Roma

"Con" Pannella, Angioli, Bonino, Magi, Della Vedova, Pezzuto...

Piazza Navona è l'agorà storica delle mille battaglie radicali

di Patrizio J. Macci

Ha detto "a subito" e subito è stato. Sono accorsi tutti in piazza, il popolo di Marco Pannella. Il popolo dei Radicali. In una piazza Navona che nella sua vicenda storica ha avuto la funzione di stadio e mercato, luoghi di popolo per definizione. All'estremo saluto del leader del partito che ha celebrato il funerale di tutti i partiti del dopoguerra, che ha detto una volta senza sbagliare e senza presunzione "Io sono la piazza".
L'agorà storico delle proteste romane e delle mille battaglie dei Radicali, degli arresti, dei sit in. In un sabato pomeriggio con il cielo di Roma che sembra quello di un quadro di Magritte; il palco è rivolto verso quel Palazzo che ha combattuto aspramente, e al quale ha dedicato la vita intera entrandoci per venti anni e facendosi portare fuori spesso a forza. Il feretro è sommerso dagli abbracci e dalle carezze dei compagni, la lattina della sua bevanda preferita (la Coca Cola) insieme a un pacchetto dei suoi sigari brillano come per magia poggiati in ordine sparso sul feretro
 È troppo piccolo lo spazio per contenere tutta la sua famiglia "allargata": Matteo Angioli, Laura Hart, Emma Bonino, Riccardo Magi, Benedetto della Vedova, Sergio D'Elia, Vittorio Pezzuto, Marco Cappato, Laura Bernardini. Ambrogio Crespi proietta sullo schermo il docuweb che racconta Pannella provocatore all'Università, Pannella dei cento digiuni, Pannella che lotta per l'aborto, la marija distribuita al mercato di Porta Portese e le sigarette fumate una dietro l'altra, la partitocrazia, lo strapotere dei giudici, il Parlamento dei "ladri", il Partito Radicale e il "vascello pirata" di Radio Radicale sempre in procinto di spegnersi, Giovanni Negri, Toni Negri e Cicciolina, la liberalizzazione della cannabis, il partito camaleontico che sta (sempre) per chiudere ma poi risorge. Proprio come lui che diceva: "sono morto tante volte, poi risorgo sempre". Un'orchestrina jazz suona i suoi blues malinconici: è l'unica disposizione per l'ultimo saluto sulla quale aveva espresso una volta una preferenza: "Al mio funerale niente lacrime, ma voglio l'orchestra che suoni come a New Orleans". L'hanno accontentato portando la Carletto Loffredo Jazz Band. Francesco Rutelli cammina nella piazza chiacchierando fitto con Spadaccia e Cicciomessere, altri due superstiti del Partito. I "quattro gatti" storici ancora in circolazione ci sono tutti, vecchi e nuovi.
Ma forse il senso ultimo di questo funerale laico - e Pannella avrebbe avuto da dire e discutere anche su questo comunque -è il Requiem di Mozart come sottofondo musicale che scorre all'infinito. L'ultima opera di Mozart, quella incompiuta per antonomasia. La stessa che andava in onda durante le interruzioni di Radio Radicale. C'è ancora da fare, da scrivere e da lottare.
La sua opera ora è affidata alle decine di schegge del Partito disseminate ovunque. Non lascia nulla di materiale. Lascia nel suo testamento politico, a tutti quelli che vorranno difenderle e sostenerle, le sue idee e le sue battaglie.