicata “è mettere a sistema tutti gli attori protagonisti: dalle istituzioni, come il ministero competente, le regioni che svolgono un ruolo fondamentale, in quanto utilizzano i fondi comunitari (ndr il Fondo sociale europeo è erogato proprio dalle regioni) e tutti gli altri soggetti compresi i fondi professionali. Una sinergia pubblico-privato che può dare grandissimi frutti in termini di tempestività, di efficienza e di qualità dell’offerta formativa”.

La Angelilli è intervenuta al convegno FondItalia sulle “politiche a sostegno dell’economia”, ultimo atto del road show di presentazione del Rapporto FondItalia, dopo le tappe di Bari, Milano, Torino, Palermo e Napoli, l’evento ha rappresentato un momento di confronto e analisi tra imprese, parti sociali, società e istituzioni sulle trasformazioni in corso nel campo delle politiche per l’occupazione e la formazione professionale.

Oggi i Fondi rappresentano oltre 9,5 milioni di lavoratori e 740 mila imprese.

“I flussi finanziari garantiti dai Fondi professionali, annualmente, sono 400 milioni contro i 140 milioni di tutto il Fondo Sociale Europeo delle regioni che si rivolgono, mediamente, a circa un milione di lavoratori ogni anno -ha sottolineato Egidio Sangue, direttore di FondItalia- Abbiamo una struttura consolidata nel tempo che ha garantito risultati consentiti da una legislazione che non esiste minimamente in quanto i Fondi professionali, oltre alla norma istitutiva, sono stati di volta in volta regolamentati da circolari e da pareri a prescindere da una normativa univoca e chiara”. 

Eppure il bisogno formativo è particolarmente avvertito sia da parte delle aziende che dei lavoratori. Nel Lazio, ad esempio, il 48,2% delle imprese ha svolto o intende svolgere formazione a conferma della necessità di investire in un ambito essenziale. “Non si possono pensare le attività produttive, le imprese, l’artigianato, tutto il sistema economico senza un adeguato aggiornamento professionale. Mai come oggi, la formazione professionale è un'emergenza perché ci troviamo di fronte a un mondo in continua evoluzione".

L'artigianato è il settore che necessità di formazione immediata

"La transizione energetica, l'innovazione, la digitalizzazione, la ricerca – prosegue Roberta Angelilli -non sono una questione che riguarda poche imprese, o aree territoriali specifiche, ma riguarda tutti, nessuno escluso. Pensiamo all’artigianato. Qualcuno può pensare che l'artigianato sia fuori dalla necessità delle competenze, dell'innovazione, perché magari è artigianato tradizionale, addirittura artistico. Assolutamente no. Nella nostra regione, se non si garantisce un passaggio di competenze per un settore che rappresenta il 16% delle attività produttive, il rischio di chiusura delle attività sarà molto alto. Parliamo di microimprese che stanno lavorando bene, che hanno resistito durante il Covid e che sono assolutamente performanti, ma senza un passaggio di competenze adeguato il rischio di chiusura è molto elevato”.