Roma

Coronavirus, la paura del contagio tormenta Roma: famiglie blindate in casa

La vita di una famiglia romana ai tempi del Covid-19: madre, padre, due figli e la nonna chiusi in casa tra compiti, smart working e pulizie continue

di Serena Danese

Coronavirus, a Roma ogni giorno cresce sempre di più la paura del contagio. Per debellare l'emergenza, Letizia, moglie di Giovanni e mamma di Beatrice e Niccolò, insieme a tutta la famiglia ha preso alla lettera le parole del Presidente Conte e si è barricata in casa.

 

Dall’inizio del mese tutta la famiglia vive chiusa nel proprio appartamento in zona San Paolo, insieme anche alla nonna Francesca che si è trasferita prima che tutto fosse bloccato. “È stata la soluzione migliore portarla da noi, così siamo tutti più tranquilli. E poi la nonna ci dà come sempre un grande aiuto – ha raccontato Letizia –. Lei è la sanificatrice degli ambienti, la trovi sempre a pulire e disinfettare tutto, con acqua, detersivo e alcol. Dai mobili, alle maniglie ai nostri tablet. E poi, come il ruolo che ricopre le impone, Francesca cucina tantissime cose per i nipoti, ogni giorni si sfornano biscotti. Immancabile poi la partita a carte con Niccolò”.

Passando ai figli, Beatrice ha 12 anni e fa la seconda media, mentre Niccolò è il piccolo di casa ha 10 anni e frequenta la quarta elementare. È per lui che la situazione è più pesante: “Proviamo a tenerlo impegnato, con giochi, tipo il ping pong con il papà, cose da costruire, cartoni animati e letture. Capita che litighi con la sorella, ma fa parte della normalità e noi puntiamo a ricreare quella”, spiega ancora la mamma.

La famiglia è ben organizzata anche per la spesa: “Se ne occupa mio marito Giovanni, è lui l’unico ad uscire uno o al massimo due volte a settimana e quando torna inizia la pulizia generale della sua persona. Oggi per la disperazione si è spogliato sul terrazzo”.

Due genitori che lavorano a tempo pieno e due ragazzi che oltre alla scuola hanno molti impegni pomeridiani come la danza o il calcetto, stanno provando tutti insieme a vivere al meglio possibile in una situazione difficile. “Si rompono tantissimi piatti e bicchieri ogni giorno. Non eravamo abituati a fare tutti i pasti insieme”, ha detto Letizia.

Come si sono organizzate le scuole dei suoi figli?

“Posso dire che i due plessi scolastici hanno risposto all’emergenza Coronavirus in modo molto diverso. Sono soddisfatta dell’istituto di Beatrice ma mi dispiace non poter dire lo stesso della Scuola Primaria che Niccolò frequenta. I ragazzi non vanno più a scuola da giovedì 5 marzo, e l’istituto di Bea dopo solo due giorni aveva già contattato le famiglie per chiedere se tutti avessero Skype in modo da iniziare la didattica a distanza. Dal 9 sono partite le lezioni, prima solo con il docente di italiano, poi dalla settimana successiva è stato stilato un vero calendario didattico con tutti gli insegnanti. Devono seguire ogni giorno per 4 ore. Hanno ricreato un ambiente quasi normale, donando ai ragazzi la quotidianità di cui necessitano ora. Beatrice si sveglia ogni mattina alle 8, segue le lezioni, viene interrogata e valutata. Del tutto diversa è la situazione che sto vivendo con mio figlio Niccolò, la scuola inizialmente è sparita. Poi con cadenza settimanale hanno iniziato ad inviare in formato pdf i compiti ai ragazzi. Ogni lunedì avviene l’invio delle correzioni e dei nuovi compiti da svolgere. C’è una totale assenza di socialità, che per bambini della loro età è un elemento fondamentale. Niccolò non è incentivato a studiare, e siamo costretti noi a stargli accanto per spiegarli tutto quello che gli viene assegnato senza una lezione. Solo qualche docente manda dei video registrati per aiutare gli studenti e si nota il diverso approccio di Niccolò”.

Lei il suo lavoro lo sta svolgendo in modalità smart working?

“Sì, quasi subito dopo il decreto dell’8 marzo. Io svolgo due lavori: insegno Interpretazione simultanea presso la Libera Università degli Studi Internazionali di Roma e sono una interprete free-lance presso la Rai. L’Università ha chiuso insieme alle scuole e da subito abbiamo fatto partire le video lezioni, che vengono registrate e sono disponibili sul sito della facoltà. Ho anche preso parte il 19 marzo ad una seduta di laurea, ma è stato un gran dispiacere. Due ragazzi tutti eleganti, lei con i capelli perfetti e lui con una bellissima cravatta, poi sotto casomai stavano in ciabatte. Ma si sa lo facciamo tutti in questi giorni di lavoro da casa. Anche mio marito che è commercialista, camicia, pullover, tuta e ciabatte. Per quanto riguarda la Rai è passato più tempo da quando hanno deciso di farci lavorare in smart working, e ancora oggi se bisogna fare una diretta, con un Capo di Stato ad esempio, bisogna andare a tradurre in studio. Tutti gli altri sonori, invece, stiamo riuscendo a preconfezionarli a casa senza problemi”.

Per quanto riguarda la suddivisione degli ambienti o dei dispositivi tecnologici come siete organizzati? Avete creato un equilibrio domestico?

“Da questo punto di vista siamo fortunati avendo una casa che ci permette di stare ognuno in una stanza diversa. Quando Giovanni lavora, dovendo fare molte riunioni, si chiude da qualche parte per restare in silenzio. Come faccio anche io quando sono impegnata con l’Università o la Rai. Beatrice sta spesso in camera sua, sia per fare i compiti che per seguire le video lezioni. E la nonna e Niccolò stanno in salone, così da non disturbare nessuno di noi. Per i computer Giovanni usa sempre il suo, mentre quando io non lavoro presto il mio a Beatrice per usare Skype e lavoro con il tablet. Non è facile trascorrere tante ore insieme sempre nello stesso ambiente, soprattutto per i ragazzi, ma cerchiamo di adattarci tutti e andare avanti. Creando situazioni di socialità e normalità, altrimenti l’ambiente diventa deleterio dal punto di vista della disciplina. I ragazzi devono comprendere che non siamo in vacanza”.