Roma

Ex Consorzio Agrario via Fermi: denunciati i costruttori Salini

di Francesco Sanvitto *

E' il 1986: chiudono i Consorzi Agrari ma sul cemento sorge una nuova città. E' la storia della “trasformazione” magica dell’ex silos del grano del consorzio agrario di Roma a via Enrico Fermi.
Siamo nel 1986 ed i consorzi agrari sono alla frutta, devono chiudere i battenti e vendere i loro beni immobiliari; è appena passata la legge sul condono edilizio ed il consorzio presenta all’UCE di Roma le planimetrie per condonare qualche centinaia di metri quadri trasformati in commerciale, aggiunti sull’originale facciata del bell’edificio dell’ingegner Passarelli: delle officine, una mensa ed un alloggio del custode (tutto questo è presunto perché quelle carte sparirono nel nulla).
Nel 1990 la Zeis (della famiglia Salini) acquista l’immobile che proviene dal fallimento della Federconsorzi. L’edificio è stato sino all’ ultimo un deposito con giganteschi silos all’interno ed una esposizione di materiali agricoli e piante nel cortile (l’attuale piazzetta). Sulla facciata principale, dove ora c’è la hall del multisala, c’era l’unica parte veramente “commerciale” dell’intero immobile, dove venivano esposti motozappe, utensili, etc… e dove esisteva un grande bancone; questa superficie non superava – vado ad occhio – i 500 mq. Un affare.
Purtroppo il PRG prevede nella zona urbanistica “C” (ridimensionamento viario ed edilizio) una cubatura edificabile di circa 30.000 mc in relazione alla superficie fondiaria.
I silos, che avevano una cubatura come “depositi” di oltre 90.000 mc, avrebbero dovuto essere utilizzati solo come tali (depositi appunto).  Quindi, se la Zeis avesse voluto trasformarne l’uso, avrebbe dovuto presentare un piano di recupero con demolizione e ricostruzione e perdere quindi ben 60.000 mc con destinazioni di pregio; che peccato!!!
Per completare l’atto di acquisto da parte di Zeiss, è necessario chiudere la pratica di condono del 1986 ed il Comune si accorge che le carte presentate a suo tempo sono “sparite”….Qui la “fortuna” ci mette lo zampino. Non è un dramma, si chiede al Consorzio una copia della copia che era rimasta in mano al depositante e nel 1991 viene depositato un condono in cui risulta che i 17.000 mq dei depositi erano stati trasformati in “negozi”, senza che nessuno se ne accorgesse.
Il Consorzio, e la Zeis per suo conto, ottengono quindi un permesso a costruire in sanatoria per cambio di destinazione d’uso e l’intera superficie dei depositi del grano diventa “commerciale” (badate bene che, per ottenere un simile condono, un cittadino comune avrebbe dovuto dimostrare con foto e licenze   che l’intera superficie era utilizzata per la vendita) ma ovviamente nulla cambia nell’edificio che, così come lo aveva lasciato la Federconsorzi, resta un deposito non più utilizzato.
Tra questa data e quella della presentazione del progetto di ristrutturazione totale (1998) su delazione di un dipendente comunale si scopre che il Condono è falso, che la firma del presidente del Consorzio sulla copia conforme è stata apposta quando era già morto da più di un anno e che le opere condonate non erano mai state fatte.
Si apre una indagine per arrivare ad un processo ed i Salini si salvano per un “non luogo a procedere” in quanto non si riesce a dimostrare che fossero loro i mandanti del falso condono.
Una perizia dichiara che, comunque, la pratica avrebbe potuto essere svolta chiedendo un normale permesso a costruire (falso).
Ovviamente il Comune di Roma si guarda bene dal pretendere che venga ottemperata la legge e che venga redatto un Piano Urbanistico esecutivo. Non chiede neppure che venga presentata una pratica (che le norme non permettono) di concessione edilizia e, dulcis in fundo, si dimentica di annullare il condono falso.
La Zeis lascia passare circa 8 anni in maniera che si decantino le acque e, tra il 1998 ed il 2003, vengono presentati una tredicina tra domande di permessi a costruire e DIA, partendo da quel famoso falso fatto passare per buono, sino ad arrivare ad inaugurare la città del gusto, la televisione del “Gambero RWosso”, 14 sale cinematografiche, un grande supermercato, ed una serie di uffici direzionali per la ASL….Praticamente 90.000 mc di commerciale contro i soli 30.000 permessi dalle norme.
Siamo arrivati al 2014 e compare la nuova legge che permette di ampliare le cubature con il “Piano Casa”; quale occasione migliore, sono passati 16 anni e si sono ammortizzati gli investimenti fatti oltre al “giusto” utile sui capitali investiti… è arrivato il momento di speculare un pochino, che non guasta mai. Si sfrattano tutti e si presenta il nuovo progetto per la nuova trasformazione: quasi 100.000 mc di appartamentini, ottenuti con demolizioni e parziali ricostruzioni.
Per attuare il Piano Casa però, è necessario che gli immobili siano in regola con tutti i passati permessi: che problema c’è?  
Eccolo lì pronto il vecchio condono mai abrogato con quegli stracci di disegni che sono palesemente falsi; ed ecco ancora un proprietario senza scrupoli (ora non può dire che il falso sia stato fatto a sua insaputa) e un professionista pronto ad asseverare girandosi altrove; ed eccoli lì i dirigenti e gli assessori compiacenti che non si accorgono nulla: ed il progetto è approvato.
La favola bella ci dice come morale che, carta vince/carta perde, la furbanistica dei potenti viene da lontano ma…questa volta non andrà lontano, perché i cittadini si sono incazzati e da due anni hanno organizzato un Gruppo di Lavoro di progettazione partecipata ed analizzano le carte. E le carte analizzate sono state offerte a Caudo (assessore) che, con grande imbarazzo, blocca tutto e ferma il cantiere per vederci chiaro.
Poi dopo qualche mese, senza nessuna chiarezza, salta l’amministrazione comunale e rimangono i soliti dirigenti ai quali la Zeis mostra, senza vergogna, il “non luogo a procedere” delle origini e la perizia che dice che avrebbero potuto chiedere una concessione edilizia. Mica nessuno controlla se l’abbiano chiesta e soprattutto ricevuta… Mica nessuno si domanda: ma che cazzo di titolo abilitativo è un condono falso per cui altri sono pure andati sotto  processo?... Nessuno si domanda né domanda nulla e tutti ossequienti ai potenti Salini permettono dopo 170 giorni la riapertura del cantiere.
Oggi il Comitato di quartiere Marconi ha fatto una colletta ed ha incaricato un avvocato che ha depositato una denuncia per truffa edilizia contro Salini & C.
Speriamo che la favola si concluda con un lieto fine, dove i buoni non soccombano più.

* Francesco Sanvitto, architetto, urbanista, coordinatore pro tempore del Gruppo di lavoro M5S sull'urbanistica e membro del Comitato di quartiere Marconi.