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Roma
Elezioni Roma, presidenti di seggio ubriachi o addormentati. Il caos

di Titta Poli


Si conta e si riconta ormai da tre giorni e mezzo dentro i padiglioni dell'ex Fiera di Roma, decine e decine di scrutatori “danno i numeri” sistemati su banchi di scuola, accerchiati da rappresentanti di lista e candidati ancora in attesa che barrano caselle, prendono appunti, riempiono pagine di commenti e segni rossi. Ogni tanto, qualcuno dà in escandescenza e deve intervenire la Polizia a placare gli animi. L'elenco dei verbali non compilati, delle tabelle scarabocchiate, delle somme sbagliate è drammaticamente lungo e il rischio è che non si faccia in tempo a verificare le anomalie entro i termini previsti per permettere di stampare le nuove schede per il ballottaggio; termini che scadono sabato mattina.
Ad oltre 84 ore dall'inizio dello spoglio, entrare nella cittadella elettorale è come immergersi in un girone infernale. Una città nella città, in cui la presenza ad ogni incrocio delle camionette dell'Esercito e delle auto della Guardia di Finanza, non basta a scacciare l'impressione di essere capitati in un limbo con regole tutte sue.
“Se i seggi nella notte dello scrutinio sono terra di nessuno, al seggio centrale sembra di stare nella terra di Mordor come nel Signore degli Anelli”, dice un rappresentante di lista con parecchie tornate alle spalle.
Alle 12 di giovedì 9 giugno almeno in diciassette sezioni lo spoglio delle schede per il consiglio comunale è ancora aperto: in pratica è come se i seggi non si fossero mai chiusi. I verbali sono stati consegnati ma non erano compilati, sono stati inviati in bianco per “sopravvenuta stanchezza”, o per “improvviso malore del presidente” oppure per “l'impossibilità di far tornare i conti”. In più di un caso i presidenti di seggio che hanno “abbandonato”, sono stati letteralmente prelevati da casa e “deportati” dalla polizia locale per verificare cosa è accaduto. “”E' successo di tutto”, racconta un rappresentante di lista delegato al seggio centrale. “D'altra parte è assurdo far lavorare la gente per trenta ore consecutive. I seggi dovevano essere chiusi e riaperti la mattina seguente”.
Eppure il minimo comune denominatore del gran caos sembra essere, a detta di tutti gli addetti ai lavori, una inammissibile inefficienza e impreparazione dei presidenti di seggio. “Ho visto con i miei occhi in un seggio del II municipio, un presidente che ha dormito per ore”, racconta un candidato. E una signora di mezza età rappresentante di lista aggiunge: “Il presidente del mio seggio si è scolato diverse bottiglie di birra e poi si è accasciato sotto il banco”.
In molti sembra non avessero nemmeno sfogliato il vademecum del Ministero indispensabile per capire come compilare i registri e il verbale. “Alle 4.30 di mattina si sono accorti che i conti dovevano essere fatti in un modo diverso e che mancava la somma dei voti assegnati ad un singolo candidato sindaco, estrapolata dai voti di lista”, racconta una ragazza.
E se lo spoglio del Consiglio Comunale è ancora lungo, infinito sembra essere quello per i Municipi: nei padiglioni predisposti alle operazioni si respira lo sconforto.
Alle 12.30 al seggio del IV municipio, su 154 sezioni, 32 sono contestate. Al II municipio i rappresentanti della lista Noi con Salvini sono sul piede di guerra: è testa a testa tra Movimento 5 Stelle e Meloni per aggiudicarsi il ballottaggio con il centrosinistra. Con un'istanza bipartisan, escluso M5s, i rappresentanti chiedono la sospensiva per 21 sezioni per gravi irregolarità: assenza di verbali o verbali firmati a matita, non timbrati, mancanza dei voti di lista e delle tabelle scrutinate.
“Nel caso in cui i verbali sono mancanti, incompleti o dubbi bisogna richiedere il secondo verbale, depositato negli uffici di via Petroselli”, spiega un delegato di lungo corso. “Ma quando non ci sono nemmeno quelli, e sembra che in parecchi casi sia così, allora è un problema. E' il magistrato che interviene e deve decidere cosa fare, il rischio è che sia necessario riconteggiare le schede”. Che nel frattempo, però, sono state ammucchiate in un gigantesco capannone, dentro migliaia di buste e scatoloni.

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