Roma
Gli sgomberi uccidono Roma, il prefetto va alla guerra: ma la soluzione c'è
Il prefetto di Roma Pantalone mera esecutrice degli ordini del Ministero dell'Interno su sgomberi e occupazioni. Ma impedire una seconda Primavalle si può
di Andrea Catarci*
Basta con gli sgomberi: fanno male a Roma. Il prefetto di Roma Gerarda Pantaleone va alla guerra: prossimi obiettivi Torpignattara e Tormarancia. Ma percorrere un’altra strada si può.
La prefetta va alla guerra
La prefetta Gerarda Pantalone lo aveva confermato subito dopo lo sgombero violento delle 78 famiglie dell’ex scuola di via Cardinal Capranica, nel mezzo delle polemiche sulla precaria (nulla) assistenza fornita: non ha tempo per i ragionamenti, per la valutazione dei risultati ottenuti, per riflettere sull’evidente indecenza delle alternative messe a disposizione, per approfondire gli “effetti collaterali” prodotti, cioè le mille conseguenze disumane degli sgomberi polizieschi. Non la riguardano le immagini di donne e uomini con poche borse per bagaglio che cercano di allontanarsi e di far perdere le proprie tracce, dei bambini che raccolgono i libri con gli sguardi terrorizzati e increduli, della rabbia collettiva di gruppi che all’improvviso vengono riportati indietro nel tempo, a quando consideravano l’integrazione un miraggio. Lei intende andare avanti, ha vinto la prima battaglia ed è convinta di dover proseguire la guerra fino alla fine, rispondendo con i fatti alle circolari che sono arrivate dal Ministero dell’Interno - le uniche che reputa degne di considerazione - e che hanno aperto alla possibilità di rinunciare a risolvere le complesse questioni sociali optando per lineari operazioni di ordine pubblico, pure in assenza di sistemazioni alloggiative da proporre in alternativa.
Con tali premesse un motivo per delineare un’emergenza lo si trova sempre, basta cercarlo e assolutizzarlo: una volta è la presunta condizione di instabilità dell’immobile, un’altra è la pressione insostenibile della proprietà che reclama il bene, un’altra ancora non si sa qual è ma ugualmente devono tuonare i cannoni, come se fosse necessario tenere in allenamento le truppe e non dare tregua alle vittime.
Prossimi obiettivi: Torpignattara e Tormarancia
Così dopo Primavalle a essere messi nel mirino sono Torpignattara e Tormarancia. A via Antonio Tempesta, quartiere Torpignattara, nei locali della ex Asl ci sono circa 70 persone, 32 famiglie con 18 minori. Balzato agli onori delle cronache nel 2012, quando un incendio causato da un corto circuito distrusse una parte dei muri, delle porte e degli arredi del primo piano, è stato completamente ristrutturato in autogestione e non presenta particolari criticità, non più di tanti edifici pubblici che quotidianamente ospitano personale, servizi e attività.
Gli occupanti hanno cercato un dialogo con il Sovrano Ordine di Malta, ordine religioso laicale della chiesa cattolica, proprietario dell’immobile, che ha risposto di non poter permettere che altre persone finiscano in strada e di non avere intenzione di chiedere lo sgombero sino a quando le istituzioni competenti non avranno individuato un luogo idoneo dove trasferirle. Ma alla prefettura e al Ministero dell’Interno non interessa nulla, loro sono preposti a gestire le forze di polizia e non gli interventi sociali, motivo per cui all’appello del Sovrano Ordine rispondono con un piano operativo per la militarizzazione del quartiere e la predisposizione della zona rossa.
A viale del Caravaggio, quartiere Tormarancia, negli ex uffici di proprietà privata riadattati alla bisogna vivono oltre 300 persone. Non ci sono gli allarmi strutturali con cui si è giustificata l’azione di Primavalle, c’è però un gruppo imprenditoriale che reclama i mancati introiti e che, dopo aver cercato negli anni di intavolare una trattativa con le istituzioni pubbliche per vendere lo stabile e destinarlo all’emergenza sociale e abitativa, ha ottenuto soddisfazione in alcune sentenze in cui ha visto riconosciuto un ipotetico danno subito. Sulla base di esse la prefettura non vuole più attendere e, come per Torpignattara, è passata alla programmazione attuativa dell’intervento poliziesco.
