Roma
Grano made in Italy: la crisi non è finita. Il 30% arriva ancora dall’estero
L’Italia rimane comunque leader mondiale della pasta con 3,3 milioni di tonnellate prodotte e 2 milioni di tonnellate esportate
di Silvia Tarquini
L’industria della pasta registra segni di miglioramento ma non abbastanza per uscire dalla crisi. La domanda di grano duro pastificabile italiano di qualità è in crescita ma l’import è ancora necessario, seppur in calo. La richiesta sui mercati esteri copre infatti circa il 30% del fabbisogno di molini e pastifici.
Nel cuore della stagione della mietitura, i big della filiera grano pasta si sono riuniti all’agriturismo Borgo Pallavicini Mori, alle porte di Roma, per mettere il punto sulla situazione, in una giornata a stretto contatto con la natura, aperta ai media e ai protagonisti del mondo agricolo, tra mietitrebbiatrici e distese di campi di grano.
Dati alla mano, la produzione attesa di quest’anno è di circa 4,2 milioni di tonnellate, in linea con i risultati della campagna 2017-2018. Se le rese sono soddisfacenti, è ancora presto per trarre delle conclusioni sulla qualità del raccolto: le analisi sulla materia già raccolta mostra un buon contenuto proteico e buoni parametri di qualità, anche se è presto per dei risultati definitivi, visto che piogge e maltempo stanno segnando l’annata agraria in corso, ritardando la mietitura in alcune regioni. Non è escluso che parte dell’offerta di grano italiano possa rischiare di essere non pienamente adatta ai parametri qualitativi dei mugnai e dei pastai. Inoltre, la mancanza di strutture di stoccaggio adeguate rende finora difficile la valorizzazione e la classificazione della materia prima, che per questo viene ricercata altrove.
L’Italia rimane comunque leader mondiale della pasta con 3,3 milioni di tonnellate prodotte e 2 milioni di tonnellate esportate. Questo primato è messo però a rischio dalla forte concorrenza internazionale di Turchia e Egitto, che pur con un prodotto di qualità inferiore, stanno erodendo quote di mercato alla pasta italiana, forti anche del supporto dei rispettivi governi, sostegno che invece manca all’industria del Belpaese.
A dicembre scorso i principali rappresentanti della filiera si sono alleati per aumentare la disponibilità di grano duro italiano sostenibile e di qualità, con l’obiettivo di sostenere l’agricoltura nazionale e di rafforzare la competitività della pasta italiana. Ai firmatari iniziali del protocollo d’intesa, Aidepi, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Italmopa, si sono ora uniti Assosementi e Compag, che insieme rappresentano quasi la metà dell'agroindustria italiana, per un valore di circa 61 miliardi di euro. In sei mesi il gruppo si è messo a lavoro per intervenire su diversi ambiti come incentivi, supporti tecnici, premi di produzione, tracciabilità, comunicazione e soprattutto ricerca e sviluppo di nuove sementi. Proprio in quest’ultimo settore si inserisce la partnership con l’Università della Tuscia, la cui consulenza strategica aiuterà a mappare il grano duro italiano e a definire disciplinari e contratti-quadro tra agricoltori, stoccatori, mulini, industrie e retailers, a cui hanno già aderito 6mila aziende in 15 Regioni.
“Questo protocollo di intesa è la risposta concreta e volontaria di tutta la filiera grano-pasta che si è seduta attorno a un tavolo per risolvere criticità di vecchia data, spesso sottovalutate o ignorate del tutto - ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura - Siamo i primi produttori in Europa di grano duro, con oltre 200mila imprese agricole coinvolte. Eppure molti agricoltori, schiacciati dall’andamento dei prezzi della materia prima, non considerano più conveniente investire nella semina di grano duro. Con questa operazione vogliamo risolvere questo paradosso e rimettere questa coltura al centro dell’agricoltura italiana”.
“A differenza dei pastai di altre nazioni, noi italiani abbiamo la responsabilità di produrre pasta di altissima qualità e, quindi, abbiamo bisogno di tanto grano buono, vincolato ai parametri della legge di purezza. Non sempre riusciamo a trovarlo in Italia - commenta Paolo Barilla, presidente di Aidepi - Questo progetto si muove su logiche di lungo termine, per rendere più virtuosa, innovativa e competitiva la filiera italiana grano-pasta. Investire per migliorare il grano italiano va a vantaggio del consumatore, dell’agricoltura italiana e dell’ambiente”.