Farmaci del terzo millennio. La White economy a caccia dell'eterna giovinezza
Secondo uno studio della Confindustria, la “White economy” rappresenta oltre il 10% del Pil nazionale
Farmaci su misura, tecnologie da terzo millennio. E questo lo scenario sul futuro prospettato da Confindustria nel presentare il Rapporto 2018 sulla filiera della salute.
Un sistema industriale all’avanguardia che sembra lavorare per l’eterna giovinezza, senza malattie senza dolore.
La sequenza del genoma per correggere nel Dna eventuali disfunzioni costa solo 1000 euro e questo apre la possibilità di creare prodotti innovativi e personalizzati. Già oggi il 73% dei farmaci oncologici normalmente utilizzati è di questa natura. Con lo sviluppo di nuovi prodotti per contrastare l’epatite C, settore in cui il comparto industriale del Lazio ha giocato un ruolo di primo piano, oggi già 110mila persone sono guarite dalla malattia cosa fino a ieri impensabile.
E’ La cosiddetta “White economy”, che, secondo lo studio di Confindustria contribuisce al Pil nazionale per il 10,7%, dando lavoro a oltre 2,4 milioni di persone, ovvero circa il 10% dell'occupazione complessiva. E' un settore gigantesco che secondo il management di via dell’Astronomia, cura l’economia e la società del Paese.
Lo studio, realizzato insieme alle Associazioni confederali di categoria che rappresentano la filiera stessa (Aiop, Assobiomedica, Farmindustria, Federchimica e Federterme), indica nel settore privato della salute il perno decisivo della “white economy”. I principali indicatori di performance – nonostante la crisi – registrano miglioramenti oggettivi e significativi: la filiera (manifattura, commercio e servizi sanitari privati) rappresenta da sola, rispetto all’economia del Paese, il 4,9% del fatturato (144 mld di euro), il 6,9% del valore aggiunto (49 mld di euro), il 5,8% dell’occupazione (circa 910.000 persone) e il 7,1% delle esportazioni (oltre 28 mld di euro), con valori tutti in crescita rispetto al 2008. Un comparto industriale anticiclico cresciuto del 14,3% dal 2008 al 2015.
Ancora migliore è il dato sull’occupazione (in gran parte altamente qualificata), in aumento, sempre negli stessi anni, del+3,35%. Molto significativi i dati sulla spesa in ricerca e innovazione (circa 2,8 miliardi di euro in valore assoluto nel 2016, il 13% del totale degli investimenti in ricerca e innovazione in Italia, con un’incidenza sul valore aggiunto generato dalle imprese superiore al 15%).
Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, ha sottolineato : “L'innovazione cambia la vita ai malati, la mortalita' nel nostro Paese negli ultimi anni e' diminuita del 23% con prodotti che sono stati scoperti 10 anni fa. Immaginatevi l'impatto sulla mortalita' nei prossimi anni. Cambia la demografia, cambiano i bisogni di cura e anche il modo di fare ricerca".