Roma
Grattacielo Parnasi, “giallo” da 200mila euro. Ex Provincia di Roma nel caos
Grattacielo Parnasi, buco da 200mila euro nei conti dell'Ex Provincia. È "giallo" ascensori
di Massimiliano Martinelli
Città Metropolitana nel caos, spunta il giallo ascensori nel pasticciaccio del “Grattacelo Parnasi”. Un buco da 200mila euro per la manutenzione dell'immobile dell'Eur, che, a distanza di anni dal trasloco degli uffici dell'ex Provincia di Roma, si conferma un salasso continuo per la casse dell'Ente.
Un'operazione clamorosa, da oltre 260mln, con la Città Metropolitana paradossalmente non ancora proprietaria del grattacielo, ma che nel dubbio è chiamata a farsi carico di ben 222.825,54 euro per la manutenzione straordinaria. Manutenzione relativa ad ascensori relativamente nuovi, ma già bisognosi di interventi. A rispondere dell'ennesimo giallo di Palazzo Valentini è Roberto Del Signore, già vice direttore generale dell'allora Provincia di Roma, convocato davanti alla Commissione Trasparenza della Città Metropolitana per fare chiarezza sulla vicenda sollevata proprio da un articolo di Affari.
Davanti a Giovanni Libanori, presidente della commissione, e al consigliere Antonio Proietti, Del Signore si dimostra subito nervoso, sulla difensiva, determinato a giustificare quella spesa per gli ascensori causata da “cavi ossidati”. Ascensori “unici nel panorama della città”, assicura Del Signore, che lavorano a pieno regime 78mila ore l'anno. Tutto nella norma quindi, si tratterebbe solo di “interventi previsti, obbligatori per legge”, perché “a differenza dei giornalisti, io lavoro” rivendica con orgoglio.
Del Signore ricorda poi come la città Metropolitana abbia un accordo per l'usufrutto del discusso grattacielo di via Ribotta dal 25 dicembre 2017, quindi di come sia direttamente responsabile, contrariamente da quanto previsto nel contratto di affitto stipulato dal 2013, della manutenzione straordinaria dell'edificio. Anche davanti agli occhi dei giovani consiglieri, assetati di verità ma a corto di esperienza e memoria storica, la domanda sorge spontanea: “Dal costruttore abbiamo ereditato un edifico a norma, oppure no?”. La beffa è evidente, appena spesi diversi milioni la nuova sede già tradisce i primi problemi. In uscita fiumi di soldi pubblici anche per aggiustare ascensori, in teoria, poco più che nuovi.
Gli scenari a questo punto sembrano, inevitabilmente, due: o la Città Metropolitana ha ereditato ascensori difettosi, oppure, se gli ascensori erano a norma al momento del contratto, la prospettiva è di doverli cambiare ogni due anni. Il tutto alla “modica” cifra di 230 mila euro. Messo con le spalle al muro, il dominus indiscusso dei palazzi della Capitale si difende però sostenendo che l'usura parte da molto prima dell'accordo datato 2017. Del Signore sostiene che gli ascensori erano infatti già in funzione dal 2013, quindi già soggetti ad usura prima dell'acquisto. Poi, agitato, nega responsabilità precise riconducibili a qualcuno e passa al contro-attacco, accusando: “State cercando un capro espiatorio”.
Incalzato, Del Signore assicura che nel 2017, data del passaggio in usufrutto, le carte non mostravano nessuno dei problemi che si sono manifestati in seguito. Infine, interrogato sul certificato di agibilità dell'edificio, chiama in causa gli uffici del Patrimonio della Città Metropolitana. Morale, nessun risultato, tutto da rifare; la seduta della Commissione Trasparenza si aggiorna senza aver in realtà fatto chiarezza, ma solo con la promessa di nuove indagini interne.
I fatti
Vecchie amministrazioni, nuove imprecisioni e un dilettantismo diffuso danno così vita all'ennesimo “buco nero” dell'ex Provincia di Roma. Nonostante le dichiarazioni di Del Signore, i primi uffici a traslocare nella sede dell'Eur sono infatti quelli relativi al Patrimonio a cavallo tra dicembre 2015 e i primi di gennaio 2016. Ben dopo quindi il 2013, data indicata come data d'inizio della presunta usura. Pur essendo la data d'inizio del contratto d'affitto, a partire dal 2013 l'immobile costruito dal gruppo Parnasi è stato oggetto di continui ritardi e mai utilizzato per, appunto, quasi 3 anni. Una vicenda all'epoca oggetto anche di un esposto alla Procura di alcuni membri dell'M5S. Improbabile quindi che l'usura dei cavi dell'ascensore sia avvenuta nei due anni di uffici praticamente vuoti. A tutto ciò si aggiunge che l'edificio è attualmente ancora semi-vuoto. All'appello mancano infatti gli uffici di via Tiburtina, tra gli ultimi a spostarsi nella nuova sede centrale, che contano tra le 150 e le 200 persone. Un eventuale “carico” di viaggi aggiuntivo a quegli ascensori già martoriati, che in pochi anni hanno già avuto bisogno di un costoso ricambio di cavi.
Insomma, l'ennesimo giallo all'ombra di Palazzo Valentini. Eventuali responsabilità sono ancora da accertare, quello che è sicuro è che il trasloco sia stato un pessimo affare per le casse dell'ex Provincia. Affare sul quale infatti indaga da tempo indaga la Corte dei Conti e vede nella lente dei magistrati tecnici e politici importanti, tra cui il presidente della Regione Lazio Zingaretti e il sindaco di Roma Virginia Raggi.
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