Roma
Elezioni Roma. Una crocetta su chi vi sembra il migliore
di Fabio Carosi
Giachetti, Raggi, Marchini, Meloni, Fassina, Di Stefano, Rienzi, Adinolfi e gli altri: una selva di candidati per otto interminabili mesi di campagna elettorale e una sola certezza: la crisi dei partiti, la "voglia di civismo" vero o mascherato e l'esigenza che ciascuno dei romani rifletta bene prima di mettere le varie crocette sulla scheda lenzuolo: andare a votare è un diritto che mai come in passato si trasforma in dovere, dovesse costare la rinuncia a qualche ora di mare.
Ma poi per chi? Semplice, per quel candidato che nel corso degli ultimi 30 giorni ha convinto gli elettori con il suo programma; con il realismo di chi si candida a governare, cosciente che si tratta di un impegno di amministratore e non di politico. Roma è anche l'Italia ma è soprattutto una città piegata dalla crisi economia e morale che ha bisogno di riscatto. E non saranno certo Renzi, Grillo, Berlusconi, la Meloni o la Sinistra Italiana a rimettere in moto una macchina inceppata a partire dalla democrazia per finire col suo quotidiano. Occorre una visione e una capacità per elaborare e realizzare progetti di sviluppo, manutenzione ordinaria e straordinaria e accendere quella scintilla di orgoglio e di moralità unico motore per aprire una nuova stagione.
Per questi obiettivi occorre un sindaco, una specie di super amministratore del super condominio Roma, che rimetta a posto ciò che l'avidità e la politica hanno distrutto. Buche e topi fanno sorridere di fronte all'assenza di una visione del futuro che Mafia Capitale dopo, e Parentopoli prima, ci hanno tolto, saccheggiando le coscienze dei cittadini e introducendo un meccanismo perverso che ha puntato sul lavoro per costruire potere e consenso.
Alle urne del 5 giugno saranno assenti i voti controllati delle coop strumentali; il voto di scambio dei dipendenti pubblici costretti dai signorotti delle tessere e del sindacato a dare il loro consenso elettorale in cambio di un avanzamento di carriera o di un po' di protezione simil mafiosa, oppure ancora, la promessa dell'assunzione di un figlio. E sempre dalle urne non usciranno i pacchetti di voti, il mercimonio delle preferenze legate a gruppi che hanno usato la città come una rete nella quale pescare. Persino la compravendita di voti è un ricordo. Non c'è più niente per nessuno perché non ci sono più soldi per comprare le persone disposte o costrette a vendersi.
Ma torniamo al sindaco o alla sindaco. I sondaggi impazziti hanno manovrato le prime settimane della campagna costruendo posizionamenti e gerarchie numeriche sulla richiesta di "chi vorreste come sindaco di Roma". Una domanda mal posta alla quale possiamo rimediare ponendo agli elettori il quesito: "Chi tra i candidati è il migliore per amministrare la città" e chiedendo di fare un passo indietro a chi andrà nei seggi per manifestare rabbia contro il sistema o contro un partito.
Alle Comunali si deve votare "per" e non "contro". E' un gesto attivo, una responsabilità che si dà a chi vince, un percorso di vita per l'intera città chiamata a grandi appuntamenti come le Olimpiadi nel 2024 o a grandi opere come il nuovo stadio della Roma. Sì, siamo favorevoli a ogni progetto che dia risposte alla fame di lavoro, perché senza lavoro c'è la schiavitù nei confronti di chi lo concede e poi chiede il voto per trasformare i cittadini in ergastolani della mala politica. Tutto nella massima legalità e trasparenza che non sono un accessorio a richiesta ma valori universali.
Infine un pensiero a chi si astiene o rinuncia. Le previsioni dicono che si recherà a votare il 52-54 per cento degli elettori. Leggiamo il numero al contrario: vuol dire che a decidere chi governa Roma sarà una minoranza. Ecco perché andare a votare è un dovere.