Roma
Droga Roma, spaccio in mano alla Camorra: 28 arresti. Gli affari con Diabolik
“Operazione Alba Tulipano”, blitz dei carabinieri: tra gli arrestati anche il boss Michele Senese. Uno dei gruppi di spaccio guidato da Fabrizio Piscitelli
Lo spaccio di droga a Roma in mano alla Camorra: i carabinieri hanno dato esecuzione nel Lazio, in Campania e in Veneto di un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Roma, che dispone l’arresto per 28 persone ritenute appartenenti ad un’organizzazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Gli arrestati dell'operazione "Alba Tulipano", 24 finiti in carcere e 4 ai domiciliari, sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, lesioni personali gravissime, tentato omicidio, trasferimento fraudolento di valori, reati, per la maggior parte, aggravati dal metodo mafioso.
Il provvedimento trae origine dall’indagine condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, nel periodo tra settembre 2011 e aprile 2015, che ha consentito di riscontrare l’operatività di uno strutturato sodalizio criminale, capeggiato dal noto boss di origine campana Michele Senese, operante ininterrottamente a Roma in varie attività illecite, tra le quali, il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, le estorsioni, i reati contro la persona. Sotto l'egida di Senese operavano distinti gruppi dediti al traffico di sostanze stupefacenti, individuandone gli assetti verticistici, i sodali e i pusher.
L’inchiesta che ha portato all’odierno provvedimento ha consentito di monitorare la fase di riorganizzazione del sodalizio capeggiato da Michele Senese conseguente alla scarcerazione di alcuni dei principali esponenti del clan e di un periodo di breve libertà di cui ha potuto beneficiare lo stesso Senese prima dell’arresto per l’omicidio Carlino. Sebbene il periodo in esame abbia consentito di monitorare una stagione difficile per il sodalizio criminale, le investigazioni hanno comunque consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in merito all’esistenza di un vero e proprio “cartello” di narcotraffico, creato da Michele Senese, nonché di riscontrare numerosi reati commessi dagli indagati nel perseguimento del programma criminoso del gruppo. Tale cartello altro non è che una sovraordinata organizzazione di tipo consortile, in grado di condizionare le dinamiche criminali relative al traffico di sostanze stupefacenti in ampi settori della Capitale e, in particolare, di coordinare e controllare autonomi sodalizi tra i quali quello capeggiato da Domenico Di Giovanni e Ugo DI Giovanni, e quello diretto da Guido De Gregori (deceduto) e Davide De Gregori.
Attraverso le indagini sviluppate dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Roma, è stato documentato come il “Cartello Senese” si sia dotato di un modello organizzativo che lascia ampi spazi di autonomia operativa agli altri gruppi criminali i quali compiono attività delittuose solo apparentemente non riconducibili alla direzione strategica e alla volontà del capo supremo del sodalizio. Infatti, come documentato dalle intercettazioni, Michele Senese è riconosciuto dagli altri sodali come il “capo indiscusso della malavita romana”, “…il capo di Roma!.....il boss della Camorra romana!....Comanda tutto lui!” e a lui si rivolgono con deferenza per riferire circa il loro operato, per ottenere interventi finalizzati a dirimere controversie con altri malavitosi, per ottenere autorizzazioni ad assumere iniziative di varia natura e a lui forniscono somme di denaro chiaramente provento di delitto.
In seno all’omonimo cartello di narcotraffico operante sulla Capitale, Michele Senese ha riservato per sé le decisioni strategiche e, in particolare, è stato documentato il suo personale interessamento: nella compravendita di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti; nell’assistenza economica e legale a favore degli affiliati detenuti; nel reimpiego del denaro provento dei reati primari del sodalizio nell’economia legale; nelle principali attività estorsive commesse dai suoi affiliati anche attraverso l’autorizzazione diretta alla spendita del suo nome; nella risoluzione delle controversie con altri gruppi criminali.
