Roma
Da politici a cacciatori di like. Elezioni 2016, guida alla vittoria
di Alberto Berlini
Trasformare i like in voti. Ed è proprio nell'agorà del web, siano essi social network o semplici siti di movimenti cresciuti dal basso che si giocherà la prossima campagna elettorale.
“In tal senso il peso di strumenti più tradizionali come la cartellonistica, manifesti e "santini" verranno ridimensionati nelle prossime campagne di comunicazione politica”, spiega ad Affaritalianit.it Giovanni Boccia Artieri, uno dei massimi esperti italiani di nuovi media e docente all'università di Urbino.
“Abbiamo recentemente visto come una parte di opinione pubblica non rappresentata immediatamente dai mass media abbia preso “voice” sul caso delle dimissioni del sindaco Marino a Roma attraverso l’uso dei social media. E abbiamo visto come l’emergere di una strategia del consenso online abbia collassato con l’esperienza di piazza, trasformando i like in volti di manifestanti a sostegno di Ignazio Marino.
In tal senso le prossime campagne vedranno sempre di più crescere questa interazione fra il web e la piazza, tra una visibilità di contenuti di campagna e di supporto attraverso hashatg e il riempimento di spazi pubblici a supporto di iniziative o nell’autoproclamazione di iniziative da parte di cittadini-attivisti. Il peso di strumenti più tradizionali come la cartellonistica verranno ridimensionati, anche in nome di una politica che vuole ostentare meno se stessa e lanciare un messaggio più etico. La presenza di esponenti del M5S in tal senso costruirà una cartina di tornasole efficace”.
Un addio alla vecchia comuncazione politica, cosa cambia?
“Ci troveremo probabilmente di fronte ad una crescita della diffusione di video dei candidati sui diversi canali social network, con strategie di circolazione adatte a viralizzarli in modo da raggiungere nicchie di cittadini, toccati da tematiche specifiche”.
Parliamo anche di costi, quanto deve essere strutturata una campagna, penso ad esempio post sponsorizzati sui social media più popolari. È possibile ipotizzare uno spostamento dei budget fissati dei partiti e movimenti dalle campagne off line alle campagne on-line?
“I costi per la sponsorizzazione di contenuti online sono straordinariamente contenuti rispetto ai costi tradizionali della campagna politica. Dipende ovviamente dagli obiettivi, ma la circolazione di un contenuto garantisce anche la messa in connessione di persone attorno ad un candidato. I veri costi staranno nell’investire in consulenti politici esperti di campagne con il digitale, non solo digitali ma, appunto, con il digitale. Capaci ad esempio di implementare l’analisi dei dati (Big Data) nelle strategie qualitative di contatto one to one (small data)”.
È possibile quantificare quale tipo di benefici in materia di interazione con l utente elettore possa avere una campagna svolta on-line?
“L’articolazione di un rapporto tra online e porta a porta ha un valore straordinario oggi. L’online consente di consolidare gli attivisti, di creare un rapporto forte tra community (online) e comunità (off line, nel territorio); ma consente anche di individuare potenziali elettori, simpatizzanti, iscritti a mailing list o partecipanti a discussioni attorno ad hashtag o che commentano pagine del candidato. E’ la visibilità che si trasforma in valore”.
Quali sono i possibili strumenti? penso, ad esempio, al uso dei sondaggi anche all'interno di Twitter come recentemente implementato dal social network americano.
“Il digitale è radicamento territoriale. Pagine che si rivolgono al locale di Facebook sono una buona piattaforma di endorsement”.
Alla luce dell'agenda setting specifica di un media online e rispetto ad un media tradizionale, quanto una campagna web-based può davvero spostare voti in una elezione amministrativa dove i valori in campo sono quanto di più tocca materialmente la vita del singolo cittadino?
“Abbiamo spesso questa idea che i social network si occupino della politica nazionale, di operazione di branding politico e per un certo versante è così: Renzi su Twitter o Salvini su Facebook, per parlare dei loro due canali preferiti, producono contenuti che strizzano l’occhio ai giornalisti ed ai media e non tanto ai loro elettori. Ma il valore locale della politica si radica nei social network che sono oggi di quanto abbiamo di più potente per mettere in relazione territorio e valori, community e comunità”.
Possono davvero i social media catturare il malcontento e trasformarlo in proposte di governo? E con quali mezzi e strumenti?
“Il disagio, il malcontento per alcune caratteristiche della propria città – e penso a Roma e Milano come realtà sì locali ma con un tessuto sociale variegato e complesso da aree metropolitane - trovano in Rete oggi spazi per dare voce al dissenso (pensiamo alla pagina Roma fa schifo, per esemplificare), mostrano gruppi e istanze”.
È, infine, possibile immaginare alla nascita di nuovi strumenti o strutture che possono sostituirsi come arene digitali o saranno ancora le piazze ad essere la cartina tornasole della forza di un partito o di un movimento?
“Fare comunicazione politica significa non solo dire online ma ascoltare online. I like non sono voti e promuovere slogan/hashtag non significa avere un progetto politico. Ma è vero che attraverso l’online è possibile connettersi con i propri elettori in modi più personali e, soprattutto, metterli in connessione tra loro, significa sperimentare nuove possibilità di micro-finanziamento (online fundraising), mostrare ad ognuno che il proprio impegno per il candidato ha un valore. Fosse anche solo quello di donare 2 euro e condividere contenuti alle proprie reti sociali. La piazza non sparisce, ma sarà sempre meno gestita solo dall’alto. Sarà sempre più il punto di arrivo di un percorso cominciato altrove (online)”.
Giovanni Boccia Artieri è docente di sociologia dei media digitali Università di Urbino Carlo Bo, coordinatore del Corso di Laurea in Informazione Media Pubblicità, autore di “Gli effetti sociali del web”, edito da Franco Angeli.