Roma

Emergenza freddo, Raggi sistema i clochard in tende anti gelo

Emergenza freddo a Roma, il piano freddo arriva in ritardo e non basta: 30 clochard nelle tendopoli della Croce Rossa di Ostia

Il piano freddo è partito in ritardo e non basta per gli oltre 7mila clochard romani. Il Capidoglio ha allestito tende anti-gelo che “tolgono dignità” ai poveri della Capitale: a lanciare la denuncia è la Caritas.

 

"A Roma si installano le tendopoli, non per le conseguenze di un terremoto o per accogliere dei profughi in fuga da una guerra. A Roma il 20 gennaio si installano delle tendopoli per non far dormire al "freddo" un numero peraltro esiguo di senza dimora, dopo che nel mese di dicembre sono decedute cinque persone in strada nella totale indifferenza delle Istituzioni e senza che nessuno abbia chiesto perdono per queste morti”. Il direttore della Caritas di Roma monsignor Enrico Feroci è impietoso nel giudicare il “piano freddo” varato dal Campidoglio. Non solo i posti letto non bastano, ma arrivano in ritardo rispetto alle gelate di dicembre e la soluzione sembra un ripiego dell'ultimo minuto.

“Questo il 'piano' del Comune di Roma che ha riproposto una misura di emergenza come avveniva negli anni Novanta: senza programmazione, senza coinvolgere le realtà che operano ogni giorno a fianco di chi vive in strada e, soprattutto, senza il minimo rispetto di chi dorme sotto colonnati e ponti proponendogli il "caldo" di una tenda".

Le tende di cui parla monsignor Feroci sono quelle della Croce Rossa, che nel X Municipio ha dato al Comune di Roma la propria disponibilità ad accogliere 30 clochard.

E ora il Campidoglio sarebbe alla ricerca di altre associazioni che intendano collaborare per salvare i poveri dalla morsa del freddo. Caritas lamenta una mancanza di programmazione scandalosa: “Ancora una volta Roma si fa cogliere di sorpresa dai problemi causati dal freddo per il pericolo di assideramento per chi vive in strada, una situazione che di fatto torna ogni anno. Perché non si è pensato prima a programmare le iniziative per gestire questo difficile momento di vita per i più fragili? Perché esistono protocolli di intervento precisi per gestire la viabilità in caso di gelo ma non si riesce a fare lo stesso per le persone che vivono in strada? - scrive in una nota il direttore - Già a maggio dello scorso anno, con alle spalle la stagione invernale, la Caritas chiese la convocazione di un tavolo di lavoro per preparare la città all’inverno successivo, ma nulla è stato pensato e fatto. L’Amministrazione sta dimostrando di avere molte difficoltà nel definire un piano organico per affrontare il problema della povertà estrema".


E che le tende non siano la risposta al problema degli alloggi invernali per i clochard, lo ammette la Croce Rossa stessa: “Condividiamo le preoccupazioni di Monsignor Feroci, infatti da anni diciamo che le tende non sono mai una soluzione, benché sia stato necessario ad esempio alloggiare per mesi nelle tende le persone migranti in attesa di trasferimenti nei centri d'accoglienza, soluzioni anche queste che non erano adeguate e su cui abbiamo cercato di far riflettere. Il sistema di protezione delle persone più fragili è carente su Roma non da oggi ma da anni”.

In una nota, però, la Croce Rossa di Roma ricorda alla Caritas che non è il primo anno che la soluzione delle tendopoli viene messa in atto nel X Municipio: “A Ostia le tende sono state la soluzione emergenziale quest'anno, l'anno scorso e due anni fa. Come soluzione emergenziale da anni si decide l'apertura delle stazioni della metropolitana. Soluzioni che non sono mai state vere soluzioni ma che in assenza di alternative lo diventano”.

Nella Capitale esiste una “città” invisibile composta da circa 7.700 senzatetto, la metà italiani, di cui 3 mila vivono in strada, fra i cartoni, sotto i cornicioni dei palazzi o lungo le Stazioni ferroviarie Termini, Tiburtina e Ostiense. Altri 2 mila alloggi di fortuna come edifici abbandonati e insediamenti abusivi. Poi, ce ne sono altri 2500 che vengono ospitati in parrocchie, centri convenzionati di Roma e associazioni di volontariato. A questi si devono aggiungere 10mila famiglie in attesa di un alloggio popolare.