Roma
Coronavirus, la Raggi continua a s-governare come faceva prima dell’emergenza
A Roma la Raggi esclude dai buoni pasto per le famiglie in difficoltà non residenti e migranti. Per il Tribunale è discriminazione
di Andrea Catarci *
In mezzo all’emergenza determinata dal coronavirus, la giunta Raggi continua a trascinarsi in uno stato di completa confusione, malgrado a Roma in quanto a contagi e decessi non si siano verificate condizioni di particolare gravità che possano in qualche modo giustificare il panico.
L’ultimo episodio in ordine cronologico riguarda i buoni spesa destinati ad aiutare le famiglie in difficoltà. "Nel caso di specie non si discute dell’accesso a prestazioni assistenziali ‘ordinarie’ ma dell’accesso ad una misura emergenziale tesa a fronteggiare le difficoltà dei soggetti più vulnerabili a soddisfare i propri bisogni primari a causa della situazione eccezionale determinata dall’emergenza sanitaria in atto".
Con queste parole, richiamando la Corte costituzionale e le norme internazionali a tutela dei diritti universali, la giudice del Tribunale civile Silvia Albano ha accolto il ricorso di un cittadino di origini filippine escluso perché irregolare e ha definito discriminatoria la delibera adottata dalla sindaca. Infatti, come avvenuto in altri comuni a guida di centrodestra e grillina, in essa si è inserito tra i requisiti la residenza anagrafica, scartando automaticamente i non residenti e i migranti. Ora la sentenza ne ribadisce il diritto al buono spesa, poiché nella fattispecie il richiedente ha dimostrato di non fruire di altri aiuti legati allo stato di disoccupazione e di abitare effettivamente a Roma.
Poche settimane prima la Sindaca aveva rifiutato la proposta di coordinare e rafforzare le tante reti di solidarietà nate intorno ad associazioni e Enti municipali. Preferiva alimentare l’immagine di un’amministrazione intenta a controllare e punire i propri cittadini anziché condividere gli sforzi dal basso per non lasciare nessuno indietro. “Coronavirus, a Roma, a Pasquetta, oltre 14.000 i controlli effettuati dalla Polizia Locale, 122 le violazioni registrate. Multato anche un runner sull’Appia Antica che, dopo aver tentato la fuga, è stato individuato grazie a un drone”: così scriveva la Sindaca, snocciolando con soddisfazione i numeri di fermi e multe e alimentando la cultura della diffidenza e del sospetto, in un contesto cittadino che, malgrado i suoi amministratori pro tempore, sta dando prova di estrema compostezza nel vivere la quarantena.
Poi ci sono i ritardi, quelli per cui non sono ancora stati messi in circolazione gli 8 milioni per alimenti alle famiglie in difficoltà e gli 11 milioni per contributi all’affitto stanziati dalla Regione Lazio. La giunta M5s continua ad avere una pessima gestione delle risorse disponibili, già di per sé insufficienti, anche nella delicata fase attuale, come ha fatto in tutti i quattro anni di governo in cui ha bloccato tutto ciò che era possibile, si è accanita contro realtà meritorie del volontariato, del terzo settore e dei movimenti cittadini con sgomberi e minacce, ha inanellato una lunga serie di débâcle con bandi e avvisi non fatti, emessi in ritardo e annullati perché sbagliati grossolanamente. Malgrado ciò, la Sindaca ha trovato la faccia tosta di lamentarsi lei per la lentezza delle procedure che ne rallenterebbero l’azione amministrativa, affidandosi una volta di più alla pura propaganda e al travisamento della realtà.
Al contrario il contesto richiede un salto di qualità di tutti i soggetti istituzionali, compresa Roma Capitale. Arrivano le prime aperture che riguardano librerie e cartolerie e si discute di porre fine ai provvedimenti di lockdown per avviare la fase 2 dell’emergenza coronavirus, seppur con la schizofrenia di registrare tra le priorità la ripresa del campionato di calcio e non delle scuole. Bisogna aver chiari i rischi e attrezzarsi per contribuire a fronteggiarli, da ogni postazione.
