Roma

Covid Roma, privati in ginocchio: 80% delle imprese in crisi. Futuro sarà nero

Allarme della Federlazio: 8 imprese su 10 col fatturato in calo, un terzo con una riduzione superiore al 30%. Nei prossimi mesi un ulteriore peggioramento

Il Coronavirus mette in ginocchio anche i privati: l'80% delle piccole e medi imprese di Roma e del Lazio è in crisi, con un terzo di queste che ha visto crollare il proprio fatturato crollare di almeno il 30%. Il futuro poi sarà nero: nei prossimi mesi la situazione peggiorerà ulteriormente.

A lanciare l'allarme è la Federlazio che quest'anno, in considerazione della crisi sanitaria e della conseguente crisi economica causata dal Coronavirus, ha ritenuto opportuno modificare in maniera sostanziale i contenuti della consueta indagine congiunturale. Dall'analisi emerge che negli ultimi mesi le Pmi del Lazio hanno mostrato un andamento decisamente discontinuo: si è passati da una azione di grande “resistenza” per contrastare gli effetti del lockdown, ad una tiepida “ripresa” nelle settimane successive alla riapertura. Ora, per ovvi motivi, tra le Pmi regna una assoluta “incertezza”.

L’impatto del Coronavirus sulle attività aziendali

Il primo dato che emerge dall'indagine è che il sistema produttivo delle PMI del Lazio è stato colpito da una vera e propria tempesta: 8 imprese su 10 hanno accusato una riduzione del fatturato, tra queste più di un terzo (34%) ha registrato una riduzione superiore al 30%, circa il 27% è riuscito a “mantenere la rotta” (stabilità o leggera riduzione) ed il 7% una crescita. In particolare quelle che sono riuscite a resistere meglio appartengono ai settori servizi e logistica (37%), industria manifatturiera (23%), edilizia e impiantistica (17%), commercio e distribuzione alimentare (13%). La totalità delle imprese si è dotata di sistemi di protezione, DPI e per 7 su 10 i costi sostenuti sono stati attorno al 5% delle spese correnti. Il 50% delle PMI è ricorsa allo smart working. Passando all’occupazione la situazione risulta in peggioramento.

Infine, 7 aziende su 10 sono ricorse alla Cassa Integrazione Guadagni. Rimangono tuttavia molti interrogativi e preoccupazioni riguardo alla tenuta dei livelli occupazionali successivi al possibile sblocco dei licenziamenti. Riguardo l’accesso alle misure finanziarie di sostegno, più della metà delle aziende (51%) ne ha fatto richiesta. Per quanto riguarda le procedure, il 53,2% ha dichiarato di aver incontrato difficoltà nella presentazione delle domande. Le maggiori criticità si sono riscontrate nei tempi di risposta degli istituti bancari giudicati troppo lunghi (dal 34,2%).

Le aspettative future: per oltre la metà delle imprese sarà nero

Il 55% delle imprese prevede ancora una riduzione del proprio fatturato nei prossimi mesi, il 18% un forte calo, mentre il 23% ha dichiarato che sarebbe possibile una crescita. Il 79,9% degli imprenditori dimostra una certa fiducia nella possibilità che la propria azienda possa tornare a una situazione di “normalità” entro un anno: il 22% prospetta un aumento della domanda interna, il 10% delle commesse pubbliche, il 18% dell’export.

Sul futuro della propria azienda il 61% delle aziende dovrebbe ritrovare stabilità mantenendo gli stessi livelli occupazionali mentre il 9,1% con una riduzione degli addetti, il 7% ipotizza trasformazioni radicali nel modello di business, il 3,2% teme di chiudere la propria attività. 

Prima dell’incremento dei contagi della seconda ondata, gli imprenditori hanno espresso fiducia nel ritorno alla normalità della propria azienda: il 79,5% ritenevano che ciò potesse accadere tra i sei mesi ed un anno. Riguardo alla ripresa del Paese, le prospettive sono risultate meno favorevoli: il 55,9% dichiaravano che ci vorranno almeno due anni, mentre il 13,4% ritenevano che non si tornerà più alla situazione pre-covid.

