E’ morto Paolo Romanazzi, industriale e protagonista della Dolce Vita
Uomo d'affari e innovatore, simbolo di mondanità fortemente legato a Roma
di Di Andrea Cianferoni
Se n’e andato a causa di una complicazione polmonare Paolo Romanazzi, il prossimo 7 maggio avrebbe compiuto 84 anni. Ha fatto parte della generazione del miracolo economico italiano, ricoprendo un ruolo attivo nell’industria di trasporti di famiglia.
Con grande discrezione aveva vissuto gli ultimi 10 anni nel grande appartamento nell’Ottocentesco palazzo Strozzi di Piazza d’Azeglio a Firenze nel quale si era ritirato per essere più vicino alla figlia Nicoletta, che si era trasferita nel capoluogo toscano, e al figlio Andrea che spesso lo veniva a trovare da Roma, la città nella quale ha vissuto gran parte della sua vita professionale. Una vita fatta di grande lavoro, inculcatogli dal padre e dal nonno Nicola Romanazzi che erano stati i fondatori delle Officine Romanazzi, azienda quotata in borsa con miglia di dipendenti, commesse dalla Fiat a cui assicurava i famosi auto cabinati e rimorchi. Per migliaia di operai l’indirizzo cui recarsi ogni mattina al lavoro era via Tiburtina 1072. Ma come tutti i grandi industriali di una volta – razza ormai estinta da alcuni decenni – arrivava in ufficio alle prime luci dell’alba. Spesso prima degli stessi operai. In puro stile Agnelli, al quale era legato oltre che da un rapporto lavorativo anche una reciproca amicizia e condivisione di una certa visione della vita, aveva sposato una marchesa genovese, Anna Bombrini con la quale poi aveva mantenuto ottimi rapporti anche dopo la separazione. Avendo visto e vissuto gli anni della Dolce Vita romana non era assolutamente refrattario alla mondanità. Ma il suo motto era: “prima il dovere, poi il piacere”. Sovente ricordava: “Se hai lavorato tanto e duramente tutta la giornata che male c’è a divertirsi? Soprattutto se lo fai in maniera sana ed intelligente”. Sempre accompagnato da stupende modelle, passava i suoi momenti di libertà nel Mediterraneo tra Montecarlo, Porto Cervo e Porto Ercole. Con il suo yacht attraccava in rada davanti al leggendario “Il Pellicano” dell’Argentario di proprietà dell’amico di una vita Roberto Scio, che lo aveva avuto due anni fa tra gli ospiti d’onore per la festa dei cinquanta anni dell’albergo.
Negli anni Settanta riuscì a sfuggire ad un tentativo di sequestro sul raccordo anulare di Roma, gli anni più difficili nei quali quasi tutti gli industriali trasferivano soldi, mogli e figli in Svizzera. Ogni anno si recava nella villa in Costa Azzurra dall’amico industriale Giulio De Angelis, padre del defunto pilota di Formula Uno morto sul circuito di Le Castellet, che fu rapito alla fine degli anni Ottanta in Sardegna e a cui era stato mozzato il lobo dell’orecchio. Festeggiava con lui la fine del sequestro pagato con un riscatto di tre miliardi di lire. Romanazzi era molto legato all’Italia – nonostante la causa miliardaria con lo Stato italiano per il progetto del centro direzionale delle Poste negli ex stabilimenti sulla Tiburtina poi andato a monte - e in particolare a Bari, città natia della famiglia. Forti erano i legami con il fratello Stefano Romanazzi, prematuramente scomparso agli inizi degli anni Novanta, editore della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari e imparentato con la famiglia Caltagirone. Con il fratello, sempre alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali, fu uno dei primi a varcare la frontiera della Repubblica Popolare Cinese nella quale riuscì ad avviare alcuni progetti di cooperazione economica. Una vita vissuta pienamente tra i protagonisti del XX secolo. Nell’elegante casa fiorentina non mancavano le foto con Padre Pio, conterraneo della famiglia Romanazzi, con l’avvocato Agnelli e papa Giovanni XXIII. Ma anche quelle con gli imprenditori e nobili, dai Fratini ai Frescobaldi a Marta Marzotto, da Guglielmo Giovanelli Marconi a Giuseppe Ferrajoli, da Guia Sospisio a Guia Viola di Campalto che rappresentavano per lui ancora quel legame profondo con Roma che non si è mai interrotto. I funerali si svolgeranno nella capitale mercoledì 19 aprile alle ore 12 nella chiesa di Sant’Eugenio viale delle Belle Arti 10.
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