Roma
“Esposto all'uranio e poi abbandonato”. E' “vittima” ma lo Stato gli nega i diritti
La storia di Lorenzo Motta malato di linfoma di Hodgkin
E' il primo militare ad aver ottenuto una sentenza definitiva da parte del Consiglio di Stato, che ha riconosciuto la dipendenza della sua malattia, il linfoma di Hodgkin, dalla causa di servizio. I giudici hanno infatti stabilito che Lorenzo Motta, sottufficiale di Marina, si è ammalato per essere stato esposto all'uranio impoverito.
Ma nonostante la vittoria legale, non riesce ad ottenere il riconoscimento di “vittima del dovere” dal Ministero della Difesa che non rilascia l'atto amministrativo e da quello delle Finanze. Un paradosso burocratico senza precedenti: di fatto lo Stato nega un diritto sancito da una sentenza emessa nell'ultimo grado di giudizio.
“Prima di arruolarci eravamo sani e siamo stati congedati da malati”, scrive Motta in una lettera. Malato dal 2005, oltre al dramma di un tumore, vive il dolore di essersi sentito abbandonato: “Da figlio militare sono stato abbandonato dal mio padre Stato, e risposto in un magazzino come un vecchio straccio”.
“Di fatto, non c'è volontà di eseguire la sentenza per cui abbiamo anche proposto il giudizio di ottemperanza, che è lo strumento attraverso il quale deve essere nominato un commissario ad acta chiamato a eseguire il provvedimento giurisdizionale”, spiega l'avvocato Ezio Bonanni, legale di Lorenzo Motta insieme all'avvocato Pietro Gambino.
Papà di quattro bambine, Lorenzo Motta affida le sue parole ad affaritaliani.it, in modo da poter rendere pubblica la sua situazione.
"Mi chiamo Lorenzo Motta, sono un ex sottocapo di terza classe della Marina Militare, contaminato da nano particelle di metalli pesanti a causa dell'esposizione in territori contaminati e alla somministrazione massiva di vaccini senza controllo, ma sono essenzialmente un uomo.
Un uomo che crede nei valori della Patria, della famiglia e soprattutto che riesce a ricordare indelebile nel cuore il significato del nostro tricolore. Sono anche papà di quattro meravigliose bambine che colmano d'amore ogni singolo giorno della mia vita.
Come padre cerco quotidianamente di educare le mie bimbe alla vita che si apprestano a vivere, cercando di proteggerle “perché un padre non abbandona”, ovviamente.
Ma in questa funzione educativa mi trovo a disagio, quando penso che da figlio militare sono stato abbandonato dal mio padre Stato, e risposto in un magazzino come un vecchio straccio.
Mi sono ammalato di Linfoma di Hodgkin nel 2005, sono stato sottoposto a otto cicli di chemioterapia, a 35 sedute di radioterapia per debellare un male che oggi fa tremare tanta gente, il “cancro”.
Non so che evoluzione avranno i metalli presenti nel mio corpo. Vorrei dire che sono l'unico caso a livello nazionale ma purtroppo non è così e nella mia situazione si contano circa 3700 militari e 331 sono già morti.
Questa non è la mia battaglia, ma è la nostra battaglia che dura ormai da 12 anni contro chi fa finta di non vedere e soprattutto contro chi oggi dovrebbe sentire il peso di vittime e malati.
Grazie all'ottimo lavoro dei miei legali, sono il protagonista dell'unica sentenza emessa dal Consiglio di Stato a livello nazionale, che stabilisce una condanna nei confronti di un'amministrazione statale, convalidando la sentenza di primo grado emessa dal Tar del Lazio.
Nonostante questo, gli organi competenti a riconoscermi lo status di “vittima dello Stato” continuano imperterriti a negare quello che doveva essere già concesso nel 2005.
La voglia di combattere è incessante pur di fare chiarezza su questa vicenda per me e e per tutti i colleghi che si trovano a dover affrontare lo stesso difetto burocratico.
Militari si diventa, e chi lo è non lo fa per hobby ma perché crede nei valori della nostra nazione. Chi decide di arruolarsi conosce a cosa va incontro, anche a discapito della propria famiglia. Ma mai nessuno ci aveva detto che avremmo dovuto combattere contro un nemico invisibile chiamato Uranio impoverito. Non siamo dottori, scienziati o ricercatori ma semplicemente servitori del nostro Paese. Ma essere servitori non significa dovere essere sottoposti a somministrazione di tre o quattro vaccini al giorno, senza i più semplici criteri di precauzione.
Prima di arruolarci eravamo sani e siamo stati congedati da malati. Non ci interessa il dove e il perché, ma credo che il nostro Paese dovrebbe tendere la mano verso quei servitori".
Lorenzo Motta