Roma
Conte e la scorta alla compagna: il discorso tv diventa uno spazio personale
Nel discorso sull'aggiornamento della pandemia Coronavirus il Premier si difende dall'esposto di Fratelli d'Italia. Ecco cosa successe davvero a Olivia Paladino
di Andrea Augello
Che brutta figura - l’ennesima - ha fatto il nostro caricaturale Premier Giuseppi, usando il suo consueto spazio Covid a reti unificate, in una serata in cui l’Italia ha contato mille morti per la pandemia, per commentare le sue disgrazie giudiziarie che lo vedono indagato dal Tribunale dei Ministri per il modo in cui la sua scorta avrebbe prestato i suoi servigi alla sua compagna.
Giuseppe Conte, ancora una volta, non ha esitato a calpestare ogni decoro istituzionale, servendosi di uno spazio televisivo riservato alle comunicazioni del governo in materia di misure di contenimento della pandemia per promuovere sé stesso e persino la sua fidanzata agli occhi degli italiani, dichiarandosi vittima di un attacco personale basato su falsità e mistificazioni, culminato in un esposto di Fratelli d’Italia, che avrebbe poi dato origine ai suoi problemi con la giustizia.
Vediamo cos’è successo davvero: Conte si lamenta del fatto che questo esposto abbia chiesto alla Procura di Roma di chiarire se ci sia o meno stato un uso improprio della scorta del Presidente del Consiglio intervenuta, lo scorso 25 Ottobre, per “salvare” la signora Paladino dalle domande di Filippo Roma sulla vivace e controversa gestione del padre di Olivia dell’Hotel Plaza a Roma, dove ora decine di lavoratori rischiano di perdere il posto. Ovviamente questo genere di protezioni non rientrano tra i doveri di ufficio delle scorte: Filippo Roma non è un terrorista, ma solo un giornalista che fa il suo lavoro, magari in modo insistente, ma pur sempre il suo onesto lavoro di cronista. Rispondere alle sue domande non è obbligatorio, basta tacere e andare per la propria strada. Invece la Iena ha raccontato a “Non è l’Arena” che gli uomini della scorta di Conte si sono frapposti tra lui e la signora, peraltro spintonandolo, e che sono arrivati cinque minuti dopo che Olivia si era “rifugiata” in un piccolo supermarket, facendo una telefonata con il suo telefono portatile. E’ stata quindi la Procura di Roma, dopo averlo ascoltato e dopo aver acquisito dal Ministero degli Interni una relazione del servizio scorte sull’accaduto, a decidere di trasferire il fascicolo al Tribunale dei Ministri, assumendo come ipotesi di reato ascrivibile a Giuseppe Conte il peculato.
Quindi ricapitoliamo: l’unico “attacco personale” visibile, in questa vicenda, è quello della scorta di Conte a Filippo Roma, che sarebbe stato spintonato da agenti di Polizia determinati ad impedirgli di fare domande scomode alla Paladino. Quanto all’iniziativa giudiziaria di Fratelli d’Italia, se Conte ritiene che un normalissimo esposto sia un attacco alla sua regale persona, dovrebbe forse prima acquisirne copia: l’atto, che reca la firma di Roberta Angelilli, si limita a riportare le ricostruzioni dell’episodio proposte da diversi giornali, chiedendo ai magistrati di accertarne la veridicità e ogni eventuale responsabilità di un uso “improprio” della scorta. Non è un esposto “contro” Giuseppi, ma una doverosa richiesta di approfondimento di una vicenda inquietante, che vede una persona che non avrebbe diritto ad alcuna scorta a spese dei contribuenti, la signora Paladino, giovarsi dell’intervento di ben tre poliziotti soltanto perché infastidita dalle domande di un giornalista. Nell’atto non viene ipotizzata alcuna responsabilità diretta del Premier, lasciando alla Procura il compito di accertare i fatti. Quindi, se ora Conte si trova indagato dal Tribunale dei Ministri, non è perché ha subito, come racconta nel suo sproloquio a reti unificate, un “attacco personale”, ma perché la Procura di Roma, sentita la deposizione di Filippo Roma e acquisita la relazione sull’accaduto del Ministero degli Interni, ha ritenuto meritevole di un’indagine più accurata la vicenda e, non potendo al momento escludere una responsabilità del Presidente del Consiglio, ha trasmesso per competenza il fascicolo al Tribunale dei Ministri dove Giuseppi risulta indagato per peculato.
