Donne, 1,5 mln dà lavoro a 3 mln di persone. L'intervento di Sara Manfuso
di Sara Manfuso *
Sono quasi un milione e mezzo le donne che ogni giorno, superando gli stereotipi di chi le vorrebbe relegate esclusivamente alla gestione della famiglia, dirigono con tenacia la propria attività imprenditoriale, fornendo lavoro a quasi tre milioni di persone.
Negli ultimi cinquant’anni sono state le donne a costituire la componente più dinamica e innovativa della società italiana. Un dinamismo confermato anche dai dati degli ultimi anni: tra il 2010 e il 2015, nonostante la crisi economica, sono nate 35mila nuove imprese a guida femminile, con un tasso di crescita del 3,1%, a fronte del +0,5% degli imprenditori uomini. Emergono, in altre parole, un profondo desiderio e un intenso coraggio di mettersi in gioco, spesso proprio per superare le difficoltà di entrare nel mercato del lavoro come lavoratrici dipendenti. Ancora tante donne, però, sono costrette a compiere delle rinunce: “O lavoro o famiglia”, è il monito che ancora oggi risuona in molti contesti sociali e familiari e in alcune zone del nostro territorio. Spetta alla politica, di qualunque colore o genere, disegnare strumenti in grado di facilitare l’espressione di questo grande potenziale femminile (dagli incentivi alle imprese “rosa” agli investimenti sugli asili nido). Un tema che riguarda anche le giovani donne. L’Unione Europea presenta oggi il tasso di disoccupazione giovanile più elevato rispetto a qualsiasi altra area del mondo, se si escludono il Nord Africa e il Medio Oriente, e i cambiamenti indotti dalla crisi economica più lunga e intensa dal secondo dopoguerra a oggi hanno provocato mutamenti radicali e senza precedenti, mettendo a rischio il benessere – e il futuro - di un’intera generazione.
L'accesso al mondo del lavoro
La difficoltà di accesso al mondo del lavoro accumuna i giovani uomini e le giovani donne, ma le ragazze scontano criticità ancor maggiori. Le donne italiane, come rilevato recentemente da Job24, ottengono risultati più brillanti lungo tutto il percorso formativo e in quasi tutti gli indirizzi di studio rispetto ai colleghi maschi e questo succede già alla scuola media inferiore: all'esame il 38% delle ragazze contro il 29% dei ragazzi ottiene 9 (su 10) o più. Alle superiori, il voto medio di diploma è 78,3/100 per le ragazze contro 75,2 dei ragazzi. Le studentesse si applicano di più - il 39% dedica allo studio e ai compiti a casa più di 15 ore settimanali contro il 16% dei maschi e fanno più esperienze internazionali: il 41% contro il 28%. Il 20% delle ragazze svolge attività di volontariato, contro il 14% dei ragazzi. Il 75% delle ragazze prosegue gli studi contro il 61% dei ragazzi, soprattutto all'Università dove tra i laureati del 2015, dove è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (60%), la quota delle donne che si laureano è del 48% contro il 44% degli uomini e il voto medio di laurea 103,2 su 110 per le prime e a 101,1 per i secondi.
Tuttavia come certifica il “Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati 2016”, tra i laureati magistrali, a cinque anni dal conseguimento del titolo lavorano 80 donne e 90 uomini su cento e può contare su un posto sicuro, infatti, il 78% degli occupati e il 67% delle occupate. Ha un contratto a tempo indeterminato il 48% delle donne rispetto al 58% degli uomini. Dal punto di vista retributivo: tra i laureati magistrali che a cinque anni lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale è pari al 20% a favore dei maschi: 1.624 euro contro 1.354 euro delle colleghe. A parità di ogni altra condizione, gli uomini guadagnano in media 168 euro netti mensili più delle donne. E il titolo di laurea è efficace per lavorare più per gli uomini che per le donne: rispettivamente l'88,5% contro l'82,5%”.
* Direttore I Women, associazione per la difesa dei diritti delle donne
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