Danza ipnotica al “Giardino ritrovato”: Palazzo Venezia ospita Hekla
Appuntamento con Fabrizio Favale e la compagnia Le Suplici martedì 22 agosto
Danza ipnotica a Palazzo Venezia, in scena al “Giardino Ritrovato” arriva Hekla.
Nuova puntata della rassegna “Il Giardino Ritrovato”, promossa e organizzata dal Polo Museale del Lazio. L'iniziativa rientra nell'ambito di Artcity Estate 2017, un progetto che unisce oltre 100 iniziative culturali tra arte, letteratura, musica, teatro e danza. In questo contesto arriva in scena nel giardino di Palazzo Venezia, il 22 agosto alle 21, “Hekla”, uno spettacolo a firma della compagnia Le Suplici di Fabrizio Favale. Hekla è uno dei lavori più recenti del coreografo, geometrico ed ipnotico nel linguaggio inedito ed originale dei suoi danzatori. Un'iniziativa straordinaria che rientra nel ricco programma di Artcity, che coprirà l'intera estate 2017 con spettacoli e mostre fino al 21 settembre. "La scelta della rassegna di quest’anno, curata dal direttore del Museo di Palazzo Venezia Sonia Martone e da Anna Selvi, direttore dell’ufficio per il teatro e per la danza del Polo Museale del Lazio, con la collaborazione di Davide Latella - spiega una nota - punta sulla dimensione internazionale e sulla commistione tra diversi registri espressivi oltre che un occhio attento all’infanzia e adolescenza. È nella direzione di una classicità rivitalizzata da una estetica contemporanea che si è inteso realizzare questa seconda edizione di eventi artistici. Nomi di indiscusso prestigio a livello europeo e mondiale si affacciano sul palcoscenico dei Giardini portando alla conoscenza dello spettatore le loro opere più preziose che sono state già insignite di premi da parte della critica e del pubblico. Ogni sera, lo spettatore potrà sintonizzarsi con “un’opera d’arte in movimento”, che attraverso i diversi linguaggi – danza, parola, musica, video – ha l’ambizione di portare una consapevolezza maggiore sulla nostra epoca, dialogando con la tradizione e offrendo una salda grammatica dei sentimenti.
Hekla, nel voler mettere a fuoco l’andare verso un punto d’approdo, sia spettacolare che metaforico, verso un punto mitico/geografico chiamato Circeo, si ridisegna in una parabola di allontanamento fino a immaginare di toccare un altro punto geografico e altrettanto mitico: Hekla. In un orizzonte esteso e privo di riferimenti, antartico, incantatorio, i danzatori affondano pienamente in un universo leggero e cangiante, fatto della pura ricercatezza e complessità del movimento, come in un ricamo senza fine. Nell'incertezza tra il mentale e il fattuale, il notturno e il diurno, i danzatori parlano un linguaggio che sembra non appartenere più a noi, ma un mare tempestoso. Il lavoro presenta un ulteriore sequenza di azioni, che avvengono parallelamente alla struttura danzata, influenzandone costantemente il mood e le atmosfere spaziali. Queste azioni si articolano perlopiù ai lati della zona performativa, nella penombra o oscurità, e hanno a che fare con elettricità, con cambiamenti luminosi e bagliori, con l'uso di strumentazioni da vulcanologia, blocchi di ghiaccio, roccia, carbone, profili di animali non chiaramente identificabili. Queste azioni creano atmosfere, a metà strada fra qualcosa di basilare/arcaico e tecnologico/strumentale, che dall'ombra influenzano ciò che sostanzialmente è uno spettacolo basato sul puro movimento".