Roma
Codice degli appalti, online la consultazione pubblica. Appaltarie M5S al via
Nel mirino delle Stazioni Appaltanti l'art 38 e la tutela delle MPMI
di Enza Colagrosso
Appalti pubblici, nel caldo di agosto partono le grandi manovre per riscrivere il Codice degli Appalti. E, sorpresa: il Governo apre il testo a una consultazione pubblica, una specie di “appaltarie” sullo stile del Movimento Cinque Stelle e delle sue “parlamentarie”.
In attesa del 10 settembre, data di chiusura della consultazione online, siti privati, interessati al mondo delle gare, hanno già formulato e condiviso le domande che potrebbero essere poste, per far sì che tutti arrivino pronti e non perdano questa occasione di per sé unica.
È la prima volta infatti che si dà voce a quelli che le gare le fanno ogni giorno, piuttosto che sentire i conoscitori della materia che una busta di gara d’appalto, molto spesso, non l’hanno mai vista.
Si spera così che a redigere il nuovo testo normativo saranno personaggi più pratici e meno teorici dei 19 dotti che nel 2016 hanno riscritto il Codice degli Appalti, il D.Lgs.18 aprile 2016, n.50, con l’intento di recepire la normativa europea e di rendere, allo stesso tempo, il corpo del Codice più snello.
Tutti ricordiamo come è andata allora: sono riusciti a concludere il testo, con solo 30 articoli in meno rispetto al precedente Codice De Lise, e con un giorno di ritardo sulla scadenza dei termini previsti dalle direttive UE. Testo con evidenti criticità che nel 2017 ha avuto bisogno del così detto Correttivo, il D.lgs. 19 aprile 2017, n. 56: altri 131 articoli nati per integrare e correggere il Dgl del 2016.
Poi sono arrivate le 10 Linee Guida Anac, la nuova soft-law di indirizzo, affidata all’Autorità di Cantone con leggi su leggi che hanno reso veramente difficile fare appalti. Nonostante ciò, però le cose non hanno funzionato per il verso giusto: la corruzione, primo obiettivo da combattere, è ancora fortissima tanto che sembra riesca a determinare l’aumento del 20% del costo degli appalti, insinuandosi proprio tra le maglie di una farraginosa burocrazia.
Ecco allora il nuovo Governo esprimere la volontà di cambiare, ancora una volta, il Codice degli Appalti con l’obiettivo di fissare regole semplici e chiare e come tali poco attaccabili dalla corruzione.
In effetti nel Codice, almeno secondo le Stazioni Appaltanti che quasi giornalmente si misurano con una normativa diversa, di cose da cambiare ce ne sarebbero tante. Si potrebbe iniziare a parlare proprio di quell’art 38 che declina la loro qualificazione. La qualificazione delle Stazioni Appaltanti è stata acclamata come una delle novità del nuovo Codice, vera arma contro la corruzione e lo spreco. Diversa però la realtà: la PA, che macina circa 115 miliardi di euro all’anno cioè il 7% del nostro Pil in appalti pubblici, ha a disposizione, a causa del blocco del turnover, risorse umane già avanti con l’età, con una formazione mai aggiornata e con scarse competenze informatiche a fronte di risorse economiche molto limitate da poter utilizzare per una formazione adeguata.
Senza dimenticare che per il personale delle SA la formazione è una scelta individuale perché professionalmente possono lavorare senza dover dimostrare il possesso di crediti formativi che ne attestino preparazione e aggiornamento. Quello che tutti sperano è che il nuovo Codice cercherà di centrare meglio quell’obiettivo di tutelare le PMI negli appalti, richiesto espressamente dall’Europa.
Parlare di MPMI nel mercato italiano porta subito la discussione sui mille ostacoli che queste quotidianamente devono affrontare per sopravvivere. Il mercato non è pensato per loro e le regole che lo governano non tengono assolutamente conto delle loro micro realtà. Il tema di una centralizzazione troppo spinta, forse è uno dei punti da rivedere proprio perché tende a spazzare via le piccole aziende dal mercato tenendole frequentemente “al palo”, cioè ferme, per anni.
Da non sottovalutare anche tutte le problematiche legate al ritardo dei pagamenti della PA che colpiscono in maniera brutale proprio le MPMI che sono, vale la pena ricordarlo il 99% delle imprese italiane.
Per queste, pagamenti certi e puntuali possono determinare, molto spesso, la loro stessa sopravvivenza tanto più se si riflette sul fatto che il Codice prevede solo per gli appalti di lavori, un anticipo dei corrispettivi nella misura del 20% (art. 35 co. 18).
Altra problematica è quella relativa al subappalto. L’art 105 del Codice prevede ora l’obbligatorietà della terna dei subappaltatori, e il limite del 30% del subappalto. Un susseguirsi di poche parole che nella pratica ha determinato delle restrizioni che si sono rivelate molto pesanti per le piccole e medie imprese.