Una ricerca universitaria lancia l’allarme sui rischi di nuovi contagi
Con riferimento agli aspetti sanitari ed epidemiologici, una ricerca dell'Università di Trento avverte che l'allentamento delle misure di distanziamento sociale e confinamento potrebbe causare un forte incremento delle vittime e uno strascico anche nel 2021. Secondo il gruppo coordinato dalla ricercatrice Giulia Giordano, analizzando i dati dal 20 febbraio al 5 aprile risulta evidente come le restrizioni agli spostamenti via via più stringenti abbiano contrastato efficacemente la diffusione della pandemia in Italia. Ristabilire la libertà di movimento, seppur in maniera graduale, potrebbe produrre l’effetto opposto. L’unico modo sicuro per allargare le maglie del blocco sarebbe quello di ricorrere a test a tappeto sull'intera popolazione, alla tracciabilità dei contatti, all’isolamento e alla cura immediata delle persone infette, in modo da stroncare sul nascere la ripartenza dei focolai. Terreni su cui, però, si sono già verificate numerose criticità come la scarsa disponibilità dei tamponi. In generale, poi, i sistemi sanitari su base regionale hanno dato prova di una evidente gracilità strutturale, tutti più o meno provati da anni di eccessive privatizzazioni e di riduzione dei finanziamenti, quando non hanno palesemente contribuito ad aggravare la tragedia in corso come in Lombardia, con irresponsabili e letali direttive a testimoniare per intero l’incapacità di assicurare la regia degli interventi.
Se il governo guidato da Giuseppe Conte è chiamato a valutare con estrema attenzione tali indicazioni nelle scelte da compiere, perché mentre il sistema produttivo è allo stremo e reclama ad alta voce di riaccendere i motori non si può ignorare che si sono già registrati oltre 25.000 decessi e che non possono essere compiuti errori tali da azzerare i passi avanti compiuti, anche gli Enti locali devono fare la loro parte, interloquendo con la sfera nazionale e curando le ferite aperte nelle comunità di riferimento.
La rottura sociale è un rischio sempre più concreto
Ci sono poi in agguato i rischi di una drammatica rottura sociale. I provvedimenti economici e di sostegno al reddito, attuati con le manovre da 25 e 30 miliardi rese possibili grazie all’allentamento dei vincoli del patto di stabilità deciso dall’Europa, per quanto inediti e meritori sono stati poca cosa, insufficienti a stanare le povertà conclamate e a contrastare l’impoverimento incalzante. In maniera encomiabile ci stanno mettendo una parziale pezza le reti di solidarietà e mutualismo che sono nate nei quartieri, di piccoli centri come di grandi città. A Roma talvolta hanno trovato il punto di snodo negli Enti municipali e si sono dotate di molteplici strumenti comunicativi e operativi per rafforzare la coesione delle comunità locali. Nel medio periodo rischiano però di non bastare. La giunta Raggi non può continuare a lavarsene le mani, limitandosi a qualche apparizione saltuaria a uso e consumo dei mezzi d’informazione. Più si va avanti, più aumentano i disagi e le difficoltà diventano croniche, più aumenta la possibilità che le sacche socio-economiche di malessere esplosivo si moltiplichino e deflagrino. Da una parte è urgente che si dia respiro alle impagabili schiere di volontari con appoggi concreti e un’azione di coordinamento, dall’altra va reclamata a gran voce l’adozione di provvedimenti che vanno incontro a esigenze primarie: il blocco dei prezzi dei generi alimentari, la riduzione dei prezzi dei beni di prima necessità, la sospensione di mutui, affitti e bollette in forma massiccia, l’ampliamento dei fondi per la cassa integrazione di chi ha visto congelato il proprio lavoro, un reddito di base per tutti coloro che ne hanno bisogno.
Per una volta la giunta Raggi ci stupisca, avanzando dalla Capitale delle proposte importanti a tutela delle fasce meno garantite della popolazione e schierandosi decisamente dalla parte della solidarietà. Sarebbe almeno qualcosa, nel disastro generale di una gestione in cui è davvero difficile trovare qualcosa da salvare.
* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma