Giornalismo in crisi e fake news, “Bollino verde per chi fa approfondimento”
La proposta di Annalisa Bruchi, giornalista e conduttrice di Night Tabloid
di Patrizio J. Macci
Entrare dentro la notizia per sfatare luoghi comuni, spiegare retroscena, svelare fake news. E' la ricetta di Night Tabloid, la trasmissione di Rai Due condotta dalla giornalista Annalisa Bruchi, che tenta di innovare e sperimentare nuovi linguaggi del giornalismo televisivo.
Annalisa Bruchi ha alle spalle studi economici tra Siena e Londra, un fulminante esordio giornalistico con Giovanni Minoli a Mixer, ha collaborato anche con Maurizio Costanzo e Silvia Tortora. Del lavoro svolto con Minoli le è rimasto l’imprinting del montaggio serrato, il corpo a corpo con la notizia. Ha scelto Affaritaliani per raccontare la sua trasmissione.
Annalisa Bruchi, che cosa c’è di nuovo e diverso in Night Tabloid?
“E’ un programma di approfondimento, offriamo al telespettatore reportage, inchieste, interviste faccia a faccia e confronti, in uno studio televisivo completamente nuovo e con un linguaggio innovativo che quest’anno si arricchisce di nuovi contributi, quelli fotografici, per aggiungere emozione all'analisi della realtà. La parola d’ordine è sperimentare gli opposti. Questa è la seconda edizione che va in onda ogni lunedì in seconda serata alle 23,15”.
Qual è la scaletta del programma?
“Il programma è realizzato con risorse, dalla fase progettuale al confezionamento, interamente della Rai che possiede autori, registi e tecnici tra i primi in Europa questo voglio sottolinearlo. In apertura c’è l’intervento di un “intellettuale” che affronta un tema caldo che cambia ogni volta. Abbiamo avuto Barbara Alberti, Marcello Veneziani, è una sorta di editoriale. Poi c’è Mario Sechi, l’uomo dei numeri che sviscera e analizza dati dell’economia nelle sue analisi controcorrente. Infine il disturbatore seriale Dario Vergassola con i suoi blitz comici e dissacranti. Il tutto legato in un montaggio serrato.”.
Cosa intende quando parla di sperimentazione, può chiarire questo concetto?
“In settanta minuti di trasmissione abbiamo inserito il fact checking delle dichiarazioni dei politici, l’analisi delle fake news, le domande “scomode” che il giornalismo deve proporre e l’analisi di fotografie che hanno colto avvenimenti della cronaca. Lo studio della foto avviene con il meccanismo del “prima e dopo”, facciamo parlare il fotografo che racconta le sensazioni le emozioni che ha provato quando ha catturato l’immagine e raccontiamo il dopo con una minuziosa analisi che arriva alla semiotica della foto”.
I nuovi media hanno stravolto completamente la funzione del giornalista, quali sono i nuovi spazi, quale sarà la funzione del giornalista?
“Apparentemente il lettore è sempre meno interessato alla politica, il “digitale” ha estremizzato tutto. Ma il lettore si informa attraverso i propri canali: i social, twitter, scorre spesso compulsivamente il flusso delle informazioni. Nonostante ciò continua ad affidarsi ai giornalisti competenti e all’informazione di qualità. È una transizione dal vecchio al nuovo contesto, una vera e propria crisi, una trasformazione”.
Cosa può fare la Rai in questo scenario?
“Moltissimo. Si potrebbero evidenziare i programmi realizzati interamente con le forze della struttura attraverso un vero e proprio bollino verde da mettere prima dell’inizio della trasmissione. Un sigillo di garanzia che evidenzi come non c’è l’inseguimento a tutti i costi della notizia, ma l’approfondimento e il tentativo di offrire una chiave di lettura della realtà.
Se non si aggiunge nulla di nuovo, è insensato offrire informazioni che prima di arrivare in tv sono passate decine e decine di volte sugli altri media”.
Lei è romana d’adozione, come vede la Capitale rispetto al primo giorno in cui è arrivata?
“Sono a Roma dal 1997. Vivere a Roma è diventato molto più complicato, le persone sono arrabbiate, incattivite. Non è solo un problema di decoro urbano. Vedo parecchia disillusione che è sfociata nella rassegnazione”.