Roma

Coronavirus, estate senza piscine e terme: la rivolta. Il decreto Conte al Tar

Il Dpcm del 26 aprile non garantisce la riapertura a piscine estive e centri termali, i titolari al Tar: “Riapriamo il 1 giugno o rischiamo di rimanere chiusi”

Coronavirus, estate 2020 senza bagni in piscina o weekend alle terme: scoppia la rivolta dei titolari degli esercizi che portano il decreto Conte sulla Fase 2, il famoso Dpcm del 26 aprile, al Tar. Obbiettivo: riaprire il 1 giugno a suon di sanificazioni e distanze di sicurezza.

 

Circa cento titolari di piscine e centri termali di tutta Italia hanno infatti unito le forze ed hanno deciso di lanciare l'offensiva contro le decisioni del Governo, reo di aver completamente abbandonato la categoria e di non aver garantito nulla sulla riapertura delle loro attività. L'azione collettiva, è volta quindi a scongiurare un dissesto economico individuale e collettivo, con l'udienza al Tribunale amministrativo regionale che potrebbe tenersi già alla fine della prossima settimana.

I soggetti firmatari, provenienti principalmente da Roma e dalle altre grandi città e seguiti dall'Associazione Giustitalia, chiedono ai Giudici una rapida apertura e sostengono, forti del parere dei virologi sul fatto che il "cloro delle piscine e lo zolfo delle terme uccide il Covid-19", che è possibile accogliere i clienti con la massima sicurezza garantendo ingressi scaglionati, distanziamento sociale e sanificazioni quotidiani delle strutture. I lavoratori del settore lamentano, infatti, una irreversibile crisi qualora non venga dato ossigeno al sistema economico che sorregge l'attività, anche perché molti lavoratori stagionali sono privi della tutela garantita dagli ammortizzatori sociali.

“Dopo aver avuto conferma dai virologi che il contagio in acqua, sia in piscina grazie al cloro che nelle terme per lo zolfo, non è possibile, abbiamo deciso di procedere con l'azione – spiega Luigi De Rossi dell'Associazione Giustitalia –. Per gli spazi aperti, le strutture si stanno già organizzando con sdraie e lettini posizionate a 2 metri di distanza, ingressi contingentati e sanificazioni ogni sera delle attrezzature affittate. Esclusa quindi la possibilità di contagi all'aperto, l'unico nodo da sciogliersi sarebbe quello degli spazi esterni come gli spogliatoi. Qui le soluzioni sono due: o va evitato completamente lo spogliatoio, costringendo le persone a recarsi direttamente con il costume indosso; oppure procedere con sanificazioni continue degli spazi chiusi. Riaprendo l'1 giugno si va a far del bene sia ad un settore tuttora in crisi, che alle famiglie che avranno così un posto dove portare i più piccoli. Crediamo che ci siano tutti i requisiti per poter riaprire”.

Qualora il Ter respingesse l'azione, il rischio che diverse piscine estive e centri termali non riapriranno per tutto il periodo estivo c'è eccome: “Chiunque ci ha mandato mail e si è unito all'iniziativa – conclude De Rossi – si è lamentato della situazione. Se non si riaprisse il settore l'1 ma il 15 giugno la situazione sarebbe comunque accettabile ma se le chiusure venissero prolungata fino all'inizio di luglio allora lì sarebbe una tragedia. La stagione estiva per le piscine di norma termina 31 agosto e aprire solo due mesi con ingressi contingentati, distanze, sanificazioni e poi ristorazione, messa in regola dei lavoratori stagionali e tutto sarebbe impossibile”.