Intanto, dopo l’ufficialità della notizia per cui erano diventati loro i prossimi obiettivi della prefettura, intorno agli occupanti di viale del Caravaggio si sono stretti pezzi diversi di comunità territoriale ed è aumentata la solidarietà: alla spicciolata in tanti, vicini di casa e non solo, si sono recati e si stanno recando lì per chiedere informazioni e avere rassicurazioni; docenti, studenti e consigli d’istituto hanno raccolto firme per la tutela e la continuità scolastica dei 70 minori presenti, tutti iscritti negli istituti della zona; i parroci delle limitrofe chiese hanno espresso vicinanza e preoccupazione; il Presidente del Municipio Roma VIII, Amedeo Ciaccheri, ha denunciato l’inconsistenza del piano finalizzato a garantire sistemazioni alternative dignitose.
Percorrere un’altra strada, si può!
Ci sono gli elementi per bloccare i progetti bellicosi, impedendo di replicare il pessimo copione di Primavalle. Ci sono le mobilitazioni dal basso e ci sono anche le ulteriori assunzioni di responsabilità degli Enti locali, Regione e Roma Capitale. L’Assessore regionale alle politiche abitative, Massimiliano Valeriani, che recentemente a viale del Caravaggio ha anche fatto visita, ha ribadito che la regione ha messo a disposizione di Roma Capitale risorse per un milione di euro per trovare soluzioni alloggiative, sottolineando come non si possa continuare a “spostare il disagio sociale da una parte all’altra della città senza risolvere mai nulla”.
Il sindaco Raggi, nel sottolineare l’insostenibilità sociale degli interventi polizieschi, ha affermato a più riprese di aver bisogno di tempo e sostegno per affrontare le questioni nella sostanza e non nella forma: per questo ha reclamato l’attivazione di un tavolo interistituzionale di lavoro con la presenza del governo nazionale, che sulla vicenda dovrebbe garantire fondi e professionalità.
Infine c’è da rilevare che, pur in tanta diversità, tutte e due le proprietà hanno più volte manifestato l’intenzione di un dialogo con il pubblico, per arrivare alla soluzione delle relative vicende: si deve lavorare affinché anch’esse, parti direttamente interessate, assumano impegni per contribuire a soluzioni rispettose delle persone, come è avvenuto con la Sidief – Società Italiana di Iniziative Edilizie e Fondiarie - nel caso dell'occupazione in via Carlo Felice, quando venne attuato il trasferimento concordato delle famiglie. Non è tollerabile che l’unica risposta data a tutte queste voci dissidenti sia che non c’è più tempo e che la legalità non può aspettare, nemmeno quando assume tratti grotteschi e disumani. Anzi, sembrerebbe che diventi urgente solo nei casi in cui porta con sé una buona dose di cinismo e ferocia sociale!
Al Ministero dell’Interno non saranno certamente d’accordo ma si può fare qualcosa di diverso rispetto all’esibizione tronfia di muscoli e mezzi corazzati che è andata in scena a Primavalle, peggiorando le condizioni materiali di vita di centinaia di persone e, insieme, la coesione sociale di una città sempre più provata e in declino. Si può far parlare la ragione e scegliere come mezzo di risoluzione delle controversie la trattativa tra i diversi attori coinvolti, occupanti compresi, invece dei blindati e dei lacrimogeni, con i tempi e i modi che saranno necessari, perché la vita umana e lo stato di salute di una città vengono sempre prima di ogni altra cosa.
È una verità elementare e anche una strada percorribile, sicuramente meno pericolosa di quella alternativa imperniata sullo scontro, sulla repressione e sulla cancellazione di istanze legate a bisogni primari: dobbiamo ribadirlo all’unisono e con decisione, subito, costruendo un fronte largo e mettendo in minoranza la prefetta Pantalone e la linea della fermezza, se necessario andando a urlare le ragioni e i torti fin sotto le finestre di Palazzo Valentini, prima che le grida siano ancora quelle di disperazione udite per le strade di Primavalle.
*Andrea Catarci, Movimento Civico