Roma
Coronavirus, il picco è vicino. Cnr: “Contagi in calo in metà delle città”
Ricerca del Cnr: secondo i dati forniti dalla Protezione Civile, 57 delle 107 province italiane mostrano di aver raggiunto il picco della crescita dell’epidemia
Il picco dell'epidemia Coronavirus in Italia è vicino: poco più della metà delle province della Penisola avrebbe raggiunto il picco massimo di crescita di contagi e starebbe per iniziare la “fase 2”, ovvero quella di rallentamento. Lo dice il Cnr.
Questo emerge dalla ricerca effettuata dall’Istituto per le applicazioni del calcolo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iac), condotta da Giovanni Sebastiani. Il ricercatore, dal primo marzo, sta analizzando su base giornaliera l’evolversi della diffusione dell’epidemia di Covid-19 in Italia utilizzando i dati ufficiali resi disponibili direttamente dalla Protezione Civile. La strategia adottata prevede lo studio del fenomeno di diffusione del contagio attraverso modelli e metodi matematici e statistici di diverso tipo. L’analisi è stata effettuata attraverso un approccio che utilizza modelli parametrici e, in particolare, quello geometrico e quello logistico, che caratterizzano tipicamente l’evoluzione delle epidemie. Lo studio è stato pubblicato sul magazine dell'Eurispes, leurispes.it.
Secondo i calcoli aggiornati al 23 marzo, ben 57 delle 107 province italiane mostrano di aver raggiunto il picco della crescita dell’epidemia. Per quanto riguarda la Lombardia, ovvero la regione più martoriata, questa situazione è stata riscontrata in 10 delle 12 province, compresa quella di Milano. Spiega Giovanni Sebastiani all'Eurispes: “Se si osserva la distribuzione geografica, si nota che le 57 province che mostrano il punto massimo di crescita sono presenti in tutte le regioni del Paese, con una distribuzione spaziale diffusa. E questo è senz’altro un dato positivo”. Nel dettaglio, sono così distribuite: 2 in Abruzzo, 1 in Basilicata, 3 in Calabria, 2 in Campania, 2 in Emilia Romagna (Forlì, Cesena e Piacenza), 1 in Friuli Venezia Giulia, 4 nel Lazio (ma all’appello manca Roma), 3 in Liguria, 10 in Lombardia (Milano compresa), 2 nella Marche, 1 nel Molise, 3 nel Piemonte (compresa Torino), 3 in Puglia, 4 in Sardegna, 5 in Sicilia (mancano ancora Agrigento, Catania e Palermo), 5 in Toscana, 1 in Trentino Alto Adige, 2 in Umbria, 1 nella Valle d’Aosta, 2 nel Veneto (Verona e Vicenza).
Un altro aspetto importante è quello relativo ai tempi, ovvero quando sarebbe avvenuto il picco. Spiega ancora il dottor Sebastiani: “Di queste 57 province, quasi la metà ha raggiunto il picco il 20 marzo: esattamente 9 giorni dopo l’11 marzo, ovvero il giorno in cui sono state introdotte le misure di restrizione della mobilità. Dalla letteratura scientifica sappiamo che nove giorni è il tempo medio che intercorre tra il giorno dell’infezione e quello della diagnosi. Più nel dettaglio: il tempo medio che passa tra l’infezione e i primi sintomi è di 5 giorni; secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, il tempo medio che intercorre tra l’insorgere dei sintomi e la diagnosi è di 4 giorni. Quindi, in tutto, sono nove. Questo dato ci conforta perché significa che le misure di contenimento stanno ottenendo l’effetto sperato, anche se siamo in una fase iniziale della diminuzione, quindi si può parlare di tendenza, ma bisogna essere cauti”.
Cosa succede ora? “Quello che ci aspettiamo – continua Sebastiani – è un ulteriore aumento delle province che raggiungono il picco, come accaduto negli ultimi tre giorni. Va, comunque, evidenziato che queste stime sono soggette a grande incertezza in questa fase, a causa di vari fattori in gioco e vanno ricalibrate di continuo a seconda dei dati disponibili e dei cambiamenti indotti dai decreti governativi e dai conseguenti comportamenti individuali”.