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Roma
Dramma casa, Action accusa la Raggi: “Ci ha ignorati”

Hanno resistito ventuno giorni i ventisei attivisti del movimento per il diritti alla casa in sciopero della fame dentro il palazzone occupato di via di Santa Croce in Gerusalemme. Nonostante le difficoltà e qualche problema di salute, hanno tenuto duro fino ad ottenere un primo risultato. La solidarietà da parte dei più importanti candidati sindaci di Roma e la promessa di mettere mano al pasticcio combinato e, soprattutto, una presa di posizione da parte del Governo che ha riconosciuto la gravità dell'emergenza abitativa e la necessità di dare una risposta concreta. E' stato infatti già fissato un incontro per il prossimo 7 giugno tra alcuni rappresentanti dei movimenti incontreranno e il viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini.
I motivi di una protesta così dura trovano radici in una delibera comunale firmata dal commissario Tronca, che avrebbe dovuto attuare una delibera Regionale sull'emergenza abitativa, ma che di fatto ne ha stravolto e snaturato il senso. La Regione nel 2013 aveva stanziato 200 milioni destinandoli all'emergenza abitativa, ossia agli alloggi per persone sfrattate e per chi è in lista d'attesa, ma anche per gli abitanti delle diverse occupazioni. Ma poi tutto è stato interrotto da decisioni del commissario che andavano in direzione diversa. “Molti occupanti avevano già fatto le valigie, pronti a spostarsi in una casa vera, ma poi tutto è stato bruscamente stoppato, proprio mentre già si brindava ad un risultato quasi raggiunto”, racconta un attivista di Action.
In piena campagna elettorale è iniziata la protesta e lo sciopero della fame: nella nuova “piazza della dignità”, qualche decina di metro quadrato di marciapiede coperto da un gazebo davanti l'ex sede dell'Inpad, si è consumato il sacrificio degli attivisti, nella convinzione di poter attirare l'attenzione su un dramma gigantesco, come quello della casa.
“Abbiamo incassato la solidarietà prima di Fassina, poi di Giachetti, persino la Meloni si è espressa a nostro sostegno”, spiega Andrea Alzetta. “Solo la Raggi ha ben pensato di scappare con la scusa che non aveva tempo. Non mi pare un ottimo inizio per chi pensa di rappresentare un cambio di direzione rispetto al passato”.
Il palazzo di via Santa Croce in Gerusalemme è diventato un simbolo: una vera e propria città autogestita, altro che palazzo occupato. Dentro lo gigantesco stabile, oltre ai posti letto per 180 famiglie, c'è una mensa, le aule per il doposcuola dei bambini, un auditorium per le riunioni, una scuola di teatro, un laboratorio per imparare a lavorare il legno, uno studio dove si insegna informatica e grafica. E poi un'enoteca e una fabbrica della birra artigianale, oltre a sale utilizzate per consulenze gratuite di tipo legale, assistenza medica in collaborazione con diverse parrocchie. Il 45% degli abitanti è italiano, il resto è composto da sedici nazionalità. Almeno cinquanta sono bambini.

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