Roma
Delitto ai Parioli, dipendente Ama pubblica la foto delle gambe nel cassonetto
Selvaggia Lucarelli denuncia il caso: “Un pretesto per ridere col branco”
Un dipendente Ama ha pubblicato su Facebook la foto delle gambe della vittima del delitto ai Parioli. I resti del suo corpo erano stati rinvenuti nei cassonetti vicino alla caserma di via Guido Reni.
Non si è fatto problemi morali né etici il lavoratore di Ama che ha diffuso in un gruppo chiuso di Facebook le foto dei pezzi di cadavere di Nicoletta Diotallevi rinvenuti tra la spazzatura a Roma Nord. L'uomo prende in giro l'assassino, Maurizio Diotallevi, fratello della vittima, e ricorda i tempi biblici di Ama per la raccolta rifiuti. “Gettare pezzi di cadavere in un cassonetto dietro la caserma del reparto volanti di Roma, pur sapendo che l'Ama svuota i secchioni quando cazzo je pare... Ma quanto sei coglione?”, scrive nel post in cui allega la fotografia. Se da un lato mostra di non avere il minimo rispetto per la donna uccisa, dall'altro insulta pure l'azienda per cui lavora. La foto incriminata, che l'uomo dichiara di aver ricevuto da un agente di polizia, è stata diffusa sul web dalla giornalista Selvaggia Lucarelli, che dopo essere stata presa di mira da amministratori e membri di diversi gruppi Facebook dediti al bullismo online, ha fatto della caccia ai leoni da tastiera il suo baluardo. “Quelle gambe non sono il corpo di una poveretta morta ammazzata, no, sono un pretesto per ridere col branco”, scrive la Lucarelli in un lungo post in cui spiega chi gestisce questo tipo di pagine sui social network e come funzionano. “Eccolo qui il danno di questi gruppi: la perdita della percezione della realtà. L'idea che il web sia una zona franca, un mondo parallelo”, continua la giornalista che racconta come il dipendente Ama non solo ha ignorato i messaggi privati in cui lei gli faceva notare la mancanza di tatto e rispetto nei confronti di una donna morta ammazzata, ma l'ha addirittura insultata pubblicamente sulla stessa pagina in cui era comparsa la foto. Tra gli altri commenti qualcuno, forse minimizzando il significato delle parole aggiunge: “Qualcuno je spari". La Lucarelli ha così deciso di pubblicare nomi e cognomi dei responsabili di questa sporca vicenda perché almeno nel mondo reale siano costretti a fare i conti con la responsabilità di ciò che hanno scritto e condiviso.