Tra i più fidati collaboratori di Senese vi sono Maurizio Cannone, che ha svolto il ruolo di guardaspalle, e Giandavide De Pau, che ha svolto la mansione di autista. Entrambi sono risultati particolarmente attivi nel settore del narcotraffico, potendo contare su un ampio circuito clientelare prevalentemente riconducibile ai quartieri Tiburtino, San Basilio e nella città di Tivoli. Inoltre, sotto l’egida del cartello Senese, si sono adoperati nel sostentamento economico della famiglia Senese, nel mantenimento delle relazioni con esponenti di altre organizzazioni criminali, nonché nel recupero crediti con modalità estorsive. Emblematici, in relazione a quest’ultima attività, sono: il progetto omicidiario ordito nei confronti di “due ragazzi” di Acilia, responsabili di non aver saldato il pagamento di 11.000 euro derivanti dall’acquisto di stupefacente ricevuto da De Pau. I sicari si erano recati armati ad Acilia per eliminare i due fratelli, ma l’evento non si realizzava a seguito del loro mancato rintraccio; la “gambizzazione”, commissionata da De Pau, di un soggetto che era debitore nei suoi confronti di 2.700 €, debito probabilmente contratto a seguito dell’acquisto di narcotico; la notte del 25.05.2015, nel quartiere Primavalle, il debitore veniva attinto alla parte inferiore del corpo, da quattro colpi d’arma da fuoco, esplosi da tre malviventi inviati da De Pau.
Le indagini dei Carabinieri di via In Selci hanno fatto emergere le attività criminali di un altro soggetto consorziato al “Cartello Senese”: Maurizio Monterisi, il quale dirigeva e organizzava un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti nel quartiere di Tor Bella Monaca. Nei quartieri Tuscolano e Cinecittà aveva, invece, posto le proprie basi il sodalizio criminale capeggiato da Domenico Di Giovanni e dal figlio Ugo Di Giovanni. La straordinaria caratura criminale, dimostrata dai numerosissimi precedenti penali e di polizia di entrambi, e l’esperienza maturata in contesti di criminalità organizzata hanno consentito loro di porsi in maniera incontrastata alla guida di tale consorteria. Nei rapporti con le altre organizzazioni criminali, in più circostanze il gruppo Di Giovanni si è avvalso della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza al clan Senese e al connesso cartello del narcotraffico e non ha disdegnato l’uso della violenza. Più in particolare, la gran parte dei delitti ricostruiti durante le attività investigative riguardano attività di recupero di crediti, spesso derivanti dall’attività di compravendita di stupefacenti, condotte con modalità estorsive e spesso avvalendosi del metodo mafioso. In particolare, sono indice della propensione al sistematico ricorso alla violenza e dell’eccezionale pericolosità che caratterizzano l’associazione diretta dai componenti della famiglia Di Giovanni: la gambizzazione, su mandato di Ugo Di Giovanni, di un soggetto reo di aver mancato il pagamento di una partita di stupefacenti. La vittima aveva falsamente denunciato ai poliziotti, intervenuti nel quartiere Cecchignola, di essere stato oggetto di una rapina a opera di ignoti, nel corso della quale questi gli avevano esploso contro alcuni colpi di pistola alle gambe; le modalità di gestione delle piazze di spaccio; l’approvvigionamento e la detenzione di armi.
Tra i sodalizi con cui i Di Giovanni sono risultati stabilmente in affari connessi con il narcotraffico, vi era il gruppo capeggiato da Guido De Gregori e da Davide De Gregori. Quest’ultimo, dopo un periodo di militanza all’interno del sodalizio riconducibile alla famiglia Di Giovanni (durato almeno sino all’estate del 2012), unitamente al padre Guido, aveva costituito e diretto un’autonoma consorteria criminale, consorziata anch’essa nel cartello Senese e in grado di movimentare notevoli quantitativi di sostanze stupefacenti. Del sodalizio facente capo ai De Gregori, faceva parte anche Fabrizio Piscitelli, il “Diabolik” ultrà della Lazio ucciso in un agguato il 7 agosto 2019, quale soggetto deputato alla commercializzazione della sostanza stupefacente. In relazione a tale consorteria criminale il G.I.P. del Tribunale di Roma, pur riconoscendone l’esistenza, non ha ravvisato esigenze cautelari in virtù di diverse motivazioni tra le quali il decesso di uno dei capi del sodalizio (Guido De Gregori) e il decesso di uno dei partecipi maggiormente attivi (Fabrizio Piscitelli).
Complessivamente, nel corso dell’attività di indagine sono stati: documentati 6 episodi estorsivi posti in essere dall’organizzazione per rientrare in possesso di taluni crediti vantati; ricostruite le fasi di un tentato omicidio e di gambizzazioni nei confronti di due debitori; comprovata l’intestazione fittizia di due motocicli e di un autoveicolo riconducibili al gruppo Di Giovanni, per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale; sequestrati 7,809 kg. di cocaina, 7,798 kg. di marijuana, 70,511 kg. di hashish e n. 9 pistole oggetto di furto e/o clandestine con vario munizionamento; arrestati in flagranza di reato 23 persone, di cui 18 per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e 6 per violazione della normativa sulle armi.