Roma
Crediti d'imposta fasulli per 190 mln: compravano e vendevano la stessa casa
Maxi sequestro di beni da 43 mln della Gdf. Al centro dell'evasione un commercialista romano che gestiva diverse società tramite prestanome
Un commercialista furbetto, due tecnici compiacenti e un notaio che rogitava atti davanti ad una sola persona che vendeva e acquistava lo stesso immobile intestandolo a società controllate: un giro d'affari che ha portato ad un credito d'imposta pari a 190 milioni di euro: una maxi frode.
Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno eseguito il decreto di sequestro preventivo, emesso dal G.I.P. del locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica capitolina, per i beni di 20 società e 15 persone fisiche per un valore complessivo di oltre 43 milioni di euro.
L’importo della misura cautelare corrisponde al totale delle imposte evase da decine di imprese operanti a Roma e provincia, per lo più nei settori dei servizi alberghieri e della logistica.
Le indagini, condotte dal II Gruppo Tutela Entrate del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, hanno consentito di disvelare, anche valorizzando le risultanze delle attività ispettive eseguite dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di alcuni dei soggetti coinvolti, un ampio meccanismo fraudolento che, in pochi anni, ha generato un ingente danno per l’Erario.
Figura centrale e artefice del sistema un commercialista operante a Roma che, coadiuvato da altri due professionisti compiacenti, ha gestito una moltitudine di imprese intestate a prestanome. Queste ultime, attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un valore di circa 190 milioni di euro, hanno generato crediti di imposta fittizi, poi utilizzati per neutralizzare i rilevanti debiti di natura contributiva nei confronti dell’INPS e fiscale per le ritenute d’imposta, derivanti dal numeroso personale dipendente.
In particolare, il credito veniva maturato simulando la compravendita di immobili mediante la stipulati di atti connotati da vistose anomalie: i beni venivano ceduti, più volte e in un arco di tempo ridotto, da una società all’altra del gruppo; i corrispettivi dichiarati, di volta in volta crescenti e ormai sensibilmente superiori al valore di mercato, non risultavano effettivamente pagati; davanti al notaio, era talvolta presente una sola persona, che rappresentava sia la parte venditrice che quella acquirente.
Gli elementi di prova raccolti nel corso delle investigazioni coordinate dalla Procura capitolina hanno consentito l’emissione del provvedimento cautelare reale in base al quale sono stati sequestrati le disponibilità finanziarie delle società, nonché i conti correnti, gli immobili e gli automezzi di proprietà di tutte le persone coinvolte nella frode.