Roma

Europee, Roma nel caos: Catarci contro Marino: “Scambia imballi per schede”

Dopo le accuse dell'ex sindaco Marino, l'operazione verità, Catarci: “Se fossero state schede o finivamo tutti in galera o stavamo in Sudamerica"

Europee e caos ai seggi di Roma, “lucciole per lanterne” e a scambiarle è l'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, ora eurodeputato che nelle sue denunce ad alta voce ha “scambiato gli gli imballi per materiali elettorali”.

Ancora una volta l'assessore Andrea Catarci è l'unico “a metterci la faccia” nel pasticcio del sistema informatico del Comune di Roma gestito dal direttore generale Ajelli. Ed è sempre Catarci a rispondere alla faciloneria con la quale Marino ha denunciato “1 mln di schede non scrutinate”.

Così è partita l'operazione verità del Comune che ha spiegato: “I 78 'verbali' incongruenti al vaglio del Tribunale "sono quelli in cui i voti di lista, tramite il modello 121 che i presidenti di seggio hanno trasmesso ai digitatori, sono irrazionali o illegibili: o bianchi, o con più voti espressi dei votanti, o altre anomalie che evidenziano un errore materiale".

"Il Comune di Roma lavora sui verbali non sulle schede"

"Se il sistema avesse funzionato - ha spiegato infatti - all'inserimento di questi dati incongruenti il sistema stesso si sarebbe bloccato, e il digitatore ne avrebbe chiesto conto contestualmente al presidente di seggio. Ma avendo dovuto portare tutto alla Fiera di Roma questo aggiustamento digitatore-presidente non è stato possibile, perché a quel punto abbiamo 'liberato' persone che lavoravano da molte ore. Nel momento in cui il presidente di seggio chiude i materiali, il Comune non può più riaprirli - ha sottolineato - il Comune lavora solo sui verbali".

"Marino scambia schede con imballaggi"

"Per questo - ha concluso - è stato spiacevole che il neoparlamentare Ignazio Marino, ex sindaco di Roma, abbia scambiato i materiali di risulta, gli imballaggi, per materiali elettorali, dicendo che c'erano schede non scrutinate, ben 1 milione. Se fossero state schede o finivamo tutti in galera o stavamo in Sudamerica, in uno di quei Paesi che fanno le elezioni in determinate maniere".