Roma

Gli angeli del Covid usa e getta: 60 infermieri militari a casa senza lavoro

Un anno e mezzo in divisa a curare, vaccina e imbustare cadaveri. Finita l'emergenza lo Stato li ha messi in mezzo a una strada. La storia

Covid, li hanno chiamati “Angeli”, li hanno impegnati in piena pandemia da marzo 2020 a giugno 2023 e poi li hanno rimandati a casa senza un lavoro. Sono gli infermieri arruolati nell'Esercito, Marina e Aeronautica in piena emergenza nazionale e che, a fine pandemia, dopo il rinnovo della leva prima di 6 mesi in 6 mesi e poi a 3 mesi, sono stati mandati a casa a fine contratto. Grazie e arrivederci

Erano 80, li hanno arruolati e poi spediti in giro per l'Italia tra ospedali da campo, hub vaccinali, Residenze Assistenziali per anziani, sino a impegnarli nelle operazioni Aquila Uno e Aquila Omnia in Afghanistan come supporto sanitario per i profughi e i civili. Insomma, dove servivano loro erano presenti pur avendo lasciato le famiglie, mogli, mariti e figli a casa senza mai vederli anche per 6 mesi. Alcuni di loro hanno preso anche il Covid e per fortuna ne sono usciti.

Il concorso per infermieri: solo 20 posti riservati agli "eroi Covid"

Passato il Covid, quindi chiusa l'emergenza, il ministero della Difesa ha tentato una soluzione post-emergenza: riservare loro una quota minima di posti disponibili all'interno di un concorso per infermieri militari e così di 80 Angeli una ventina ha trovato lavoro, mentre 63 di loro sono ancora ad attendere che lo Stato gli riconosca il sacrificio fatto. Ma non hanno voce, perché a differenza dei civili non hanno un sindacato che li tutela e così sono stati dimenticati.

La storia di M.M: famiglia a Roma, 6 mesi senza vederli

Donne e uomini, come M.M. Sposato con 4 figli che è stato “usato” dagli Interni in giro per l'Italia a fare vaccini, imbustare cadaveri a Lodi e a Bergamo e che per 6 mesi ha avuto contatti con la famiglia a Roma solo attraverso il telefono. Finita la leva è tornato a Roma e dal giugno scorso guarda il soffitto nella speranza che quei 18 mesi di impegno gli vengano riconosciuti. “Niente da fare, lo Stato quando deve “prendere” fa ponti d'oro poi tratta le persone con la logica dell'usa e getta”, racconta con amarezza. La burocrazia nel caso degli infermieri Covid è stata feroce: l'arruolamento in via emergenziale non può essere prorogato per trovare spazio nelle nuove assunzioni, proprio perché il decreto 18 del 17 marzo 2023 ha cessato la sua efficacia e nei nuovo concorsi banditi dal Ministero non vale come titolo preferenziale per le nuove assunzioni. E beffa delle beffe, al momento del congedo non gli è stato riconosciuto il trattamento di fine rapporto, tantomeno un sussidio di disoccupazione.

L'ultima carta disperata è il ricorso al Tar

Ora i 60 infermieri “angelizzati” per un anno e mezzo hanno tentato l'ultima carta: il classico e costoso ricorso al Tar del Lazio per tentare di superare la burocrazia. In corso dicono: “Sarebbe bastato riservare nei concorsi i posti per chi aveva sfidato il Covid per servire lo Stato e i suoi cittadini e noi che abbiamo lasciato il nostro lavoro per indossare la divisa, non ci saremmo ritrovati nella disperazione”. Dietro l'uniforme si nasconde la fregatura.