Roma
Covid chiude i confini: Europa e Italia blindate. Crollate richieste d'asilo
Report 2020 della Fondazione Migrantes, in Italia il lockdown ha paralizzato le procedure d’asilo: registrati due terzi di richiedenti in meno rispetto al 2019
Europa e Italia sempre più blindate, con i confini chiusi ai richiedenti asilo anche a causa della pandemia Coronavirus. Ma le persone in fuga nel mondo sono sempre di più, una su 100 sta scappando, e la domanda di protezione globale cresce come non mai.
Sono i dati che emergono dal IV report su “Il diritto d’asilo”, curato dalla Fondazione Migrantes, presentato online questa mattina, 3 dicembre. Quello che ne emerge è il ritratto di un’Europa e di un’Italia sempre più chiuse ai richiedenti asilo, anche a causa della pandemia Coronavirus. E cresce la domanda globale di protezione dovuta a guerre, crisi, violazioni dei diritti, disuguaglianze economiche, mancato accesso al cibo o all’acqua, land grabbing, desertificazione, disastri ambientali e attacchi terroristici.
Proprio l’emergenza Covid-19 in corso, denunciano da Migrantes, ha fornito i pretesti per una serie di misure “difensive”. A iniziare dal Patto europeo per la migrazione e l’asilo, nel quale uno dei pochi obiettivi condivisi “non è tanto proteggere le persone costrette a fuggire o agire sulle cause che le obbligano alla partenza – si legge nel rapporto – ma farne entrare nel continente (e nel nostro Paese) il minor numero possibile”. Negli ultimi cinque anni sono entrati irregolarmente nel territorio dell’Ue circa 2 milioni di persone. Nello stesso periodo gli arrivi attraverso una forma di ammissione umanitaria sono stati circa 100mila solo il 5%. A fine settembre, solo 24 Paesi nel mondo risultano senza restrizioni all’ingresso correlate al Covid-19. In 77 si applicano restrizioni, sia pure con eccezioni per i richiedenti asilo: nell’elenco si trovano quasi tutti gli Stati europei, compresa l’Italia. In 72 Paesi – tra i quali Stati Uniti e Russia – l’accesso è invece negato. Su 22 Paesi non si hanno informazioni. Alla fine di maggio 2020 i Paesi con restrizioni all’accesso senza eccezioni per i richiedenti asilo sono arrivati a 100.
Per quanto riguarda l’Italia, i richiedenti asilo sono ai minimi degli ultimi anni: il lockdown della prima ondata di Covid-19 ha paralizzato per mesi anche le procedure d’asilo. Basti pensare che al 30 settembre sono stati registrati circa 16.855 richiedenti (dato provvisorio): due terzi rispetto allo stesso periodo nel 2019. Quest’anno poi fra i 10 Paesi d’origine con il maggior numero di richiedenti asilo in Italia, 4 sono tra i Paesi più insicuri al mondo: Pakistan, Nigeria, Venezuela e Somalia. Restrizioni e lockdown hanno pesato anche sulle richieste d’asilo nell’Unione europea: 196.620 mila fra gennaio e giugno, pari al – 31% rispetto allo stesso periodo 2019, quando l’Ue ha garantito protezione a 295.785 persone (status di rifugiato, protezione sussidiaria o umanitaria), con percentuali di riconoscimento molto basse: il 38% in sede di “prima istanza” e il 31% in “istanza finale”.
Il tasso di riconoscimento italiano in prima istanza è del 20%, sotto la media europea. Nei primi otto mesi del 2020 sono stati riconosciuti nel nostro Paese circa 5.900 benefici fra status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione speciale: ha ottenuto uno dei tre riconoscimenti appena un richiedente asilo su 5. Fra gli esiti delle richieste d’asilo in Commissione territoriale, nel 2020 hanno fatto il loro “esordio” i numeri della protezione speciale introdotta dal primo “decreto sicurezza” (che aveva abolito la protezione umanitaria, ora ripristinata). La protezione speciale è stata concessa a 616 richiedenti, vale a dire meno dell’1% di tutti quelli esaminati. Tra gennaio ed agosto 2020 ci sono state solo 204 concessioni.
Complessivamente, a fine settembre 2020 il totale di migranti, richiedenti asilo e rifugiati nei servizi di accoglienza italiani è di circa 82.100 persone, il valore più basso degli ultimi sei anni. Rispetto al valore massimo di fine 2017 (quasi 184.000 persone), oggi l’accoglienza si è più che dimezzata. Fra i “luoghi di accoglienza” nel 2020 sono da inserire anche le discusse navi quarantena anti Covid-19. A fine settembre erano già cinque, con oltre 2.200 migranti a bordo. Sono invece 562.000 a fine 2019 gli immigrati in situazione di irregolarità in Italia, secondo la stima dell’Ismu fornita dalla Fondazione Migrantes nel report.
Basso, nonostante tutte le difficoltà, il numero di casi positivi di coronavirus riscontrati nei centri d’accoglienza. Focolai significativi solo nei grandi Cas (Centri di accoglienza straordinaria) o in strutture per senza dimora.
I dati del report sono stati commentati ed analizzati dal vescovo Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes. “Non vogliamo vedere sempre più l’Unione europea e l’Italia come una sorta di fortezza che si deve proteggere da chi è stato più sfortunato ed è nato in un Paese diverso – spiega Di Tor – ma vogliamo che questo continente e questo Paese siano abitati da persone che ne testimonino concretamente, con politiche e pratiche, i valori fondamentali. In questi mesi in cui tutti abbiamo dovuto rinunciare a persone care, spostamenti ed abitudini consolidate stiamo anche avendo la possibilità preziosa di recuperare quel senso di precarietà e vulnerabilità che ci potrebbe rendere più facile capire cosa vuol dire perdere il proprio mondo dall’oggi al domani, perdere la capacità di fare piani e non essere più certi di quasi nulla. Bisogna rimuovere alcune delle arbitrarie ed ingiuste barriere che abbiamo posto. Bisogna dare a chi è in fuga canali legali di ingresso: stanno già rischiando la vita, non la devono rischiare una seconda volta per riuscire a mettersi in salvo. Dobbiamo ripartire da un nuovo spirito e da una nuova mentalità. Bisogna rimettere in gioco davvero la solidarietà reale, che sa tendere una mano e si dimostra capace di aiutare chi è in fuga.