Disabile grave abbandonato dalla Regione. 50mila firme per “i Mario” del Lazio
Roma, disabile abbandonato dai servizi sociali. Il Centro per disabili: “Troppo faticoso assisterlo e giocarci. Tenetevelo a casa”
di Valentina Renzopaoli
Disabili abbandonati dalla sanità pubblica e dalla Regione, costretti agli arresti domiciliari
Mario ha 28 anni, vive a Roma nel quartiere Vescovio. Mario è un ragazzo disabile grave, affetto da tetraparesi spastica dopo una ischemia alla nascita, e necessita di assistenza h24 perché non è in grado di gestire il suo spazio e il suo tempo: mangia da solo, ma bisogna controllare che non si ingozzi; controlla gli sfinteri, va in bagno, ma non sa né pulirsi né lavarsi, non sa vestirsi da solo.
Soprattutto Mario, come tanti Mario a Roma e nel Lazio, ha bisogno di spazi dove stare, giocare, ascoltare musica e imparare. Ma questi spazi non ci sono. Non ci sono per lui e non ci per gli altri. Lo scorso settembre è stato allontanato dal centro diurno nel quale era seguito: assisterlo e giocarci era troppo complicato e così, nonostante la struttura fosse convenzionata con la Regione, gli operatori lo hanno rimandato a casa.
La mamma di Mario, Elena Improta, che da anni lotta per i diritti dei disabili, lo scorso 28 dicembre ha lanciato una petizione per chiedere una vita serena per suo figlio e ha raccolto una valanga di firme. Cinquantamila persone hanno raccolto il suo grido e la montagna di fogli sarà consegnata nelle mani del presidente della Regione Lazio lunedì prossimo 22 gennaio.
“Considerate le difficoltà che vivono costantemente, nel silenzio, i ragazzi come Mario e le loro famiglie, il mio sciopero della fame non è nulla. Voglio risposte reali, non mi bastano più le promesse. Il diritto all’assistenza deve essere garantito mentre c’è chi ha rinunciato ormai a rivendicarlo. E’ anche per loro che protesto”, spiega Elena Improta, da diversi giorni in sciopero della fame per protesta e per una battaglia che riguarda centinaia di famiglie.
L'assistenza domiciliare indiretta è già attiva per 4 ore al giorno, ma Mario ha il diritto di stare anche - dopo il percorso scolastico e 7 anni di lista di attesa - in un Centro Diurno ex art. 26. Nel novembre del 2015 la famiglia era riuscita a farlo inserire dalla ASL presso il Centro Don Orione di Roma alla Camilluccia, ma il periodo di permanenza è stato breve.
La donna spiega: “Il 26 settembre 2017 lo Staff del Don Orione ci ha comunicato che per loro il progetto si concludeva (progetto di tre ore e mezzo dal lunedì al venerdì 9-12:30) in quanto era troppo complicato assisterlo, giocarci: non trovavano più operatori disponibili a stare con lui. Nonostante sia la Regione a dare soldi a questi Centri per disabili, lo hanno allontanato dicendoci "tenetevelo a casa". La ASL, presente all'incontro, non ha battuto ciglio, ha preso atto e adesso stiamo lottando perché gli venga riconosciuto nuovamente il diritto a queste 4 ore, scarse, di assistenza diurna in un nuovo Centro della Regione o in uno spazio socio educativo diurno del Comune/Municipio”.
Elena segue suo figlio, continuando lo sciopero della fame, dialoga con le istituzioni a cui non pone solo la questione, ma offre anche soluzioni. “Ho assemblato una ipotesi di progetto per la realizzazione di un Centro Diurno socio-educativo nel Municipio 2, aperto ai giovani adulti con disabilità non inseriti in Diurni Sanitari ex art.26, eventualmente da replicare anche su altri territori del Comune di Roma. Ho preso contatti con le Cooperative del Municipio 2 per chiedere loro collaborazione e condivisione per trovare soluzioni sostenibili. Intanto aspettiamo una risposta dal Don Guanella a cui abbiamo inviato moduli vari e visiteremo un altro centro. Mario continua a essere agli "arresti domiciliari", assistito da operatori che la famiglia suo malgrado è obbligata a pagare. Dopo essere stato cacciato dal Centro, ha perso sia il diritto alla cura e alla socializzazione, sia il diritto ad un sostegno economico. In queste condizioni ci sono decine di ragazze e ragazzi su ogni territorio del Comune e della Regione.”
Prosegue Elena: “Io continuo la mia protesta non violenta. Per Mario forse non cambierà nulla, ma spero possa finalmente essere modificato il decreto sull'accreditamento dei Centri Diurni ex art. 26, in modo tale che venga restituito potere alle ASL circa gli inserimenti dei nostri ragazzi ed eventuali sospensioni di progetti riabilitativi. Soprattutto spero che nascano in futuro queste chimere: i centri diurni di socializzazione per giovani adulti con disabilità, almeno 1 per Municipio. Luoghi dove intraprendere percorsi socio educativi post diploma “dedicati”. Il mio sogno, comune ad altre famiglie, è che si creino degli spazi nei quali i nostri figli possano continuare a sviluppare le loro autonomie e a costruire il loro futuro anche occupazionale. Andare oltre il concetto di assistenza socio sanitaria che vede nei ragazzi come Mario solo dei pazienti da curare. L’obiettivo da costruire insieme è considerarli uomini e donne da sostenere e supportare in progetti che prevedano pure laboratori di arte, di musica, di agricoltura sociale, di gestione dell’affettività e della sessualità, senza trascurare l’esigenza di divertirsi. Bisogna lavorare, anche in collaborazione con i centri ex art 26 per prevedere ambiti allargati di intervento presso scuole, fattorie sociali, realtà territoriali aperte ad una vera e dignitosa inclusione.”
Negli ultimi giorni dell’anno Mario ha scritto con una sua operatrice: “Mamma è triste per me, sono andato via dal centro e ora devo stare a casa. Mamma è triste per me e non mi piace. Io voglio solo amici e stare in compagnia”.
L'appuntamento è per lunedì 22 gennaio alle ore 10:00 appuntamento in Via di Tor Fiorenza 13, a casa di Mario, per andare, insieme alle famiglie, ai rappresentanti di associazioni e cooperative coinvolte, a consegnare le firme negli uffici della Regione Lazio.