Roma
Fasciani, condannata tutta la famiglia. Clan di Ostia, il Tribunale non fa sconti
di Valentina Renzopaoli
Dieci anni al boss Carmine Fasciani, otto alla moglie Silvia Bartoni, sette alla figlia Azzurra: si conclude con dodici pesanti condanne quello che è ormai noto alle cronache come il “Fasciani bis”, il processo ai prestanome del clan di Ostia. Il Tribunale, presieduto dal dottor Marcello Liotta, ha ritenuto di confermare la gran parte delle pene richieste dai pm Ilaria Calò e Carlo Lasperanza. Un altro duro colpo al clan lidense, che arriva a quasi nove mesi dalla storica sentenza che, lo scorso 30 gennaio, per la prima volta ha riconosciuto l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso a Roma, ribadendo il sistema criminale di Ostia.
In particolare, i giudici della VIII sezione hanno condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione Mirko Mazziotti, Fabio e Davide Talamoni e Daniele Mazzini. Tre anni ciascuno per Francesco Palazzi, Gabrielli Romani e Marzia Salvi. La pena per Marco D'Agostino e Fabio Sinceri è stata stabilita in tre anni e tre mesi a due anni di reclusione. Una sentenza particolarmente dura, che non concede, quindi, neppure agli imputati condannati con le pene più basse il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il Tribunale ha inoltre disposto immediatamente il risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite: un milione di euro a Roma Capitale, 500mila euro alla Regione Lazio e 100mila euro ciascuno alle Associazione Libera, Associazione Antonino Caponnetto e Sos Impresa. Caso abbastanza raro, giacché solitamente si rinvia al giudice civile per questo tipo di quantificazione.
L'accusa, che era stata contestata dai pm Ilaria Calò e Carlo Lasperanza, era quella di intestazione fittizia di beni, con l'aggravante del metodo mafioso: sotto processo sono finiti titolari di stabilimenti balneari, chioschi, ristoranti, società, auto, concessionarie e immobili che hanno svolto la funzione di “testa di legno” per celare il nome della famiglia Fasciani e del suo capo clan Carmine. Scappatoia per eludere la normativa in tema di prevenzione e soprattutto superare i controlli per ottenere i certificati antimafia. Al centro dell'inchiesta la storia del Faber Village, noto stabilimento balneare gestito prima da Fabrizio Sinceri, a lungo titolare della società Il Porticciolo S.r.l., poi dai due fratelli Fabio e Davide Talamoni, quest'ultimo ex fidanzato di Azzurra Fasciani.
Il Tribunale ha anche disposto la trasmissione alla Procura degli atti relativi a due commercialisti che hanno testimoniato nel corso del processo: ora anche loro rischiano l'accusa di falsa testimonianza.
Nel frattempo, c'è attesa per la sentenza della III sezione della Corte d'Appello di Roma, prevista per domani alle 14, che dovrà pronunciarsi all'esito del processo contro Diego Rossi ed altri imputati condannati in abbreviato, in primo grado, perché ritenuti anche loro parte del clan Fasciani.