Roma

Elezioni Roma, Giachetti mitraglia il Pd: "Gioca ancora con le figurine"

L'ex candidato Dem del 2016: "Raggi favorita dal rinvio? Non credo che i romani siano fessi"

di Alessio Garofoli

L'ex candidato del Pd alle scorse elezioni di Roma, quelle del 2016, che ora è in Iv e appoggia Carlo Calenda, mitraglia il suo ex partito: "Un giorno candida Gualtieri, un altro Zingaretti, un altro ancora la Cirinnà. Non ha capito cosa vuole fare", dice Roberto Giachetti.

Alle scorse comunali nel 2016 era il candidato Pd del centrosinistra che andò al ballottaggio contro Virginia Raggi. E' passata un'era geologica, oggi Roberto Giachetti è parlamentare di Italia Viva, partito che appoggia la candidatura al Campidoglio di Carlo Calenda. E avendo già in tasca un candidato - che, va detto, al momento appare un outsider - mentre i grandi partiti a destra e a sinistra galleggiano nell'incertezza, può permettersi qualche ragionamento per così dire più rilassato.

Le amministrative sono slittate a ottobre e nessuno, nemmeno coloro che un giorno sì e l'altro pure chiedono o chiedevano fino a poco fa le elezioni nazionali, ha avuto da ridire. E' perché i grandi partiti non sanno che pesci prendere e il tempo fa loro comodo?

"Ma no, guarda, non credo. In quest'ultimo anno abbiamo sentito tutto e poi il contrario di tutto, ma penso che alla fine ci si sia tutti resi conto della realtà, cioè che andare a votare a maggio nelle condizioni in cui siamo sarebbe stata una cosa problematica. Poi che questo consenta ai partiti di prepararsi meglio è anche possibile, però non penso che sia il motivo scatenante. Tra l'altro come sempre accade le candidature arrivano al ridosso del voto".

Nel caso di Calenda però, che voi di Iv appoggiate, è arrivata con largo anticipo.

"Sì, ma Calenda punta ad essere il candidato dell'area riformista e a lungo, e invano, ha chiesto al Pd di esprimersi. A Roma in ogni caso abbiamo la fortuna di avere un nome bravo, competente, autorevole, un romano che conosce la città e pensiamo che sia la soluzione migliore: nella Capitale serve questo, dopo anni di problemi".

E se il Pd alla fine lanciasse Gualtieri che ne penserebbe?

"Guarda, non mi ci metto neanche in questa storia. Ancora non ho capito il Pd cosa intende fare. Un giorno esce Gualtieri, un giorno Zingaretti, un giorno la Cirinnà... Un giorno vuole le primarie, un altro chissà. Il Pd deve decidere cosa vuole fare, vediamo anche che dice Letta".

Finché segretario era Zingaretti l'idea era: se la Raggi si fa da parte troviamo un candidato giallorosso pure per il Campidoglio. Ma la Raggi c'è per restare.

"Per me è un'idea incomprensibile. A Roma sostenere che ci possa essere una diversificazione di responsabilità tra la Raggi e il M5S è una cosa fuori dal mondo. Per la prima volta penso da 40 anni a questa parte la Raggi aveva un monocolore in Consiglio comunale. Il fallimento è di lei e di tutto il partito. Il problema è che non si può fare un accordo col M5S. Siccome hanno un'impostazione ideologica di un certo tipo hanno affondato lo stadio, e hanno rifiutato le Olimpiadi perché lo slogan era: non si possono fare cose straordinarie se prima non ci si occupa dell'ordinario. E infatti vediamo come va l'ordinario...".

C'è chi ritiene che lo slittamento del voto però farà comodo ai sindaci in carica, Raggi inclusa, perché potranno almeno tagliare nastri.

"Ma no... Io non penso che i romani siano fessi. Al di là dei cantieri che puoi aprire questa è una città che sta in ginocchio. Io penso che la prima cosa che i romani vorrebbero è una visione della città che la proietti da qui ai prossimi 15-20 anni. Un ragionamento di prospettiva che questi non hanno proprio in testa". 

Domanda secca: bancarelle a bando secondo la Bolkestein. Sì o no?

"Sì. Facciamo una precisazione però: è chiaro che in questa fase di drammatica sofferenza per tutti ti devi prendere il tempo per far respirare la gente: uno, due anni di moratoria".

Ma non una proroga delle licenze fino al 2032 come deciso dal governo Conte?

"Assolutamente no".