Roma
Coronavirus: cooperazione e solidarietà, appello al Governo per la Fase 2
Il Governo ascolti le voci della solidarietà, della cooperazione, delle reti territoriali e dei diritti. Il punto di Andrea Catarci
di Andrea Catarci *
Il bollettino sul covid19 riassume quotidianamente in pochi numeri la tragicità della situazione. All’8 aprile 2020 si sfiorano i 140.000 contagiati, con 26.491 persone guarite e 17.669 morte, dati che fanno dell'Italia il secondo paese per casi complessivi dopo gli Usa e il primo al mondo per decessi.
Sembra tuttavia alle porte la famigerata “fase 2”, quella in cui gradualmente riapriranno alcune attività produttive e commerciali e si ridurrà la quota di smart working, mentre è destinata a durare ancora a lungo la necessità di distanziamento sociale e la paura che all’attuale inversione di tendenza possa seguire una nuova fase di diffusione massiccia del virus. Ci troviamo dunque in un passaggio delicato, in cui un serio dibattito con l’opposizione potrebbe contribuire a migliorare l’azione del governo nazionale: purtroppo però di una discussione costruttiva non c’è traccia.
C’è un centro destra pericoloso e inaffidabile che mira solo al consenso
Passato un primo momento di ravvedimento legato allo sbandamento generale, gli esponenti del centro destra stanno dimostrando una volta di più la loro cinica inaffidabilità e hanno ripreso la “dialettica consueta”, fatta di sparate, schermaglie, atti e dichiarazioni di basso profilo etico e civile. In particolare, mentre i leader nazionali giocano alla polemica con il governo, in mezzo allo tsunami che sta investendo la Regione Lombardia - che ha svelato l’inganno del presunto modello lombardo rivelando le fragilità della sanità più privatizzata d’Italia -, si distingue il Presidente leghista Fontana, che continua a sfornare provvedimenti perlomeno discutibili e, dopo aver chiesto alle residenze sanitarie assistite (rsa) di alloggiare anziani già contagiati, ha previsto l’obbligo di indossare le mascherine ogni volta che si esce di casa. Ciò malgrado l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomandi di indossarle solo in alcune situazioni, poiché “se non hai i sintomi del Covid19, soprattutto tosse, o non ti stai occupando di qualcuno che li ha, allora stai sprecando una mascherina”. Ignorano tali indicazioni anche quei rappresentanti istituzionali di area progressista che inseguono sul medesimo terreno gli esponenti leghisti. Il rischio di dover apparire a tutti i costi fa brutti scherzi, come spiegato bene da Wu Ming nel loro blog: “in un momento come questo, dove tutto lo spazio politico e dell’informazione è saturato dal discorso sul virus, un sindaco e un governatore, per non sparire dal radar dei cittadini, devono fare qualcosa contro il contagio. Ecco allora che parte un gioco al rialzo, dove la politica non è più un calcolo del rischio e del giusto principio di precauzione, ma un aumento delle misure messe in campo, per quanto inutili”. Quando è evidente la propaganda, farebbe bene il governo a non ascoltare e lo schieramento democratico a non lasciarsi confondere.
C’è la solidarietà di organizzazioni sociali e tanti amministratori locali
Al contrario grande attenzione andrebbe prestata agli accorati appelli di organizzazioni sociali e di amministratori locali che sottolineano aspetti generali e ambiti specifici su cui è necessario intervenire, migliorare in efficacia, talvolta cambiare rotta. Si tratta spesso degli stessi attori che sono in campo dal primo minuto del lockdown a contrastare con la solidarietà e la tutela dei settori più deboli della popolazione gli effetti peggiori dell’isolamento, strutturando azioni di assistenza all’insegna del sostegno al reddito e della fornitura del necessario per la sopravvivenza alimentare, oltre che con iniziative a carattere culturale con cui coltivare i legami di comunità.
L’appello del Forum Disuguaglianze e Diversità e della Rete dei Numeri Pari
Il Forum Disuguaglianze e Diversità e la Rete dei Numeri Pari, che coordinano centinaia di realtà impegnate nel contrasto alle disuguaglianze e alle mafie, si sono rivolte al governo Conte con l’appello “Fare presto e bene”, per chiedere di adottare “misure concrete ed efficaci per frenare lo scivolamento nella disperazione sociale”. Per i due raggruppamenti è indispensabile fronteggiare l’emergenza sanitaria impostando allo stesso tempo un diverso paradigma economico-sociale, che determini scelte radicalmente innovative nel medio e lungo periodo: “fare presto e bene, perché bisogna sconfiggere non solo il Covid-19 ma la miseria e i problemi economici e sociali con cui già si convive dal 2008 e che dopo l’emergenza sanitaria rischiano di colpire con ancora maggiore violenza la popolazione del paese. Fare presto e bene, perché quello che facciamo oggi nell’emergenza può già rappresentare la traccia futura sulla quale ricostruire il paese (…). Fare presto e bene, perché il paese non è più in grado di sopportare disuguaglianze, insicurezze sociali, ingiustizie ambientali ed ecologiche”. In quanto ai punti, nel testo si propone di mettere al centro dell’agenda politica “i bisogni ed i diritti fondamentali delle persone”, “le politiche di sviluppo compatibili con i limiti del pianeta e con le sue capacità di autorigenerazione e regolazione”, “le politiche economiche che rimettano insieme il diritto al lavoro con il diritto alla salute”, “gli investimenti di grandi risorse sulla transizione ecologica delle attività produttive e della filiera energetica”, per contrastare “l’isolamento nazionalista e ricostruita una solidarietà globale”.
