Roma
Cotral, Palozzi al presidente Colaceci: “Paghi le spese legali del processo”
Il consigliere regionale del Lazio ed ex presidente Cotral Spa, assolto dal tribunale, si scaglia contro i vertici dell'Azienda
Vicenda Cotral: dopo l'assoluzione in formula piena Adriano Palozzi, consigliere regionale del Lazio ed ex presidente dell'azienda accusato di aver favorito un dirigente amico, si scaglia contro l'attuale numero uno, Amalia Colaceci, rea di non voler pagare le spese legali del processo.
“Sono semplicemente sbalordito dal comportamento della Cotral Spa e, in particolar modo, dal suo presidente, l’avvocato Amalia Colaceci, la quale, tre anni fa presentò nei miei riguardi una denuncia per un presunto abuso d’ufficio, relativo ai tempi della mia presidenza a Cotral Spa – scrive Palozzi in una nota –. Una vicenda legale che mi ha profondamente segnato ma dalla quale sono uscito con assoluzione piena perché il fatto non sussiste, come da recente sentenza del tribunale penale di Roma, che ha pure imposto alla azienda regionale dei trasporti, il pagamento delle spese legali del processo. Spese legali che, come comunicato al mio avvocato, la Cotral Spa non riterrebbe di dover pagare, nascondendosi dietro inutili e infondati pretesti. Siamo di fronte a una vicenda assurda, dopo tre anni di processo ingiusto, in cui ho sopportato in silenzio danni morali e patrimoniali che evidentemente l’avvocato Colaceci, sempre pronta a solidarizzare con tutti, reputa invece di serie B”.
“Che la denuncia nei miei riguardi sia stata presentata dall’avvocato Colaceci presso la Procura della Repubblica, solamente per finalità politiche e non per reale esigenza di giustizia? - prosegue il consigliere regionale –. Il dubbio ci sorge piuttosto spontaneo se è vero, come è vero, che l’avvocato Colaceci, occupatasi in prima persona degli atti del processo ed evidentemente consapevole della totale infondatezza della sua denuncia, ora si rifiuta di onorare le spese legali, da me sostenute per la mia difesa in tribunale. Cara presidente Colaceci, è troppo comodo e per nulla democratico utilizzare lo schermo di una società pubblica per cercare di regolare i conti di carattere politico, infischiandosene di tutti i disagi umani e materiali derivanti dall’esercizio personalistico della propria funzione pubblica”.