Erdogan “Roma non ti vuole”: si infiamma la protesta. Pronti i sit-in
Roma si riempie di murales contro il presidente turco: nasce l'hashtag #ErdoganNotWelcome
La visita del presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan infiamma antagonisti, centri sociali e comunità curda. Roma si riempie di murales contro il presidente e nasce l'hashtag#ErdoganNotWelcome: Erdogan, non sei il benvenuto.
Gli attivisti della Rete Kurdistan si sono dati appuntamento lunedì 5 febbraio ai Giardini di Castel Sant'Angelo per un sit-in che durerà dalle 11 alle 14. Ma non saranno i soli a riunirsi per protestare contro la visita del presidente turco. Anche i centri sociali romani hanno condiviso l'evento, promettendo partecipazione di massa.
Una mossa che il Questore di Roma aveva previsto, quando ha predisposto le misure di sicurezza per la giornata di lunedì. Erdogan atterrerà nella serata di domenica a Fiumicino, per rimanere a Roma per le successive 24 ore.
L'allerta antiterrorismo è massima: la visita del presidente turco è tra le più delicate dell'ultimo anno, per la Capitale. Misure di sicurezza paragonabili a quelle che verranno messe in campo lunedì, ci sono state solo per la celebrazione dei Trattati di Roma.
Il Questore ha delimitato una Green Zone dove sarà vietato qualunque tipo di manifestazione e sit-in: si teme quindi che gli attivisti anti-Erdogan finiranno per scontrarsi con le forze della Polizia in campo per limitare i disagi.
L'atmosfera infatti si sta scaldando fino a diventare rovente: “Quelle mani sono sporche di sangue” recita l'evento Facebook che promuove la protesta anti-Erdogan.
“I crimini di Erdogan sono tali che proprio i campi profughi e i villaggi curdi sono il bersaglio preferito dei bombardamenti. Ad Afrin è in corso un nuovo crimine contro l’umanità pari a quelli compiuti dalle milizie di ISIS in questi anni tra Siria e Iraq, quell'ISIS a cui Erdogan non ha mai mancato sostegno logistico ed economico. Erdogan si è macchiato di delitti anche in Turchia radendo al suolo molte città del Kurdistan, uccidendo i suoi abitanti”, si legge ancora sull'evento Erdogan Not Welcome, che sottolinea la presenza in Turchia di migliaia di prigionieri di guerra.
Anche “No Bavaglio” la rete di giornalisti e attivisti a favore dell'informazione indipendente si è schierata contro l'attivo di Erdogan: “120 giornalisti detenuti, 180 media chiusi, 50mila persone arrestate. La Turchia di Erdogan sta assumendo sempre più i contorni di una dittatura spietata e sanguinaria. Non si può restare indifferenti davanti alla repressione del regime di Erdogan contro i cittadini turchi oppositori e contro il popolo curdo. Restare in silenzio vuol dire esserne complici. Nei mesi scorsi sono state svuotate le carceri dai detenuti comuni e altre prigioni verranno costruite per contenere migliaia di oppositori arrestati: si parla di almeno 50mila detenuti politici. Tra questi intellettuali, magistrati, avvocati e insegnanti. In cella sono finiti anche tanti giornalisti “colpevoli” solo di voler fare il proprio lavoro con onestà e senza cedere alle censure del regime turco. Il fallito golpe del 2016 è diventato l’alibi per annullare libertà e diritti civili”, si legge sulla pagina di No Bavaglio, che ha lanciato sulla piattaforma Change.org una petizione per chiedere la liberazione immediata del giornalista Şahin Alpay e dell'economista e editorialista Mehmet Altan per i quali la Corte Suprema della Turchia l'11 gennaio 2018 ha disposto il rilascio dopo aver giudicato incostituzionali le motivazioni del loro arresto. “Il Tribunale penale di Istanbul e il governo turco hanno contestato la sentenza e i giudici di riferimento dei casi di Alpay e Altan hanno deciso di non autorizzarne la scarcerazione”, spiega No Bavaglio.
Rete Kurdistan arriva a puntare il dito addirittura contro il Papa, che riceverà il presidente Turco durante il suo soggiorno romano: “Sembra incredibile che nessuno abbia messo in discussione questo incontro. Nemmeno Papa Francesco cosi spesso preoccupato, a parole, della pace e della giustizia nel mondo. Che non ci sia un critica sui media sull’opportunità di questa visita, e nei confronti del capo di stato Mattarella più volte dichiaratosi antifascista, che contro il governo dimissionario volto a legittimare di fatto una visita di stato a un criminale di guerra, addirittura perdurante un genocidio, che non ci sia una ferma presa di posizione di nessun partito politico, troppo impegnati con la campagna elettorale.
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