L’appello degli amministratori locali e di un gruppo di parlamentari
Altrettanto puntuale è l’appello firmato da Amedeo Ciaccheri, il Presidente del Municipio Roma VIII impegnato a guidare la campagna “Il sogno più grande, liberare Roma”, insieme a numerosi amministratori locali tra cui Elly Schlein e Massimo Zedda, all’ex Ministro Lorenzo Fioramonti, a diversi deputati e senatori e all’europarlamentare Massimiliano Smeriglio. Si suggeriscono tre priorità per contrastare l’emergenza sanitaria e guardare a un rinnovamento radicale:
1) Partecipazione: la democrazia e il confronto sono pratiche da valorizzare anche durante lo stato di eccezione. A partire dal massimo coinvolgimento delle assemblee elettive e delle autonomie locali, dei sindaci, degli amministratori, di coloro che fuori dalle istituzioni contribuiscono a dare densità alla nostra democrazia: parti sociali, associazioni di volontariato, ambientaliste, studentesche, movimenti e organizzazioni della società civile”. “
2) Solidarietà: L’Europa deve agire con coraggio (…). Bene i 750 miliardi della BCE e la sospensione del Patto di Stabilità. Ma non basta, (servono) fondi straordinari dedicati a imprese, lavoratori e famiglie, politiche espansive, investimenti, risorse e uno scudo comune, che solo gli Eurobond possono garantire”.
3) Reddito: Il virus picchia in maniera indiscriminata, mentre la crisi economica e sociale colpisce e colpirà con maggiore durezza i settori più fragili. (…) Per questo riteniamo fondamentale un Reddito Universale, una misura capace di arrivare immediatamente nelle case di chi ha più bisogno”.
L’appello delle Ong
Non mancano nemmeno le critiche aperte, come quelle mosse alla decisione di chiudere i porti da alcune delle stesse Ong che sono impegnate a contrastare il coronavirus a fianco della protezione civile e degli operatori sanitari. Sea-Watch, Medici Senza Frontiere, Proactiva Open Arms e Mediterranea Saving Humans “esprimono la propria preoccupazione per la decisione del governo italiano di strumentalizzare la situazione di emergenza sanitaria per chiudere i propri porti alle persone salvate in mare da navi straniere, riferendosi ancora una volta, di fatto alle navi civili di ricerca e soccorso. Con un decreto il cui scopo evidente è quello di fermare le attività di salvataggio nel Mediterraneo, senza fornire alternative per salvare la vita di chi scappa dalla Libia, l’Italia ha privato i suoi porti della connotazione di luoghi sicuri, propria di tutti i porti europei, equiparandosi a Paesi in guerra o dove il rispetto dei diritti umani non è garantito e operando una selezione arbitraria di navi a cui l’accesso è negato”. Sono voci autorevoli e arrabbiate, che impongono di riflettere e invertire la rotta, perché come viene ribadito “sarebbe possibile trovare molte soluzioni diverse, conciliando il dovere di garantire la salute di tutti a terra con quello di soccorrere vite in mare”.
L’appello delle associazioni dei diritti dei detenuti
Infine, molto significativo è l’appello di un gruppo di realtà attive in tema di diritti per un provvedimento di scarcerazione di anziani e malati e di amnistia per il resto della popolazione detenuta. Le Associazioni Yairahia onlus, Osservatorio Repressione, Liberarsi, Memoria condivisa e Il Viandante, raccogliendo il grido d’allarme che si è levato con le rivolte carcerarie, scrivono: “È del tutto evidente che la diffusione del virus all’interno delle carceri assumerebbe dimensioni catastrofiche. Limitare o proibire i colloqui familiari, l’accesso dei volontari e i permessi di uscita non mette al riparo dal rischio contagio”. Per questo “chiediamo che si intervenga con un provvedimento immediato di sospensione della pena per tutte le persone detenute ammalate ed anziane, insieme a una amnistia urgente per la rimanente popolazione detenuta”. D’altronde, anche in tempi di coronavirus va ricordato, parafrasando Voltaire, che il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri.
I quattro appelli citati sono solo una piccola parte dei tanti che si sono susseguiti in queste settimane. Dal variegato mondo della solidarietà, della cooperazione, del volontariato, delle reti territoriali e dei diritti possono venire spunti preziosi per cogliere meglio la realtà e intervenire più efficacemente. Il governo non esiti a raccogliere il senso delle molteplici indicazioni, a mettersi in ascolto e in sintonia, a utilizzare i contributi delle reti civiche per superare l’emergenza e aprire una fase di proficuo cambiamento.
* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma