Roma
Elezioni Lazio: la salvezza di Roma è l'autonomia come Trento e Bolzano
Per affrontare lo status della Capitale serve una norma costituzionale. Il fallimento dell'Area Metropolitana. Serve una Città-Regione
In questa campagna elettorale si è parlato poco di riforme istituzionali, dello status di Roma Capitale e dell’assetto istituzionale che dovrebbe avere la Regione Lazio, che ha al suo interno la Capitale d’Italia. E il modello da seguire è quello di Trento e Bolzano.
È appena iniziato in consiglio dei Ministri l’iter del disegno di legge sull’autonomia differenziata, fortemente voluto dal Ministro Calderoli, è iniziata la discussione sul Presidenzialismo, nelle commissioni parlamentari si è iniziato a discutere della riforma delle Province, con la reintroduzione dell’elezione diretta ed è stata annunciata la riforma del testo unito degli enti locali, già pronta alla fine della scorsa legislatura.
La nuova classe politica dovrà porre con forza il nodo di Roma Capitale
Per questo ritengo che la classe politica del Lazio debba porre con forza la questione dello status istituzionale di Roma Capitale ma anche dell’assetto istituzionale della Regione Lazio.Dopo le esperienze di questi anni credo che l’assetto più idoneo, a garantire ambedue le istituzioni, sia quello delle due province autonome, con poteri legislativi, di Trento e Bolzano, che stanno insieme in una unica Regione Speciale.
Quando negli anni 2000,la Giounta di centrodestra, dopo aver fatto inserire nel titolo V il terzo comma dell’articolo 114 con la previsione di Roma Capitale, propose lo status di Roma città Regione come Berlino, e fu inserita una norma simile nella devolution che non fu approvata con il referendum confermativo, ma fu accusati dalla sinistra di voler creare la Regione con la ciambella.
Il Pd ha capito la lezione istituzionale
Ora esponenti di primo piano del Pd sono venuti sulle nostre posizioni, tanto che nella scorsa legislatura hanno presentato proposte di legge in questa direzione insieme a Forza Italia e Fratelli d’Italia. Finalmente si è capito che per affrontare la questione dello status di Roma serve una norma costituzionale, anche perché le leggi ordinarie sino ad oggi approvare non hanno dato nessun risultato La legge 42 del 2009 servì solo a cambiare la carta intestata e la legge del Rio, che ha istituito la città metropolitana di Roma, è stata un totale fallimento, dal momento che il nuovo ente ha meno competenze della vecchia provincia e nessun cittadino sa della sua esistenza.
Nella scorsa legislatura grazie ad alcune proposte di legge costituzionali presentate, come già scritto, da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Pd, insieme al contributo della commissione su Roma Capitale istituita dall’allora Ministro Gelmini, si era arrivati a portare in Aula parlamentare un testo per lo status di Roma Capitale, che si arenò alla prima seduta per lo scioglimento anticipato della legislatura.
Un testo che aveva un giusto obiettivo ma poneva una serie di problemi perché creava un ente che nei fatti era un vero e proprio ircocervo. L’errore fatto sin dall’inizio era stato quello di non staccare subito la vecchia provincia da Roma, istituendo così la provincia senza Roma e dando solo alla Capitale lo status di Città Metropolitana. Il testo iniziale proposto dai relatori attribuiva a Roma Capitale, corrispondente al solo comune di Roma città, tutte le competenze legislative della Regione, di cui all’art. 117 terzo e quarto comma (materie concorrenti e residuali), tranne la sanità. Altre materie potevano essere sottratte al trasferimento tramite intesa tra Roma Capitale, Regione e lo Stato. Attribuzione delle competenze legislative per sottrazione. Il trasferimento dei poteri legislativi avveniva automaticamente dopo due anni dall’entrata in vigore della norma costituzionale.
La divisione di Roma tra Comune e Area Metropolitana
Il primo problema che poneva il testo era che Roma restava divisa in due enti differenti: uno, il vecchio Comune, con i poteri legislativi sul proprio territorio e un altro, la città metropolitana, che dipendeva dalla legislazione regionale. Il testo approvato poi della commissione e approdato in aula, risolveva alcuni problemi ma non quello dell’ente bicefalo.
Il nuovo testo assegnava a Roma Capitale il potere legislativo della Regione nelle materie concorrenti o residuali, tranne la sanità, ma l’elenco delle materie da trasferire doveva essere stabilito di intesa con la Regione Lazio e lo Stato con una legge ordinaria approvata a maggioranza assoluta delle Camere. Un processo più ordinato rispetto al testo iniziale, ma con un testo che lasciava l’ente diviso in due e con due differenti competenze, con seri problemi istituzionali e di democrazia rappresentativa. Roma Capitale non diventava Regione, restava comune con i poteri legislativi, e allo stesso tempo la città metropolitana era sottoposta alla legislazione della pisana. Due enti con lo stesso Sindaco ma con un territorio sul quale vigono norme differenti.
La legge elettorale fa governare gli eletti romani su tutto il Lazio
Inoltre, problema più complesso, il Consiglio Regionale restava quello di adesso, con gli eletti di Roma Capitale che sono la maggioranza. Per cui avremmo il paradosso che Roma capitale legifererebbe autonomamente sul proprio territorio e attraverso la sua maggioranza in consiglio regionale anche sugli altri territori delle altre province. Un vero ircocervo. Ecco perché la prima cosa da fare è inserire una norma nel testo sulle Province, al quale stanno lavorando le commissioni parlamentari, per staccare la vecchia provincia da Roma e dare solo alla Capitale lo status di Città metropolitana.
Subito dopo approntare una proposta costituzionale che dia a Roma Capitale i poteri legislativi e alla Regione lo status di Regione a Statuto speciale stabilendo per i due enti l’identico assetto istituzionale che hanno Trento e Bolzano.