Roma
Forza Italia a Roma, c'è rimasto solo Giro. Cangemi con Renzi: si tratta
Tutti i retroscena sui clamorosi addii a Forza Italia a Roma e nel Lazio. Ecco chi tratta e perché qualcuno dei big non è andato ancora con Salvini
di Fabio Carosi
Forza Italia, salvate il soldato Francesco Giro. Ormai il senatore è l'unico a Roma rimasto fedele a Silvio Berlusconi. A partire da Davide Bordoni, per finire con i fratelli De Lillo e la loro macchina da voti, transitando per Pino Cangemi e Laura Cartaginese, il cambio di casacca verso la Lega o Fratelli d'Italia o addirittura verso Italia Viva di Matteo Renzi è diventato una diaspora che ha ucciso il partito.
I passaggi clamorosi ancora da perfezionare. Chi va a Italia Viva
Il “campione del mondo” del cambio di casacca è senza dubbio Pino Cangemi. Già body guard di Renata Polverini presidente del Lazio, Cangemi è stato eletto con Forza Italia ed è subito passato al Gruppo Misto da dove ha tenuto in piedi la maggioranza risicata di Zingaretti quanto basta per essere promosso a vice presidente del Consiglio Regionale, quindi è tornato in Forza Italia ma giusto il tempo di fare le valige.
I bene informati dicono che sia in corso un'interlocuzione con il luogotenente dei renziani romani, Luciano Nobili, per un passaggio a Italia Viva. Insieme a Marietta Tidei ed Enrico Cavallari raggiungerebbe la massa critica per formare il classico Gruppo. Strano ma vero, a spingere Cangemi tra le braccia di Renzi sarebbe persino il presidente della Regione Nicola Zingaretti che vedrebbe di buon occhio una loro presenza accanto alla Tidei e solo perché in Regione Lazio fa più paura un manipolo di renziani che l'intera opposizione. Infine, ed è il calcolo vero di Zingaretti molto più bravo a far politica che ad amministrare, Cangemi entrerebbe come vicepresidente, ragion per cui i renziani non avrebbero diritto ad alcuna carica. Figuriamoci ad un assessorato al quale ambiscono sin dai primi giorni della trattativa. Attenzione, però, il negoziato non è chiuso, un clamoroso No è nell'aria.
E poi c'è il caso Bordoni e l'incubo processo Stadio Roma
Democristiano di rito antico, Davide Bordoni nel giorno delle Sardine ha definitivamente allentato i tentacoli sul coordinamento romano del partito, con un clamoroso addio. Una lunga lettera con la quale ha salutato anni di militanza e di vicinanza a Berlusconi e Tajani, omettendo però il suo destino “partitico”. Perché il passaggio alla Lega non è ancora santificato. Le trattative iniziate due settimane fa con una delegazione di forzisti alla corte dell'ex viceministro Massimo Garavaglia, si sono arenate di fronte a Davide Bordoni, sul quale pesa il processo per lo Stadio della Roma e uno dei requisiti chiesti dai leghisti per l'ingresso è proprio ingresso è quello di non avere problemi con la giustizia. Invece Bordoni è uno dei 12 sotto processo insieme al costruttore Luca Parnasi. Così Bordoni si sarebbe presentato all'appuntamento con una valigia piena di carte e un legale, per spiegare con dovizia di particolari la sua estraneità allo scandalo corruzione e la sua certezza di assoluzione. Il suo addio a Forza Italia senza formalizzare il passaggio con la Lega è stato interpretato dai più come un “limbo temporaneo” in attesa della conclusione del processo o di uno stralcio immediato della sua posizione.
Infine, il senatore Francesco Giro, il soldato Giro
C'è chi dice maliziosamente che dietro la sequenza di uscite da Forza Italia ci sia la sua manina, ma non c'è la prova. E la sua difesa è chiara: “Io non tradisco, figuriamoci ora che sto realizzando il secondo docufilm sulla vita di Berlusconi. Mi sono giusto arrivate oggi (venerdì scorso) le immagini da Mediaset che sto montando”. E poi chiarisce: “Salvini non è belzebù, abbiamo una partita di Roma 2021 e le regionali se si dovesse andare alle politiche e Giro ha il diritto di consultarsi con Durigon e Centinaio. Io sono e resto Forza Italia ma rivendico il diritto di mantenere vivo e intensificare il rapporto con Salvini e Rampelli”. E poi chiosa di lunedì mattina: "Dal 2020 la grande missione della Lega sarà Roma. Per un partito nato, anche in polemica con il potere centralista e romano, questo è un passaggio importante di un movimento nuovo a vocazione maggioritaria e nazionale che rappresenta - oggi più di ieri - il ceto medio produttivo e raccoglie il patrimonio della grande rivoluzione liberale del 1994 di Silvio Berlusconi. Un leader carismatico come Berlusconi non avrà mai un erede diretto, ma il suo progetto per una rivoluzione liberale sì. E oggi l’erede del grande sogno del 1994 è Salvini e lo hanno deciso gli elettori, anche i nostri. E se oggi dopo 25 anni la Capitale è a pieno titolo fra le priorità dell’agenda politica della Lega, primo partito d’Italia, questo è un successo innanzitutto di Berlusconi. A me personalmente questa scelta di Salvini piace molto. Ora Forza Italia non è affatto destinata ad un ruolo ancillare, ma saprà certamente cambiare passo e presidiare il centro politico che oggi appare privo di riferimento o comunque occupato in modo legittimo dal solo voto della Lega. Forza Italia è un movimento di popolo. Oppure non è. Forza Italia non è nata per svolgere un ruolo di pungolo critico da una posizione autorevole ma assolutamente minoritaria, come accadeva con il Partito Repubblicano di Spadolini o Liberale di Zanone con cifre elettorali lontane dal 10%. Questa non è l’ambizione di noi azzurri. E dobbiamo lavorare al fianco della Lega e delle sue battaglie e prossime sfide per tornare a crescere ampliando il perimetro del centrodestra unito e nazionale".
Il perimetro a cui si riferisce Giro è probabilmente quello di casa sua. L'unico ancora con la maglietta di Forza Italia.