Roma

Crisi M5S al XI Municipio: “La riscossa di Roma parte proprio dai Municipi”

Nonostante l'M5S sia in crisi, Roma può rinascere grazie ai Municipi. L'opinione di Andrea Catarci

di Andrea Catarci *

Con la caduta del Municipio Roma XI salta la terza giunta grillina, mettendo in evidenza i disastri locali combinati da metà 2016 a oggi, all’interno del fallimento complessivo nell'amministrazione di Roma Capitale.

Da quando è Sindaca Virginia Raggi, il M5S ha vinto solo nel Municipio Roma X, peraltro dilapidando una consistente mole di consensi rispetto alle vicine comunali. Nel giro di due anni si sono poi dissolte le maggioranze M5S dei Municipi Roma III e VIII dove, alle urne, hanno prevalso nettamente le coalizioni progressiste, guidate dalle figure indipendenti di Giovanni Caudo e Amedeo Ciaccheri.

I Municipi di oggi…

Allo stato dell’arte, dove non hanno concluso anticipatamente la consiliatura, gli esponenti del M5S si fanno notare per l’accanimento contro esperienze e servizi preziosi per la città. L’ultima manifestazione di distruttività, da questo punto di vista, si è avuta a Centocelle, la scorsa settimana. Dal 2014 era operativo “L’alveare”, un progetto innovativo con coworking e spazio baby per bambini dai 4 mesi ai 3 anni, pensato per consentire alle madri lavoratrici di riprendere gradualmente la propria attività dopo l’arrivo di un bebè. Negli anni si è affermato come punto di incontro per genitori, famiglie e persone del quartiere, ha lavorato in rete con le associazioni del territorio, ha stretto accordi di collaborazione con le università, ha destato la curiosità di numerosi media ed è stato oggetto di diverse ricerche universitarie. Ciò non è bastato e, la scorsa settimana, le giovani donne della cooperativa sono state costrette a fare gli scatoloni e a restituire le chiavi dei locali, che avevano avuto in assegnazione dalla giunta Marino e che avevano debitamente ristrutturato e attrezzato a proprie spese. Prima sono arrivate le intimazioni ad andarsene del Municipio Roma V, poi è toccato ai vigili urbani mettere i sigilli a porte e finestre, azzerando sogni e pratiche di produzione di reddito, percorsi di autonomia e suoni gioiosi dell’infanzia. Le stanze di via Facchinetti sono tornate a essere inutili e vuote, nell’affermazione ipocrita di una legalità tutta formale, come avviene per tanti altri stabili di proprietà comunale.

Gli stessi esponenti del M5S, al contrario, non si fanno notare laddove ci sarebbe bisogno di loro, cioè nei quartieri in cui monta la rabbia per l’arrivo – reale o presunto – di qualche famiglia rom, come successo a Torre Maura, a Casal Bruciato e a Casalotti. A scatenarla ci sono certamente gli innumerevoli problemi dei quartieri, simili in tanta parte della nostra città, ci sono gli abitanti in preda alle solitudini crescenti, che avvertono di essere scalzati dall'ultimo posto della classifica sociale, ci sono le falle di una politica dell'accoglienza che non funziona. Ad alimentare le intolleranze e le guerre tra poveri, però, contribuiscono almeno altri due fattori. Da una parte c’è l'impunità di cui godono i militanti di estrema destra, che vanno in trasferta a giocare alla rivolta e a incendiare qualche cassonetto, a calpestare il pane e ad augurare la morte per fame: come già accaduto in passato a Tor Sapienza e a Tiburtino III, sono loro ad arrivare per primi all’ex clinica di Torre Maura e per secondi alla casa popolare di Casal Bruciato – dopo i consiglieri di Fratelli d’Italia -, mettendo a frutto le conoscenze che evidentemente hanno mantenuto all’interno del dipartimento comunale alle politiche abitative e al patrimonio, che ai tempi di Alemanno era diretto da Raffaele Marra. Dall’altra c’è la latitanza delle istituzioni municipali, che ad ogni episodio si dimostrano incapaci di gesti e parole significative, rinunciano a svolgere il loro ruolo di guida delle comunità territoriale: nel migliore dei casi sono invisibili, nel peggiore sono ambigue verso i portatori dei peggiori istinti e strizzano l’occhio al consenso sporco.

…e quelli di domani

Sembrano lontani anni luce i tempi in cui gli Enti municipali reclamavano un protagonismo maggiore e si mettevano a presidiare, politicamente e fisicamente, lo stato di salute dei loro quartieri, da avamposto civile delle comunità locali. Almeno da questo punto di vista, però, Roma in parte sta già cambiando, con quattro Municipi su quindici che attualmente sono guidati dallo schieramento progressista e con quello di Portuense, Magliana e Corviale che potrebbe diventare il quinto, dovendo attraversare le secche del commissariamento e andare a nuove elezioni. Subiscono anch’essi il malgoverno generale dell’amministrazione Raggi ma possono inaugurare lo stesso un nuovo corso, politico e amministrativo: oltre a rappresentare già l’alternativa di governo al M5S, infatti, i presidenti municipali e le loro squadre sono pienamente consapevoli di quanto sia urgente rivedere la macchina amministrativa capitolina, strutturando i Comuni urbani e lasciando al Campidoglio una funzione di indirizzo. Senza un tale adeguamento, nessun sindaco e nessuna maggioranza potranno riuscire nel miracolo di rendere efficiente l’amministrazione e affrontare davvero gli enormi problemi di Roma.

* Andrea Catarci, Movimento civico