Roma

Ex Fiera di Roma: “No all'uso del suolo per salvare Investimenti Spa”

L'ex Fiera di Roma è una ferita aperta nella città. L'opinione di Andrea Catarci

di Andrea Catarci *

Nei giorni scorsi si è tornato a parlare con insistenza dell’ex Fiera di viale Colombo, una delle tante ferite aperte di Roma. L’area venne abbandonata nel 2005, con il trasferimento delle attività fuori tra la via Portuense e l’autostrada per Fiumicino.

Da allora i preziosi sette ettari e mezzo di superficie sono stati lasciati all’abbandono, utilizzati alternativamente per ospitare emergenze sociali o per ammassare cassonetti e materiali di risulta. Contemporaneamente sono diventati l’oggetto di piani di valorizzazione urbanistica volti a massimizzare i profitti con l’obiettivo di finanziare la nuova Fiera, per cui all’apertura la proprietà Investimenti spa – che ha come principali azionisti la Camera di Commercio con il 48%, Roma Capitale con il 28% e Regione Lazio con il 25% - ha contratto un mutuo di 180 milioni.

Mentre sulla modalità di demolire e ricostruire c’è sempre stata unanimità, all’edificazione intensiva si sono opposti a più riprese il Municipio Roma VIII (ex XI), i comitati e le realtà associative del territorio, determinati a ottenere un aumento dei servizi e dell’utilità sociale dell’operazione, in un quadrante già deficitario per la mancata realizzazione delle opere pubbliche connesse al Piano di Riassetto della vicinissima piazza dei Navigatori.

Un po’ di storia
Il primo progetto vede la luce nel 2007 con la Giunta Veltroni e la denominazione di “Città dei Bambini”. Nonostante il titolo, però, gli 87.000 metri quadrati di Sul - Superfici Utili Lordi – previsti (per volumetrie complessive pari a circa 280.000 metri cubi), sarebbero stati dedicati per il 65% a destinazione residenziale e per il restante 35% a uffici, locali commerciali e servizi pubblici, con il 50% dell’area attrezzato a verde. Con un bando finalizzato a raccogliere le manifestazioni di interesse, la proprietà si impegnava a cedere l’area a chi avesse presentato la migliore ipotesi di trasformazione urbana, poi il Sindaco si dimise e l’operazione si bloccò.

Dopo un periodo di inerzia e indecisione iniziale la Giunta Alemanno, con l’Assessore Corsini, accantonò la Città dei Bambini e nel 2011 avanzò una seconda proposta, in forma di variante al Piano Regolatore Generale, ancora più improntata al profitto della precedente: i metri quadrati di Sul aumentarono a 91.000 (per volumetrie complessive pari a circa 290.000 metri cubi), di cui il 65% a destinazione residenziale, il 20% non residenziale e il 15% “quota flessibile”. La stessa Giunta accantonò poi l’idea della variante e scelse di ricorrere al Piano Casa della Regione Lazio approvato dalla Presidente Polverini, per assicurare l’incremento delle cubature con una procedura agevolata. Fu il momento di massima frizione tra il Campidoglio ed il territorio, con i comitati ed il Municipio (oggi VIII) di allora. In forma partecipativa vennero elaborate delle linee di indirizzo alternative, sostenendo la necessità di una riqualificazione basata sul direzionale pubblico - prevedendo il 50% di uffici della Regione Lazio, il 40% di residenziale ed il 10% di commerciale - oltre ad una drastica riduzione dei metri cubi (a circa 121.000). La frizione culminò in un appello ed in un corteo di migliaia di persone, che bloccò i propositi.

Il terzo progetto venne delineato nel 2014 dalla Giunta Marino, con l’Assessore Caudo, dopo aver meritoriamente convinto la proprietà a rinunciare all’applicazione del Piano Casa. Con esso si producevano due importanti miglioramenti rispetto al passato: aumento dei servizi pubblici, dei parcheggi e del verde; riduzione dei metri quadrati di Sul a 67.000, con la quota residenziale che non doveva essere superiore all’80% (il 20% in edilizia convenzionata) e il non residenziale non inferiore al 20%, destinati alla realizzazione di circa 216.000 metri cubi di volumetrie, ovvero a quella che secondo le Delibere 132/97 e 142/2004 avrebbe dovuto essere la cubatura esistente nell’area.

In realtà il Municipio appurò, in uno studio svolto dagli uffici tecnici, che nella vecchia Fiera i metri quadrati erano poco più di 44.000 - di cui 15.000 di proprietà di Investimenti spa, 10.000 di proprietà di Roma Capitale, poco più di 1.000 del Demanio e 18.000 abusivi, poi condonati – e richiese, rimanendo inascoltato, di non superare tale soglia nell’operazione di demolizione e ricostruzione. Il Sindaco Marino venne sfiduciato con atto notarile prima di dare attuazione al provvedimento ed al suo posto subentrò la Giunta Raggi, che nel 2016 per iniziativa dell’ex Assessore Berdini, proprio sulla base del documento municipale, portò la Sul a 44.000 metri quadri.

Scenari per il prossimo futuro
Negli ultimi giorni si è riaffacciata l’ipotesi di ricorrere al Piano Casa regionale, per incrementare Sul e cubature. Vero o no, il limite dei 44.000 metri quadrati di Sul non deve essere superato, se non si intende scatenare un altro braccio di ferro tra Campidoglio e territorio con il rischio di bloccare tutto per l’ennesima volta. Comitati e Municipio sanno bene come un ulteriore consumo di suolo rischi di far saltare definitivamente l’equilibrio del quadrante. Sanno anche che ad Investimenti spa è già stato riconosciuto il condono delle aree costruite abusivamente ed il vantaggioso cambio di destinazione d’uso da attività culturali a residenziale: che pretenda anche l’aumento delle cubature appare davvero eccessivo. Sanno, infine, che non si può far passare il principio che per salvare una partecipata si usi il territorio come moneta urbanistica, rilasciando generose autorizzazioni edificatorie. Su questi punti se ce ne sarà bisogno sono intenzionati a dare battaglia, come hanno sempre efficacemente fatto, non per mantenere lo status quo ma per guadagnare una riqualificazione dai tratti sostenibili, per il bene dei quartieri interessati e della città.

* Andrea Catarci, Movimento Civico