Roma

Covid, il mistero delle visite a domicilio: nel Lazio “spariti” 40 mln di euro

Affaritaliani pubblica integralmente la lettera che il sindacato dei medici Cimo ha inviato via Pec all’assessore D'Amato sulla mancata istituzione delle Usca

Coronavirus, il mistero delle visite a domicilio: il Tar del Lazio ha vietato ai medici di base di effettuare le visite ai pazienti Covid perché spettavano ai medici delle Usca, le unità speciali istituite dal Governo. Ma nella regione guidata da Zingaretti solo 40 delle 118 unità necessarie sarebbero state create, per una spesa di circa 20 milioni di euro a fronte dei 60 stanziati da Conte.

A chiedere chiarimenti su come siano stati spesi i circa 40 milioni di euro non utilizzati sono i medici del sindacato Cimo tramite una lettera che il Coordinatore provinciale Vincenzio Bianco ha inviato via Pec il 24 novembre 2020 all'assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato, e che Affaritaliani.it pubblica di seguuito in maniera integrale.

 

Gent.mo Assessore Alessio D'Amato, in questi giorni drammatici per il Servizio Sanitario dove i contagi tra gli addetti al settore sono migliaia e i morti centinaia, si sta pagando un tributo elevatissimo. In generale il nostro Paese si attesta al 6 posto per mortalità a livello mondiale, e abbiamo letto moltissimo sulle Unità speciali in ambito domiciliare e della sentenza del TAR al riguardo.

Giova ricordarle che l’art. 8 del D. L.14/2020 ha previsto l’istituzione delle Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) in tutte le regioni entro il 20 marzo 2020. Tutte le regioni dovevano/devono istituire presso una sede di continuità assistenziale già esistente una Unità Speciale ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero.

Le USCA, secondo il legislatore, si devono occupare della gestione domiciliare dei pazienti attraverso il consulto telefonico, il consulto video, e attraverso le visite domiciliari di chi non necessita il ricovero ospedaliero. Tra i loro compiti c’è anche quello di effettuare i tamponi. Le unità speciali si occupano anche dei pazienti che sono stati ricoverati e che ora, dopo le dimissioni dall'ospedale, stanno meglio. Le Usca dovrebbero essere costituite da un numero di medici pari a quelli presenti nelle sedi di continuità assistenziale. Ogni unità può essere composta da medici titolari o supplenti di continuità assistenziali, medici che frequentano un corso di formazione specifico in medicina generale, e in alcuni casi anche da laureati in medicina abilitati e iscritti all’Ordine. A loro si aggiungono anche gli infermieri. Le USCA devono essere attive sette giorni su sette, dalle 8 alle 20 e ai medici per le attività svolte nell’ambito della stessa è riconosciuto un compenso lordo di 40 euro ad ora. I medici dell’unità speciale per lo svolgimento delle specifiche attività devono essere dotati di ricettario del Servizio sanitario nazionale, di idonei dispositivi di protezione individuale e seguire tutte le procedure già all’uopo prescritte.

Il governo precisa nella legge che si è deciso di istituire una nuova unità organizzativa al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire l’attività assistenziale ordinaria, il TAR non ha fatto altro che applicare la norma. Le Unità speciali sono attivate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta o dal medico di continuità assistenziale che, a seguito del triage telefonico, comunicano il nominativo e l’indirizzo dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero.

Le norme contenute nel D.L. 14/2020 sono poi confluite nella legge di conversione del D.L. 18/2020. Considerato il numero di abitanti nel Lazio (5,879 milioni), è quindi prevista la costituzione sul territorio regionale 118 unità USCA con un finanziamento di 60 milioni di euro. Visto che sono previste 118 unità, ciascuna dovrebbe ricevere poco più di 50 mila euro. I soldi stanziati dovrebbero essere utilizzati sia per coprire l’onorario dei medici (40 euro lordi l’ora) sia per fornire i beni necessari all’espletamento del servizio (tute, guanti, mascherine, tamponi, mezzi di trasporto). Il contratto di lavoro è trimestrale, prorogabile fino alla fine dell’emergenza.

Ci consenta di chiederle Quali sono i problemi organizzativi che hanno bloccato o ritardato l’attivazione delle USCA che ad oggi parrebbero attivate solo 40? Sono previsti degli audit indipendenti sulle cartelle cliniche domiciliari per i pazienti covid? E’ possibile conoscere come sono stati spesi ad oggi i soldi stanziati dal governo per attivazione delle USCA? Per quale motivo c'è questo fortissimo ritardo nella applicazione del D.L. 14/2020 come recentemente ha sentenziato nel merito il TAR Lazio? Un ulteriore dato che ci lascia profondamente costernati è la mortalità nella città di Roma che risulta aumentata nel mese corrente di oltre il 60% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Appare evidente che dopo il 20 marzo dovevano essere attivate le USCA secondo le linee indicate dal D.L. 14/2020: oggi con 118 unità domiciliari dedicate ai pazienti covid, non sarebbero stati convertiti i posti per acuti per altre patologia in ambito ospedaliero. In attesa di un Suo riscontro le inviamo cordiali saluti.

Coordinatore provinciale CIMO

24 novembre 2020

Dr Vincenzo Bianco