Roma
Falcone è ancora vivo: la lotta alla mafia è nella Costituzione
Nel libro di Pellegrini e Condoluci, la lezione dei suoi uomini
Un appuntamento con la legalità e un resoconto di una pagina buia della nostra democrazia raccontato da uno dei pochi sopravvissuti di quella tragica ed eroica stagione dell’Antimafia. L’occasione è stata la presentazione del libro “Noi, gli uomini di Falcone”, edito da Sperling & Kupfer, organizzato dal Movimento Cristiano Lavoratori presso l’Hotel Nazionale di Piazza di Monte Citorio a Roma, dove Angiolo Pellegrini (co-autore del volume insieme a Francesco Condoluci) ha ripercorso le vicende narrate nelle pagine di un romanzo nero. Nel corso dell’incontro, Carlo Costalli, Presidente del MCL ha definito il libro di Pellegrini “una storia che rappresenta quegli esempi di legalità fondamentali per il nostro Paese”. Costalli ha aggiunto: “Desidero ricordare le parole del Presidente Mattarella spese in occasione del ricordo della Strage di Capaci ovvero che per battere il cancro mafioso bisogna affermare la cultura della Costituzione. Ecco il valore di questi momenti di incontro, poter raccontare cioè le storie di eroi e ricordarci che la nostra Carta, a dispetto di chi cambia idea facilmente, va difesa nella sua interezza sempre e comunque”.
Tornando al libro: siamo a Palermo nel gennaio 1981. Generale dell’Arma dei carabinieri, Pellegrini assume il ruolo di comandante della sezione antimafia di Palermo fino al 1985. Come uomo di fiducia del pool, porta a compimento le più importanti indagini nei confronti di Cosa Nostra. Un ruolo scomodo, il suo: la mafia in Sicilia ha alle spalle una scia di cadaveri eccellenti e tiene l’isola sotto scacco. Unica speranza, un giudice palermitano che ha fatto della lotta alle cosche la sua missione: Giovanni Falcone. Il magistrato ha bisogno di uomini fidati che portino avanti le indagini a modo suo. E Pellegrini non si tira indietro: mette insieme una squadra di fedelissimi – la banda del “capitano Billy The Kid” – e va a cercare dove nessuno ha mai osato, guadagnandosi l’amicizia di Falcone. Mentre i “viddani" di Totò Riina e Bernardo Provenzano falcidiano a colpi di kalashnikov le vecchie famiglie, carabinieri, polizia e magistrati si alleano in un’azione congiunta che culminerà nel maxi-processo.