Indagato non vuol dire condannato: spetterà ai suoi legali dimostrarne l’innocenza e, poiché non sarà facile provare le responsabilità della catena di comando che ha portato i tre agenti ad intervenire in favore della Paladino, potrebbe persino sperare in un’ archiviazione. Bisognerà acquisire le immagini girate da Filippo Roma, verificare se la versione del Premier regga ad un attento esame dei suoi spostamenti in quella giornata, ascoltare la testimonianza degli agenti di scorta e della signora Paladino. Di certo ci sono alcune imprecisioni e qualche paradosso nella Giuseppi version’s: intanto lui dice che sarebbe intervenuto un solo poliziotto in soccorso della compagna, mentre le immagini pubblicate su Dagospia attestano che gli agenti erano tre. Lui sostiene anche che la scorta si trovava davanti all’abitazione della Paladino perché lui era lì, mentre Filippo Roma sostiene che la troupe delle Iene stazionava davanti al portone della Paladino dalle sette del mattino e che, fino alle undici, quando lei è uscita ed ha avuto inizio il tentativo di intervistarla, non si sono visti né Conte né la sua scorta, che invece sarebbe apparsa provvidenzialmente cinque minuti dopo, quando la Paladino, dopo essersi rifugiata in un supermercato ha fatto una telefonata (non sappiamo a chi).
Inoltre nella versione di Giuseppi c’è almeno un paradosso inspiegabile: se davvero lui si trovava a casa della Paladino, che sorge a meno di cento metri dal supermercato dove sarebbe intervenuta la scorta, per di più in procinto di uscire, visto che alle undici e trenta aveva un impegno istituzionale a Palazzo Chigi, è difficile credere che gli agenti si siano allontanati dal portone del palazzo dal quale stava per raggiungerli il Premier, solo per sedare un semplice battibecco tra un giornalista e la signora Paladino. Incredibile che sia accaduto, a meno che non abbiano prima informato il Presidente della necessità di ritardare di qualche minuto la sua uscita perché c’era da tirare fuori dall’imbarazzo la sua compagna. Certo, ci sarebbe un’altra spiegazione plausibile, come la presenza di altri agenti davanti al portone, in attesa dell’uscita di Conte. Ma Filippo Roma sostiene che i tre poliziotti che lo hanno intercettato fossero gli unici presenti tra la casa e il supermercato e che le immagini potrebbero confermarlo. Infine c’è la vicenda del borsone della Paladino. Il Ministro Lamorgese, nel riferire al Parlamento sull’accaduto, ci ha tenuto a specificare che la signora Paladino aveva una borsa e che l’avrebbe lasciata nel supermercato e non affidata ad una delle guardie che la avevano appena salvata dal malvagio Filippo Roma La preoccupazione del Ministro è stata fugare il sospetto che le guardie della scorta fungessero oltre che da antidoto a giornalisti scomodi per la compagna del Premier anche da sherpa. Tuttavia anche questo punto pare controverso: nel video pubblicato su Dagospia c’è un dialogo tra la Paladino e un agente, dal quale sembra abbastanza agevole concludere che sia proprio la guardia a consigliare alla Paladino di lasciare la borsa nel supermercato, spiegando che avrebbe poi provveduto lui stesso a ritirarla e a portarla a casa.
L’unica cosa certamente vera dichiarata ieri da Conte a reti unificate, è che la signora Paladino non è salita su un auto blu per sfuggire alle Iene: peccato che nessuno lo abbia mai neppure adombrato, né nell’esposto, né nelle dichiarazioni rese pubblicamente da Filippo Roma nella trasmissione non è l’Arena. Per tutte queste ragioni e per le molte lacune della versione governativa dell’accaduto, e non certo per un “attacco personale” al Premier, la Procura ha trasmesso le carte al Tribunale dei Ministri.
La ripugnante performance televisiva dell’autodifesa sgangherata e fuori luogo di Giuseppe Conte, conferma la statura infima del personaggio, la spregiudicatezza del suo addetto stampa, l’assoluta inadeguatezza di entrambi a ricoprire ruoli istituzionali e l’insensibilità di fronte al momento drammatico che stanno vivendo l’Italia e gli italiani mentre si contano purtroppo a centinaia le vittime quotidiane della pandemia e centinaia di migliaia di posti di lavoro e piccole aziende e medie aziende cancellati dal lockdown. Oltre a testimoniare un esagerato nervosismo per una vicenda invero assai modesta e all’altezza dei suoi protagonisti, che certo non rappresenterà il processo del secolo e che si sarebbe facilmente potuta evitare se la scorta avesse lasciato la signora Paladino a risolversi da sola i suoi problemi di comunicazione con la troupe delle Iene. Come sarebbe stato del tutto normale attendersi.