Alla domanda se “Una crisi così grave potrebbe contribuire anche a far emergere cambiamenti operativi e organizzativi utili e positivi nel futuro dell’azienda”, il 59% degli imprenditori si dichiara favorevole. E’ stato chiesto, poi, su quali aree intervenire per migliorare l’operatività aziendale: il 72,8% prospetta modifiche nei processi produttivi guidati dall’innovazione tecnologica, il 51,1% dei sistemi di sicurezza.

E’ stata, infine, rilevata la predisposizione verso il consolidamento del lavoro a distanza (26%) e dei processi di digitalizzazione (58%).

Queste le principali misure indicate dagli imprenditori per il rilancio delle attività aziendali: riduzione del cuneo fiscale (73,4%), riduzione delle tasse sull’attività d’impresa (66,2%), sostegno agli investimenti delle imprese (53,9%). Le principali misure necessarie per il rilancio del Paese sono invece indicate in: riduzione degli adempimenti burocratici (72,3%), riduzione delle tasse per cittadini e imprese (65,2%), piano di ammodernamento infrastrutturale (45,8%), investimenti nella Scuola, Università e Formazione Professionale (32,3%).

“Quanto accaduto nei mesi scorsi nel nostro Paese ci ha proiettato improvvisamente dentro un incubo: l’emergenza, nata come sanitaria, è diventata subito anche economica. Uno stress senza precedenti per il nostro sistema produttivo. Il Governo ha messo in campo alcune misure emergenziali che hanno rappresentato un primo aiuto, misure tra l’altro non esenti da limiti e ritardi. Un primo passo importante, ma quello che ora ci aspettiamo è un intervento forte, poderoso, incisivo delle Istituzioni finanziarie e politiche dell’Unione Europea, senza le quali sarà difficile, se non impossibile, che il nostro Paese possa risollevarsi. Un elemento di conforto rilevato dalla nostra indagine (dato rilevato prima della seconda fase della pandemia) è la reazione avuta dalle nostre imprese: la maggior parte è convinta che si possa, nonostante tutto, tornare alla normalità e hanno ricominciato subito a lavorare a ‘testa bassa’. E’ però evidente che il nostro Paese non può più aspettare a dotarsi di una vera politica industriale, per capire e programmare dove vogliamo andare da qui ai prossimi anni. Siamo di fronte ad una sfida irrinunciabile che non può essere sostenuta esclusivamente attraverso l’impegno e la volontà di rilancio del tessuto imprenditoriale. Noi abbiamo fatto la nostra parte, auspichiamo che il Governo faccia altrettanto”., dichiara il presidente di Federlazio, Silvio Rossignoli.

“Il quadro che emerge dalla nostra indagine, come potevamo immaginare, è molto difficile: crollo degli ordinativi, del fatturato, della produzione, dell’export, dell’occupazione come non si erano mai registrati. La pandemia ha sicuramente accelerato i processi di implementazione della digitalizzazione all’interno delle imprese e le priorità di intervento devono quindi puntare sulla diffusione massiccia di soluzioni che consentano di realizzare in sicurezza tutte quelle attività messe a dura prova dal Covid: internet veloce, IoT, Blockchain, Sicurezza informatica, Big Data. Soluzioni con le quali molti hanno iniziato ad approcciare da poco, ma che guideranno i percorsi di sviluppo nel prossimo futuro. Anche le Associazioni imprenditoriali devono fare la loro parte. Federlazio già durante il lockdown dei mesi scorsi si è attrezzata da subito per offrire quotidianamente supporto concreto alle aziende. Un impegno grande che ha permesso alle imprese di ricevere supporto immediato, ma anche la possibilità di non sentirsi sole in una situazione generalizzata che faceva propendere al panico. Oggi stiamo rafforzando ancora più la nostra struttura per non farci trovare impreparati su possibili nuovi scenari di lockdown e consentire quindi agli imprenditori di contare sempre su un supporto e una guida per non perdere la giusta direzione”, ha aggiunto il direttore generale di Federlazio, Luciano Mocci.

L’indagine, realizzata grazie al contributo della Camera di Commercio di Roma, è stata condotta mediante questionario online rivolto ad un campione di 450 imprese. Il report si riferisce al periodo gennaio/luglio 2020, quindi antecedente alla drammatica odierna ripresa dei contagi.